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Vannacci e il no al decreto armi all’Ucraina: «Non sono un pacifista ma queste forniture allungano la guerra» – Il colloquio

30 Dicembre 2025 - 20:50 Sofia Spagnoli
Roberto Vannacci Lega
Roberto Vannacci Lega
E sul presunto attacco alla residenza di Putin, il generale dice a Open: «Non è la prima volta che l'Ucraina agisce in questo modo. Gli Stati Ue e i Volenterosi non vogliono la pace»

«Questi accordi di pace, che guardo sempre con favore perché mi auguro che la pace, alla fine, scoppi, sono stati sabotati dall’Unione europea». A parlare è il vicesegretario della Lega ed eurodeputato Roberto Vannacci, in un colloquio con Open per fare il punto sulla guerra tra Ucraina e Russia e sulle strategie adottate dall’Europa, all’indomani del via libera del Consiglio dei ministri al decreto che proroga gli aiuti all’Ucraina per l’anno 2026, provvedimento rispetto al quale si dice contrario. «Dobbiamo cambiare strategia: non può più essere basata solo sul supporto economico e sull’invio di armi. Alla fine, bisogna trovare una soluzione diplomatica e negoziale che ci porti alla pace, una pace che costerà comunque, ma meno della guerra di domani».

«Io non sono un pacifista»

Un passaggio inevitabile sulla politica nazionale, dove si consuma lo strappo: già ieri sera, 29 dicembre, a l’ex generale della Folgore ha invitato i colleghi di partito a non votare il decreto di aiuti militari (e civili) all’Ucraina quando approderà in Aula, nonostante il testo sia stato ritoccato nei giorni scorsi per renderlo più digeribile all’intera maggioranza, Lega compresa, specificando nel testo che agli aiuti militari sono affiancati quelli ad uso civile. Un accordo che Claudio Borghi, che aveva condotto la trattativa, ha considerato accettabile. Il generale, però, non è d’accordo.

Incalzato sul posizionamento della premier Giorgia Meloni rispetto al conflitto in Ucraina, Vannacci riporta il dibattito su sé stesso: «Io sono contrario all’invio di ulteriori armi e al sostegno all’Ucraina in questa guerra, perché, lo ripeto, non sono un pacifista. Ma quattro anni di strategie basate sull’invio di armi, soldi, munizioni, bombe, missili e granate non hanno portato a nulla. Hanno portato a un esercito russo che continua inesorabilmente ad avanzare sul territorio ucraino e al dilapidarsi di risorse che spesso sono finite nella corruzione, in gabinetti d’oro, ville di lusso, yacht e serate con prostitute».

Sul piano di pace: «Russia sta vincendo non lascerà territori»

Parlando del piano di pace su cui sta lavorando Donald Trump, che due giorni fa ha accolto nella sua residenza di Mar a Lago il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, insiste: «Siamo tornati a parlare di condizioni di cui si discuteva già sei mesi fa e che allora non erano state accettate». Vannacci cita alcuni esempi: «Si continua a parlare di una sorta di rinuncia ai territori occupati dai russi o, al contrario, di una loro restituzione da parte di Mosca (il riferimento è al Donbass, ndr). Ma anche questo è irrealistico: la Russia non accetterà mai di cedere territori conquistati militarmente. Chi sta vincendo la guerra, ed è un dato oggettivo, sono i russi, e chi vince non rinuncia ai territori che ha conquistato». Un concetto che rimarca: «Mi dica un’altra condizione nella storia dell’umanità in cui colui che sta vincendo e che sta conquistando a un certo punto negozia la pace rilasciando quello che ha conquistato militarmente».

«Stati Ue e Volenterosi non vogliono la pace»

Per l’eurodeputato leghista, i primi a voler «rifiutare la pace» sono «gli Stati europei e i Volenterosi». E punta il dito contro Friedrich Merz, Keir Starmer ed Emmanuel Macron, che «da quattro anni continuano a dire che la Russia sta perdendo». «Se si arrivasse alla stipula di un accordo di pace, che non vedrebbe Mosca chiaramente come perdente – ribadisce – dovrebbero ammettere candidamente di fronte alle popolazioni europee di aver raccontato bufale per quattro anni, in modo ripetitivo e totalmente scollato dalla realtà».

Droni russi sull’Ue: «Chi li ha mai fotografati?»

E, a suo dire, non mancano altre «bufale», che snocciola nel corso del colloquio. A partire dagli asset russi congelati: «È una presa in giro dell’Europa che per un anno ci ha parlato del loro utilizzo e che poi si è resa conto o, meglio, ha ammesso pubblicamente, che si trattava di una bufala. L’uso di quegli asset è impossibile, a meno di voler far crollare il sistema finanziario europeo, perché nessun investitore straniero investirebbe mai in un sistema che sottrae in modo arbitrario fondi a un ente sovrano». L’ex generale liquida come «una bufala» anche gli avvistamenti di droni segnalati sul territorio europeo in diverse occasioni a partire da settembre: «presunti droni russi che starebbero invadendo mezza Europa, peccato che questi droni nessuno li fotografi e nessuno li catturi».

L’attacco alla villa di Putin

Un passaggio anche sul presunto attacco che avrebbe colpito ieri una residenza di Vladimir Putin nella regione di Nóvgorod, con l’impiego di 91 droni a lungo raggio. Sull’identità del mittente (tra chi indica Kiev e chi ipotizza un’operazione interna russa) il generale precisa di «non avere fonti privilegiate di intelligence», ma osserva che «non sarebbe la prima volta che gli ucraini compiono azioni scollegate dalla conquista diretta del territorio». «Non scordiamoci – prosegue – che gli ucraini hanno fatto scoppiare il Nord Stream 2, infrastruttura di proprietà tedesca. Tant’è vero che un cittadino ucraino è oggi sotto la lente della magistratura tedesca proprio per questo: il più grande attacco all’Unione europea lo hanno compiuto gli ucraini stessi».

Sui malumori nella Lega

Infine, un passaggio sulla situazione interna alla Lega, segnata nelle ultime settimane da tensioni e frizioni, soprattutto sulla Legge di Bilancio e sul tema delle pensioni. Ma il vicesegretario, seconda carica del partito dopo Matteo Salvini, ridimensiona i malumori: «Io non credo che ci siano tensioni interne. La Lega è formata da persone che, pur riconoscendosi in principi comuni, hanno posizioni diverse. È proprio questa dialettica, questa pluralità, a rappresentare la forza del partito».

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