Versace, protesta del popolo cinese contro una t-shirt del marchio d’alta moda

I media cinesi hanno denunciato che su una t-shirt venduta da Versace nel Paese apparivano nomi di città con la nazione di appartenenza sbagliata

Solo l’anno scorso la Cina aveva tuonato contro l’Italia, in particolare contro Dolce e Gabbana, gli stilisti colpevoli di aver offeso la cultura nazionale con uno spot pubblicitario. Cosa che ha portato i due proprietari dell’omonimo marchio made in Sicily a dover fare pubblica ammenda con un video messaggio a reti unificate.


La polemica è scoppiata di nuovo: questa volta a farne le spese è il marchio Versace, guidato da Donatella, sorella del fondatore Gianni, morto nel 1997.


I media cinesi hanno denunciato che su una t-shirt venduta da Versace nel Paese apparivano nomi di città con la nazione di appartenenza sbagliata, in particolare non venivano elencate Hong Kong e Macao come parte della Cina.

Sui social Versace è stata accusata di attentare alla sovranità nazionale. «Mi dispiace profondamente per lo sfortunato errore – scrive Donatella Versace su Fb e Instagram – Non ho mai voluto mancare di rispetto alla sovranità Nazionale della Cina».

La t-shirt incriminata

La pietra dello scandalo sarebbe dunque una maglietta su cui sono stampati i nomi di varie città, tra cui capitali e altre grandi città europee e americane, con accanto la loro nazione di appartenenza.

A innescare la bagarre sono le scritte Macao e Hong Kong: entrambe le città sono indicate come stati indipendenti, nonostante alla fine degli anni ’90 le ex colonie europee siano tornate alla Cina.

Una faccenda che il popolo cinese non ha preso per nulla sotto gamba: dopo le polemiche sui social, addirittura l’attrice cinese Yang Mi ha deciso di interrompere la cooperazione con Versace, accusando la casa di moda di voler attentare all’integrità nazionale.

Donatella Versace si è fatta allora ritrarre in un primo piano che ha pubblicato sui vari canali, con tanto di messaggio di scuse. Nel rammaricarsi per quanto accaduto ha fatto anche sapere di aver ritirato le magliette dai negozi nel luglio scorso e di averle poi distrutte. 

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