Incendio di Notre Dame, l’errore grave poco dopo l’allarme che poteva devastarla per sempre

Da quanto rivela un’inchiesta del New York Times, il collasso della cattedrale dopo l’incendio era più vicino di quanto pensassimo

Non si sa ancora di chi sia la colpa dell’incendio di Notre Dame. Le autorità stanno indagando sul motivo che ha scatenato l’incendio e sul perché nessuno sia riuscito a fermarlo in tempo. Quello che però ora sappiamo, grazie ad un’indagine esclusiva condotta dal New York Times, è che la cattedrale di Parigi è rimasta in piedi per un soffio.


A quanto ricostruito dal quotidiano americano tramite interviste e documenti risulta che la situazione è degenerata sicuramente a causa di un errore iniziale nell’identificazione del fuoco. L’addetto alla sicurezza al suono dell’allarme si è diretto verso la sacrestia mentre il fuoco lambiva invece i tronchi di legno sotto la volta, nella zona chiamata foresta.


L’inesperienza dell’uomo, che occupava quel ruolo solamente da tre giorni allo scoppiare dell’incendio, ha di sicuro contribuito alla mancanza di un’azione tempestiva. L’addetto stava tra l’altro effettuando un secondo turno di seguito: in servizio dalle 7 di mattina, non aveva potuto staccare nonostante fossero ormai le 18 per assenza del suo sostituto.

Un’altra complicazione è stata determinata dal sistema antincendio di Notre Dame, elaborato da un team di esperti per molti anni. Il risultato era un intreccio di schemi e diagrammi, trovato dal New York Times negli archivi di una biblioteca in provincia di Parigi, che al momento di dare l’allarme, il segnale emesso dal sistema non è stato un chiaro e semplice «fuoco» ma un messaggio quasi indecifrabile.

Non erano inoltre presenti pareti antifuoco, né irrigatori, e pare che il sistema abbia sottovalutato la velocità alla quale il fuoco potesse propagarsi. I pompieri sono quindi stati chiamati 30 minuti dopo lo scoppio dell’incendio.

Questo errore iniziale ha fatto sì che il fuoco raggiungesse livelli incontrollabili ed è stato solo grazie al fatto che i pompieri si sono giocati il tutto e per tutto nella terza e quarta ora dell’incendio prendendo grandissimi rischi che l’edificio medievale è rimasto in piedi.

Foto: Epa Notre Dame il 15 maggio 2019

Questi avrebbero salito i 300 ripidi gradini della cattedrale fino alla volta, per poi tornare indietro, scacciati dalle fiamme. Alla fine, in un ultimo sforzo disperato, alcuni pompieri si sono buttati direttamente nelle fiamme.

Sono stati i pompieri ad accorgersi che le fiamme stavano minacciando la torre nord della cattedrale. Lì le campane si reggevano in modo precario su una struttura di legno che cadendo, avrebbe fatto precipitare i pesanti oggetti in ottone che avrebbero probabilmente sfondato anche la torre sud, e con lei l’intera cattedrale. Guidati dal Generale Gallet, cinquaquattrenne veterano dell’Iraq e esperto in gestione di crisi, i pompieri sono entrati nella cattedrale non sapendo se ne sarebbero usciti.

Ormai la volta era persa, ma bisognava salvare le torri per evitare che la cattedrale collassasse. Avevano 20 minuti per capire se avrebbero vinto o perso contro le fiamme. Il ritardo iniziale ha reso la strategia più rischiosa l’unica possibile: quella di entrare nella torre nord e spegnere le fiamme dall’interno. Le campane e il pavimento sotto ai pompieri poteva collassare ogni secondo, ma non l’ha fatto. Alle 11 il presidente Emmanuel Macron si è rivolto alla nazione: «Il peggio è passato, ma la battaglia non è ancora finita, dobbiamo ricostruire la cattedrale insieme».

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