«Più populismo, più no-vax». I due fenomeni uniti dalla sfiducia nelle élite

Lo scetticismo nei confronti dei vaccini e il populismo sono due facce della stessa medaglia. Lo rivela uno studio pubblicato sull’ European Journal of Public Health

Lo scetticismo nei confronti dei vaccini e il populismo sono due facce della stessa medaglia. Lo rivela uno studio pubblicato dall'European Journal of Public Health, condotto da Jonathan Kennedy, professore di sanità pubblica all'Università Queen Mary di Londra. Incrociando i risultati delle elezioni europee del 2014 con i dati del Vaccine Confidence Project, promosso dalla Commissione europea nel 2015, il team di ricercatori ha trovato una correlazione lampante: più in un Paese è diffusa la convinzione che i vaccini siano inutili, più l'elettorato sceglie candidati populisti.


Secondo lo studioso, l'aumento dei casi di morbillo si è manifestato in modo più marcato laddove i partiti populisti hanno avuto maggior successo, come in Italia, Grecia e Francia (ma anche gli Stati Uniti). Il legame è talmente forte che lo studio suggerisce di usare l'indicatore del voto populista per capire quali popolazioni siano avverse ai vaccini, nel caso in cui questi dati specifici non fossero disponibili. Il comun denominatore è la sfiducia nei confronti delle élite e degli esperti, fattore scatenante di entrambi i fenomeni.


Secondo lo studio, le convinzioni anti-vaccini non dovrebbero essere trattate come posizione scientifica, ma come problema sociale. «La sanità pubblica cerca di eradicare il movimento no-vax con argomenti sanitari e scientifici: è una strategia giusta, ma può rivelarsi insufficiente» spiega Kennedy a Open. «Per combattere questa sfiducia nella scienza bisogna lavorare sulla marginalizzazione economica e lo straniamento politico della popolazione dell'Europa occidentale».

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità i vaccini salvano 2-3 milioni di persone all'anno, ma nell'era della post-verità è difficile che un fatto o un dato scientifico possa far cambiare idea a chi ha forti convinzioni contrarie. Per Kennedy, il problema è strutturale, «lo stesso vale per chi non crede al cambiamento climatico o per i terrapiattisti».

La sfiducia nella scienza si manifesta in modo più lampante quando si parla di vaccini perché vaccinarsi è una scelta individuale, che influisce però su soggetti terzi: «Per contrastare il morbillo è necessario che il 95% dei bambini sia in regola con i vaccini: solo così si può garantire la salute di quel 5% della popolazione che non può vaccinarsi perché immunodepressa».

Se la correlazione tra populismo e no-vax è chiara, la causalità rimane difficile da dimostrare «Quello che è sicuro, spiega Kennedy, è che quando i partiti populisti hanno potere e influenza, la situazione peggiora perché aumenta anche lo spazio mediatico per continuare a fare disinformazione».

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