Croazia, migliaia di migranti deportati illegalmente

Un’inchiesta dell’Espresso mette in luce come i richiedenti asilo siano rimpatriati forzatamente verso Serbia o Bosnia-Herzegovina

Nella notte, la polizia di Zagabria espelle illegalmente migliaia di migranti. È quanto svela un’inchiesta dell’Espresso scritta da Barbara Matejčić. Ai migranti illegali non sarebbe data la possibilità di prsentare la richiesta d’asilo nel paese europeo: ricondotti al confine, verrebbe data loro indicazione di tornare in Paesi come Bosnia-Herzegovina o Serbia.


Organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch e Are You Syrious avevano già denunciato l’accaduto: la polizia croata sta violando le leggi locali e internazionali rimpatriando forzosamente chi tenta di entrare in Europa. Secondo Milena Zajovic Milka dell’Ong croata Are You Syrious nel 2018 sono stati e effetuati 10 mila rimpatri.


Queste operazioni violerebbero non solo il diritto dei rifugiati a cercare una protezione, ma anche la Convenzione europea per i diritti dell’uomo, che vieta le espulsioni collettive. Quella pubblicata sull’Espresso è la prima testimonianza diretta ricevuta da un agente di Polizia:

Ho respinto il primo gruppo di migranti all’inizio del 2017. All’epoca non sapevo nemmeno dove portarli. Avevo ricevuto gli ordini dal dirigente di polizia di turno, al quale dobbiamo riferire tutto ciò che avviene sul campo. Lo chiamai per dirgli che avevamo fermato un gruppo di migranti. Spesso erano gli stessi cittadini che ci telefonavano per segnalare la presenza di questi gruppi, che a volte incontravamo anche per strada. Il dirigente mi disse allora che mi avrebbe ricontattato in pochi minuti.

Poi mi chiamò al mio telefonino privato dove le chiamate non sono registrate per dirmi di riportarli al confine. Se ci avessero chiesto asilo, avremmo dovuto rispondere “No azil” e poi caricarli sul furgone della polizia, disattivando la connessione col Gps che di norma trasmetteva continuamente la sua posizione, così nessuno avrebbe saputo dove eravamo. Dovevamo ovviamente condurre un’indagine, senza un mandato, per stabilire da quale paese provenivano o verificare la nazionalità da loro stessi dichiarata. Poi li avremmo portati via senza alcuna procedura documentata. Era insomma come se non li avessimo mai trovati né portati al con ne».

L’agente di polizia interpellato dall’Espresso di cui il settimanale non riporta il nome per questioni di sicurezza

Le operazioni raccontate dal poliziotto sarebbero avvenute senza prova scritta e senza che le autorità del Paese verso il quale le persone vengono espulse siano notificate. Quando i migranti vengono individuati in pieno giorno o in presenza di testimoni, la polizia non li deporterebbe, ma seguirebbe la procedura canonica.

Racconta sempre la stessa fonte che alcuni poliziotti si rifiutavano di portare avanti questa pratica che avevano scoperto (documentandosi su internet) essere illegale. Questi venivano puniti con l’assegnazione di una mansione di sorveglianza poco pagata per molti mesi. Non potevano denunciare il trattamento ai loro superiori, perché erano proprio questi ad avergli impartito gli ordini di deportazione.

Secondo L’Espresso, la pratica è dovuta al fatto che la Croazia, che pur essendo uno Stato membro dell’Unione europea, non fa parte dell’area Schengen, vuole dimostrare di essere pronta a entrarvi nel 2020. Per questo, vuole dar prova del fatto che i suoi confini con l’esterno non siano porosi.

Ma da quando l’Ungheria di Viktor Orbán ha fortificato il confine che separa il Paese da Serbia e Croazia, i migranti scelgono di passare dalla Serbia alla Bosnia-Herzegovina per poi entrare in Europa attraverso la Croazia.

Al confine, secondo l’inchiesta, i migranti verrebbero percossi, i loro documenti e telefoni verrebbero distrutti per eliminare ogni prova del loro passaggio. Il ministro dell’Interno croato continua a smentire la notizia, affermando che non avviene nel suo Paese nessuna deportazione di massa.

«La Commissione europea ha stanziato oltre 100 milioni di euro per la Croazia negli ultimi anni, una parte signicativa dei quali è stata destinata alla sorveglianza dei confini e al pagamento degli stipendi degli agenti di polizia e delle guardie di frontiera», commenta Jelena Sesar, autrice del rapporto di Amnesty International del marzo 2019 secondo il quale anche la polizia italiana e quella slovena collaborerebbero con quella croata.

E prosegue: «Concedendo questo finanziamento, senza contestare alla Croazia le probabili violazioni del diritto comunitario e non avendo pubblicamente e risolutamente censurato il trattamento da essa riservato ai rifugiati e ai migranti, l’Ue ha di fatto tollerato questo comportamento».

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