Mattarella e la legge sicurezza bis: cosa può fare e cosa no

Il testo è stato approvato al Senato, ma la sua promulgazione spetta al Presidente della Repubblica. La legge-emblema di Salvini può ancora essere fermata?

Il decreto sicurezza bis ha ricevuto il 5 agosto il via libera definitivo del Senato per la sua conversione in legge. Il testo non è comunque «ancora legge», perché, come previsto dagli articoli 73 e 87 della Costituzione, è necessario che ogni testo, approvato dalle due Camere, venga promulgato dal Presidente della Repubblica.


Questo passaggio potrebbe pregiudicare l’entrata in vigore della legge? Quali poteri ha il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione che quella della sicurezza pubblica?


Nessuna «volontà legislativa» nella promulgazione

Secondo l’articolo 73 della Costituzione, «le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione». L’articolo 87 prevede che lo stesso vale per l’emanazione dei decreti.

La «promulgazione», per l’interpretazione che ne danno i manuali di diritto Costituzionale, consiste in una semplice verifica che la procedura di approvazione seguita dal Parlamento sia avvenuta in modo corretto. Una legge può quindi essere bloccata dal Quirinale per vizi di forma o procedura.

«La promulgazione è doverosa e ciò mette in evidenza l’assenza di ogni potere di intervento da parte del Presidente della Repubblica in ordine al contenuto discrezionale della legge», si legge sul manuale di Giorgio Berti, Interpretazione costituzionale, «il Presidente della Repubblica non esprime una volontà legislativa».

Il Presidente della Repubblica deve sempre firmare?

Ma se il testo è formalmente perfetto? Qual è il margine d’azione? «C’è un caso in cui posso, anzi devo, non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi non contano le mie idee […]: ho l’obbligo di firmare».

Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha risposto alla domanda di uno studente che gli ha chiesto «come si comporta quando gli capita di dover firmare degli atti che non gli piacciono».

Se esistono aree di conflitto dell’atto con la Costituzione, il testo può essere rinviato alle Camere accompagnato da un messaggio di motivazione da parte del Capo di Stato. Se però in seguito a questo le Camere approvano di nuovo la legge, il Presidente è obbligato a promulgarla, come previsto dall’articolo 74 della Costituzione.

Il precedente

L’unica volta in cui Mattarella ha esercitato il suo potere di «richiedere un riesame» è stato il 27 ottobre del 2017 per la legge sulle mine antiuomo, che conteneva, secondo il Presidente, «evidenti profili di illegittimità costituzionale».

In alternativa, il Capo di Stato può inviare una lettera al Presidente del Consiglio con precisazioni che vuole lasciare agli atti. Mattarella l’ha fatto più di una volta: nel promulgare il decreto antimafia, per esempio, ha invitato Paolo Gentiloni, allora capo del governo, a «procedere a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina».

E lo stesso è successo con il decreto legge sicurezza: il 4 ottobre 2018 Mattarella ha promulgato il testo, accompagnandolo però con una lettera a Giuseppe Conte in cui sottolineava la necessità di rispettare «gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia».

L’articolo in questione stabilisce che «l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici».

I poteri della Consulta

Nel caso in cui il Colle non contestasse l’anticostituzionalità di un decreto o di una legge, possono sempre farlo i giudici costituzionali. La Consulta ha già agito varie volte in questa direzione: con i lodi Alfano e Schifani che sospendevano i procedimenti penali delle alte cariche dello Stato, promulgati rispettivamente da Napolitano e Ciampi, e con le leggi elettorali Porcellum e Rosatellum.

Anche se la Consulta giudicasse il testo manifestamente anticostituzionale, non esistono però alcun tipo di sanzioni per chi, al Qurinale, avesse precedentemente promulgato il testo. Rimane più probabile che il testo venga smontato dalla Corte Costituzionale che dal Quirinale.

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