Quelli che stanno con la Famiglia nel Bosco: «I figli non sono dello Stato»

Un movimento di «migliaia di persone». Che vuole organizzare una forma di protesta a Palmoli in solidarietà con la Famiglia nel Bosco. E che durerà fino a quando i tre figli della coppia non tornarenno a casa. Il 17 gennaio un camper sosterà davanti al casolare e decine di persone si alterneranno per manifestare. A dirlo è Paolo Lunghi, portavoce del movimento che ha lo slogan «I figli non sono dello Stato». «Il nostro è un movimento d’opinione che si è formato spontaneamente sui social», spiega Lunghi al Corriere della Sera. Siamo tantissimi pronti a dare supporto a questa famiglia».
La famiglia nel bosco e il movimento di protesta
Lunghi, giornalista, si chiede su Facebook: «È giusto che la macchina dello Stato entri così violentemente nella vita delle famiglie distruggendola? È giusto che ciò avvenga anche in assenza di reati e di rischi concreti per i minori? È giusto che lo Stato imponga dei modelli di vita? Su questo servono delle leggi chiare, che da un lato siano a tutela dei minori, ma che dall’altro puntino a mantenere un equilibrio di libertà individuale».
E aggiunge: «Questa era una famiglia sana, armoniosa, che per scelta aveva deciso di vivere a stretto contatto con la natura, in armonia con l’ambiente e con gli animali, usando acqua del posso, pannelli fotovoltaici per l’energia elettrica e sistemi di riscaldamento a legna. Scegliendo l’istruzione parentale, limitando le vaccinazioni al minimo indispensabile e facendo frequentare ai figli coetanei di famiglie vicine che condividevano lo stesso modello di vita. Per loro questo rappresenta la felicità. E allora è giusto che lo Stato entri in queste dinamiche, distruggendole? A mio parere NO».
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Le bufale sulla famiglia nel bosco
In realtà la vicenda della famiglia nel bosco è iniziata a causa di un’intossicazione alimentare, ovvero un avvelenamento da funghi. Nell’occasione i genitori hanno ostacolato in tutti i modi le analisi e le cure dei figli. Successivamente il padre Nathan Trevallion ha anche impedito le vaccinazioni, sostenendo che le avrebbe fatte effettuare solo dietro un compenso di 50 mila euro per ogni figlio. Riguardo la cosiddetta istruzione, la bambina non è in grado di scrivere il suo nome e i ragazzini hanno problemi a parlare italiano. Riguardo la famiglia «sana», proprio il Corriere racconta oggi un episodio significativo: «(Si è reso necessario, ndr) insistere perché la madre abbattesse la sua contrarietà necessaria a trattare la seria bronchite con broncospasmo da cui era affetta la figlia».
Un «diabolico disegno di rieducazione»
Lunghi mette poi sotto accusa «il divieto di far riunire quella famiglia nel giorno del Santo Natale e anche nei quattro mesi previsti per fare una perizia psicologica a tutti i componenti della famiglia. Viene da chiedersi se l’obiettivo sia realmente la tutela dei bambini, o se dietro ci sia un diabolico disegno di rieducazione». E conclude: «Forse tutto questo non è casuale, ma frutto un disegno che è stato inculcato nella testa di chi oggi è tenuto a educare, e forse in modo inconscio lo sta applicano. A questo dobbiamo tutti ribellarci».
Naturalmente il pensiero che tutti gli scienziati che si occupano e si sono occupati di minori abbiano descritto pratiche di educazione dopo aver studiato per anni e le procedure dei tribunali siano affidate a professionisti non sfiora neppure chi parla di «diabolici disegni» dei quali, come succede spesso nelle narrazioni complottiste, non ci sono però mai i nomi e i cognomi di chi li avrebbe fatti. Un classico.
