Mozioni Tav, chi vince e chi perde. Cosa c’è da sapere e tutte le strategie

Via al dibattito in aula. Sono sei i testi su cui dovrà esprimersi il Senato. Ago della bilancia la Lega. Il Pd rinuncia ad incassare

Si gioca l’ultimo atto della sfida all’interno del governo prima della pausa estiva e il tema è quello, eterno, della Tav. La partita è alle battute iniziali, al Senato, dalle 9 è partito il dibattito in aula e sono ben sei le mozioni su cui i parlamentari saranno chiamati a esprimersi: una No Tav, presentata dai 5 Stelle, e 5 a favore della Torino-Lione, fra cui una promossa dal Partito Democratico e una di Forza Italia.


Le posizioni in campo

Dopo che il premier Conte ha annunciato che l’opera si farà, perché costerebbe di più bloccarla, un voto contro la Tav potrebbe essere uno smacco al presidente del Consiglio, che aveva comunque detto che l’ultima parola sarebbe spettata al Parlamento. Uno sgarbo che arriva dal Movimento che ha portato Conte a Palazzo Chigi.


Luigi Di Maio intanto non arretra e ribadisce che la Torino-Lione sarebbe «un regalo da due miliardi euro a Macron», ma contemporaneamente, mette le mani avanti: un voto favorevole alla mozione pentastellata No Tav è «un atto d’impegno del parlamento» e per questo non andrebbe a influire sulle scelte, o sul futuro, del governo.

Sull’altro versante del governo Salvini invece affonda: «Un voto a favore della mozione M5s sarebbe una sfiducia a Conte». Dopo mesi di tensione fra il premier e il ministro dell’Interno, nella vicenda della Torino-Lione il vicepremier sembra far scudo a Conte che in sostanza ha sottoscritto le posizioni della Lega sull’opera, anche a seguito delle richieste arrivate in sede Ue, a fronte dei maggiori finanziamenti per la parte italiana della linea.

Il “peso” della mozione

È bene ricordare che al di là del “peso” politico, per quanto riguarda la Tav decisamente significativo, le mozioni parlamentari non hanno valore vincolante. Si tratta infatti di strumenti di indirizzo con cui le Camere, in questo il caso il Senato, dichiarano il loro pare al governo su un determinato argomento. Non comporta però nessun obbligo formale per l’esecutivo che può operare le proprie scelte anche in senso diametralmente opposto a quello indicato da una mozione approvata in Aula.

La mozione No Tav del M5S

In campo, però, ora, le mozioni. La scelta di presentare una mozione parlamentare e non di andare verso decisioni più drastiche, su un tema da sempre identitario per i 5 Stelle, ha provocato più di un malumore, nella base e fra gli attivisti. In molti pensano che si tratti di una dimostrazione simbolica per poter affermare di aver votato contro la Tav e in sostanza, pur avendo di gran lunga il gruppo parlamentare più numeroso, non aver impedito che la Torino-Lione prendesse il via.

Il leader storico dei No Tav Alberto Perino ha definito la mozione 5 Stelle «un’idiozia», «una maniera per cercare di salvarsi la faccia» e «una presa per i fondelli». Anche se dovesse avere l’approvazione del Senato rischierebbe di rimanere sulla carta: la base No Tav si sarebbe aspettata una posizione più dura, come un voto di fiducia o le dimissioni del ministro competente.

Ma che possibilità ha la mozione pentastellata di superare l’esame del Senato? Il M5S ha 107 voti, Forza Italia 61, la Lega 58, il Partito democratico 52, Fratelli d’Italia 18, il gruppo misto 17, Per le autonomie 8. Per un totale di 319.

Il M5S parte da 107 sì, a cui vanno aggiunti quelli di Tommaso Cerbo del Pd (che ha sottoscritto il testo della mozione), quello di Loredana De Petris di Leu e quelli di Maurizio Buccarella, Paola Nugnes, Saverio De Bonis, Carlo Martelli e Francesco Laforgia.

Quindi si potrebbe arrivare a quota 114, distante dalla maggioranza, soprattutto perché Forza Italia, che sembrava intenzionata a abbandonare l’Aula per abbassare il quorum e quindi far eslodere le contraddizioni in seno all’esecutivo, sembra orientata a partecipare al voto.

La mozione No Tav, quindi, potrebbe passare solo con il soccorso della Lega, che appare improbabile, se non impossibile. Il Carroccio sarà comunque l’ago della bilancia in quest’ultima battaglia prima della chiusura dei lavori parlamentari. Infatti, più che cosa farà a proposito della mozione del M5S, sembra interessante capire se voterà quella del Partito democratico o quella della stessa Forza Italia.

Le mozioni Sì Tav

Le due mozioni che caldeggiano una rapida realizzazione dell’opera, hanno però diverse sfumature e per la Lega votare una o l’altra potrebbe non essere indifferente.

Quella a prima firma Bernini-Malan (FI) parla di «governo lacerato dalle continue contrapposizioni interne» e va nettamente all’attacco del M5S e sottolinea che un sì alla mozione pentastellata «comporterebbe gravissime conseguenze non solo in termini politici, sancendo un isolamento economico e geopolitico senza precedenti». Se il Carroccio decidesse di appoggiare il testo sarebbe messa nero su bianco, in un atto parlamentare, la frattura all’interno del governo.

Votare la mozione del Partito Democratico, d’altro canto, potrebbe generare problemi politici per entrambi i partiti. La Lega sottoscriverebbe la posizione di un partito che rappresenta comunque il principale antagonista: sulla discontinuità nelle scelte dei governi Letta-Renzi-Gentiloni della scorsa legislatura Salvini ha costruito il proprio consenso.

Cosa farà il PD

Ma soprattutto per il Pd, all’indomani della contestatissima, da parte del partito guidato da Nicola Zingaretti, approvazione del decreto Sicurezza bis, votare insieme alla Lega, in un clima di mobilitazione per le parole e le scelte del ministro dell’Interno, potrebbe rischiare di essere un autogol, soprattutto su un tema come la Tav, che sembra non scaldare particolarmente i cuori dell’elettorato dem, e soprattutto di quello potenziale che al Nazareno vorrebbero recuperare.

Inoltre, ancora una volta, dopo l’incertezza sulla mozione di sfiducia al ministro dell’Interno, il Pd sembra dividersi anche sull’atteggiamento da tenere in aula nella battaglia fra le opposte mozioni sulla Tav. Dai vertici del partito sembra arrivare l’indicazione di lasciare aperta la strada a cambi in corsa di strategia: se tutti gli altri uscissero dall’emiciclo per far mancare il numero legale (in particolare sul testo promosso dal M5S), potrebbero farlo anche i Dem.

Non sarebbe ancora ben definito se il Pd voterà a favore della mozioni pro-Tav di Fi e FdI. I senatori della maggioranza zingarettiana vorrebbero tenersi pronti a cogliere qualsiasi spiraglio si apra per mettere in difficoltà il governo e dare il via alla crisi, mentre i renziani non avrebbero nessuna intenzione di andare alle urne in tempi brevi.

Le carte in mano alla Lega

In questa partita, quindi, ancora una volta sembra la Lega ad avere in mano le carte migliori. Se i senatori del Carroccio non parteciperanno al voto è altamente probabile che nessuna mozione avrà la maggioranza e sul campo resterà la decisione del premier Conte di portare avanti l’opera. Se Salvini deciderà di votare uno dei testi Sì Tav, sarà l’ennesimo schiaffo all’alleato prima della pausa estiva su cui aleggeranno le parole del vicepremier leghista: «Voto anticipato? Lo vedremo anche prima di settembre».

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