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Il «complottismo» creativo di Philip K. Dick

02 Marzo 2019 - 07:49 Juanne Pili
Il 2 marzo 1982 moriva a 54 anni una delle principali icone della fantascienza, lo scrittore americano Philip K. Dick. Se fosse vivo oggi a 91 anni avrebbe potuto vedere come la sua opera ha saputo ispirare non solo la scienza e la letteratura, ma anche il cinema

Non è impresa facile riuscire a condensare l’opera di un autore che dagli anni ’50 fino alla sua scomparsa ha scritto 44 romanzi e 121 racconti, ispirando la produzione di una dozzina di film di successo. A partire dalla sua scomparsafino a oggi il futuro da lui immaginato è già in parte una realtà, non tanto dal punto di vista tecnologico, quanto per i temi – da lui ripescati dalla filosofia e dalla psicologia – oggi sempre più attuali. Tre argomenti in particolare che potrebbero riassumere la sua produzione: il fatto che la nostra coscienza sia legata ai ricordi; la possibilità di controllare le persone determinandone il comportamento; l’esistenza di realtà alternative.

Le sue riflessioni derivano probabilmente da una mente pessimista e paranoica. Non sapremo mai con certezza se le sue «visioni» e ossessioni fossero il frutto diun’infanzia vissuta in un clima famigliare difficile, con una sorella gemella, Jane Charlotte, morta qualche settimana dopo la nascita, di cui Dick aveva solo ricordi trasmessi dai suoi genitori, o se il suo universo immaginarionascesse dall’uso di allucinogeni.

Un episodio che gli viene spesso attribuito potrebbeaiutarci a capire meglio come Dicktrovasse l’ispirazione.Una volta entrando in bagno cercò di accendere la luce tirando una cordicella. La moglie gli ricordò che non avevano mai avuto una lampadina a corda in casa, bensìdei comuni interruttori. Un falso ricordo dunque, di quelli che potrebbero capitare a tutti, ma che in lui stimolarono diverse riflessioni:fino a che punto i nostri ricordi sono reali? Sarebbe possibile indurre in una persona ricordi di un passato mai esistito? Effettivamenteanche questo aneddoto potrebbe essere solo una delle sue storie.

Blade Runner: gli androidi sognano pecore elettriche?

Nel 1968 Dickpubblica il romanzo breve Do Androids Dream of Electric Sheep?,adattato nel film Blade Runner del 1982, che vede come protagonista il cacciatore di androidi Rick Deckard. In un futuro in cui l’intelligenza artificiale e la precisione con cui sono costruiti i robot li rende praticamente indistinguibili dalle persone, l’unico modo per riconoscerli sembra essere individuarne la mancanza di empatia in appositi interrogatori. La possibilità di impiantare in questi «replicanti» (termine usato nel film) dei ricordi fittizi di un passato mai vissuto, fa sìche nello stesso Deckard possa insinuarsiildubbio: e se fosse egli stesso una macchina?

La capacità di creare empatia viene presa molto sul serio oggi nello sviluppo di intelligenze artificiali impiegate in vari ambiti:le ricerche in merito passano anche attraverso lo studio della mimica facciale nei robot, per imitare le emozioni. In questo spirito, la Hanson Roboticsprodusse una replica molto verosimile della testa dello scrittore, in grado di parlare e di articolare diverse espressioni facciali. Ebbe una vicenda piuttosto «avventurosa» visto che la prima andò perduta nel 2006, nevenne poi costruita una seconda versione nel 2011.Ma i robot e le innovazioni tecnologiche in generale sono solo degli strumenti che nell’opera di Dick servono a dare uno sfondo ai suoi dubbi sulla realtà e su come potrebbero manipolarci alterandola.

I guardiani del destino: squadra riparazioni

Nel 1954 viene pubblicato Adjustment Team, «Squadra riparazioni» nella traduzione italiana, adattato nel film The Adjustment Bureau, «I guardiani del destino» nel 2011. La versione cinematografica usa il racconto come spunto per sviluppare una trama più articolata.

Le intelligenze artificiali sono determinate da come impostiamo i loro algoritmi, anche se già oggi possono sfuggire al nostro controllo. Anche noi potremmo essere «programmati», non ci sarebbe nemmeno bisogno di impiantare falsi ricordi, ma basterebbe sfruttare le nostre conoscenze su come funziona il nostro cervello, costruendo così una realtà alternativa. Il protagonista Ed Fletcher se ne accorgerà, notando che recandosi al lavoro in ritardotutto gli sembra diverso dal solito.

Nella versione cinematografica le manipolazioni assumono delle connotazioni più sociali:effettivamente anche le nostre conoscenze su come si comportano le società e sul modo in cui si generano le relazioni sociali, può aiutare potenti Governi a indurre le persone a comportarsi secondo schemi prestabiliti, decidendo il nostro destino.

La svastica sul Sole: l’Uomo nell’alto castello

Come potrebbero esistere realtà alternative rispetto auna fittiziacostruita a nostra insaputa, allora perché non dovrebbe esserlo anche il corso della Storia? E se l’Universo continuasse nella sua espansione a creare delle realtà diverse? Dopo un periodo di pausa dalla scrittura in cui aiutò la moglie nella sua attività, Philip K. Dick si immerse nuovamente nella creazione dell’opera che gli farà vincere il premio Hugo: ritenuto il massimo riconoscimento per uno scrittore di fantascienza.

Parliamo di The man in the high castle, pubblicato nel 1962, conosciuto nella traduzione italiana anche come «La svastica sul Sole», adattato come serie televisiva dal 2015da Amazon per il suo servizio streaming.I protagonisti vivono in un «presente alternativo» in cui nazisti e giapponesi hanno vinto la Seconda guerra mondiale, spartendosi il territorio degli Stati Uniti. Tuttavia comincia a circolare un libro scritto dal«Uomo nell’alto castello», dove si racconta una «Storia alternativa» in cui gli americani vincono la guerra. In questo modo i lettori stessi vivrebberoin una «realtà parallela», in un’America dove all’epoca vigeva ancora la segregazione razziale.

Il «complottismo» creativo di Philip K. Dick foto 1

Wikipedia|La spartizione dell’America tra nazisti e giapponesi

L’Lsd condizionò la sua scrittura?

Il conflitto tra Dick e la percezione della realtà, con tutte le conseguenze che ebbe nella sua creatività, trova nelle sue opere varie coniugazioni in tanti racconti e romanzi, sviluppando diverse situazioni paranoiche: dalla possibilità di arrestare i criminali prevedendo i crimini prima che accadano, a quella di usare la realtà virtuale per vivere esperienze fittizie, magari a nostra insaputa. Ma anche le droghe potrebbero essere una potente arma di controllo, come nel romanzo A scanner darkly «Un oscuro scrutare», pubblicato nel 1977. Generalmentevieneconsiderato un testo «autobiografico».

Effettivamente in diversi testi Dick inserisce «temi farmaceutici», i protagonisti subiscono spesso degli sconvolgimenti nella percezione della realtà, a seguito dei quali scoprono la «vera natura dell’Universo».Tutti elementi che lo scrittore doveva conoscere molto bene.In un’intervista rilasciata per Vertex nel 1974,Dick ammette di essere stato uno dei primi scrittori noti ad aver fatto uso di Lsd,escludendo tuttaviala possibilità che questo avesse determinato la sua carriera:

È sempre possibile che abbia avuto un effetto che non conosco. Prendi il mio romanzo “Le tre stimmate di Palmer Eldritch”, che parla di un tremendo trip da acido, per così dire. L’ho scritto prima di aver mai visto l’LSD. L’ho scritto leggendo solo una descrizione della scoperta e del tipo di effetto che aveva. Quindi se quello, che è il mio romanzo principale di tipo allucinogeno, è venuto senza che io abbia mai preso LSD, allora direi che anche il mio lavoro successivo all’LSD … poteva facilmente essere stato scritto senza prendere acido … Prima di tutto, non puoi scrivere nulla quando sei acido. Una volta ho fatto una pagina mentre ero in viaggio acido, ma era in latino … Tutto quello che ho scoperto sull’acidità era che … volevo uscirne velocemente. Non sembrava più reale di qualsiasi altra cosa; sembrava solo più terribile.

Philip K. Dick era complottista?

Sarebbe ingiusto definire Dick un teorico del complotto, dal momento che non presentò mai le sue opere come qualcosa che esprimesse la realtà dei fatti. Certamente però i temi da lui sviluppati ricordano parecchio le narrazioni paranoichedi molte tesi complottiste. Pensiamo alla teorianella Terra piatta, secondo cuila Nasa, con l’aiuto dei governi di tutto il Mondo, complotterebbeper farci credere di vivere in una realtà fittizia, cioèche il nostropianeta siatondo;persino l’Australia non esisterebbe affatto. Tutte le teorie di complotto sono accomunate dalla convinzione che i governi – o varie organizzazioni segrete – operino per farci percepire un «presente alternativo», alterando persino la memoria storica, arrivando così a teorizzare che terribili episodi come l’Olocausto non siano mai avvenuti come raccontano gli storici.

Ma al contrario delle teorie complottiste l’opera di Dick è riuscita in parte a essere predittiva. Oggi parliamo di realtà virtuale, robotica, intelligenza artificiale, ci interroghiamo su come attraverso bott e troll sia possibile alterare l’informazione, con danni collaterali, come la diffusione dei movimenti No Vax, portando le persone a percepire i vaccini diversamente da come sono realmente. Ancora è presto per vedere in giro i replicanti di Blade Runner e per fortuna viviamo in una realtà in cui i nazisti hanno perso, ma in compenso di manipolazione della realtà percepita e di cerchie polarizzate ne abbiamo in abbondanza.

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