Affitti a studenti, stanze singole e doppie sempre più care: la stangata per chi sta cercando casa – L’intervista

Secondo i dati di Solo Affitti è sempre più difficile per gli universitari permettersi una casa da studente fuorisede. Milano, Roma e Bologna le città più care

A poche settimane dalla riapertura dei corsi universitari torna la corsa per la ricerca di un alloggio per migliaia di studenti. E anche quest’anno gli universitari dovranno fare i conti con una crescita delle locazioni, un aumento del +6% rispetto al 2018. È quanto rivela il report di Solo Affitti, che ogni anno fornisce un’analisi sul prezzo degli affitti in tutta Italia.


L’aumento ha colpito sia camere doppie che singole. Milano e Roma si confermano come le città più costose d’Italia per gli studenti fuorisede. Il capoluogo meneghino ha fatto registrare un 2% in più rispetto al 2018 con le stanze singole che si aggirano sui 575 euro in media. Sale anche Roma, dove servono in media 399 euro per affittare una camera privata. Una crescita di oltre 20 euro rispetto all’anno precedente. Le due grandi città hanno in generale i canoni più elevati d’Italia, e il mercato degli affitti studentesco segue le oscillazioni di quello generale.


I dati di Solo Affitti sul costo medio di una stanza singola in Italia

«La crescita si è maggiormente concentrata nel centro-nord dove la richiesta si è mantenuta stabile», spiega a Open Andrea Saporetti, responsabile dell’Ufficio studi di Solo Affitti.

«Soprattutto negli ultimi due anni si è registrato, nelle grandi città, una riduzione dell’offerta delle case in affitto». Affitti brevi e una ripresa del mercato della compravendita: questi i due fenomeni che hanno contribuito a diminuire la disponibilità di alloggi aumentando il prezzo degli affitti.

«Molti alloggi in zone appetibili per gli studenti sono stati destinati al turismo o ad affitti brevi per altre ragioni, come il trasfertismo. Inoltre ha ripreso a funzionare il mercato della vendita. I proprietari riescono ora a trovare uno sbocco sul mercato per quegli immobili rimasti fermi per molto tempo».

Un aumento delle stanze singole e doppie che, secondo il rapporto, è in controtendenza rispetto all’aumento dei contratti di locazione a canone concordato. Quest’ultima, una macro tipologia di contratti che prevede la possibilità per il proprietario di ottenere uno sconto fiscale sulla cedolare secca al 10% e un Imu ridotta del 25%.

«Gli inquilini possono accedere a un affitto a un canone calmierato a delle tariffe convenzionate, scelte in accordo tra le associazioni di categoria di proprietari e inquilini e ottenere delle locazioni leggermente più basse rispetto a quelle del libero mercato», chiarisce Saporetti.

Questa scelta riguarda l’83,6% delle transazioni con studenti universitari gestite dalle agenzie di Solo Affitti. Un dato che però non riguarda Milano che rimane uno dei rari casi in «cui questi contratti non hanno preso piede perché le quotazioni, i livelli di canone scelti dalle associazioni di categoria, sono troppo bassi rispetto ai canoni di mercato presenti a Milano», sottolinea Saporetti che spiega come il canone concordato non convenga al proprietario di Milano, dove ben il 78% dei contratti non utilizza questa modalità.

Bologna e gli affitti brevi

Solo il 16,4% dei proprietari, evidenzia il rapporto, sfrutta la possibilità di ricorrere a un canone di locazione non calmierato, avvalendosi di un contratto di locazione libero 4+4 o della formula contrattuale del posto letto. Oltre a Milano e Roma, tra le città che rimangono tra le più costose d’Italia per accedere a una soluzione abitativa nel periodo universitario c’è Bologna che negli ultimi anni ha conosciuto un significativo aumento dei prezzi degli affitti. La città delle Due Torri, con i suoi 375euro in media per una singola, è l’unica tra le prime tre città più costose a far registrare prezzi stabili. Una città su cui ha influito particolarmente il fenomeno degli affitti brevi.

«Affittare tramite Airbnb, o attraverso altre piattaforme, come Booking, è sempre più frequente e sposta una parte degli immobili a disposizione in zone centrali e semi-centrali verso locazioni temporanee e a breve termine», ribadisce Saporetti. «Vengono tolti immobili a soggetti che ne hanno più bisogno, come studenti o famiglie che necessitano di vivere in affitto, comportando un aumento dei prezzi».

Come aiutare gli studenti?

Ma, dice Saporetti, «esistono due tipi di interventi a carico dei comuni» che potrebbero parzialmente alleggerire il carico delle locazioni sugli universitari. «I comuni possono da un lato agire sulla leva fiscale oltre all’agevolazione sull’Imu, scegliendo di aggiungere degli sgravi fiscali sugli immobili affittati con il canone concordato».

Dall’altra parte il grande tema riguarda l’edilizia pubblica: «L’Italia è indietro rispetto a realtà europee quanto a studentati. Sicuramente nel breve periodo la leva fiscale può stimolare i proprietari a guadagnare qualcosa in meno dal punto di vista del reddito lordo, ma scegliere canoni concordati su cui si ha un beneficio al netto grazie alla leva fiscale».

Roma: alloggi studenteschi, ma per pochi

Una mancanza di soluzioni abitative che si riflette soprattutto nella capitale dove «solo uno studente su 50 riesce ad ottenere un alloggio», dichiara Francesco Pellas, coordinatore dell’associazione studentesca Link Roma. In particolare «il divario maggiore riguarda chi avrebbe diritto a un posto alloggio e gli studenti che effettivamente ne usufruiscono. Ci sono circa 100mila studenti fuorisede a Roma», chiarisce Pellas.

«Nell’ultimo anno 2mila universitari sono riusciti ad accedere. Ma altri 3600, che nel 2019 avrebbero avuto diritto a un posto alloggio, non hanno potuto farlo perché non ci sono abbastanza soluzioni abitative disponibili».

Una carenza strutturale che costringe gli universitari a rivolgersi al mercato privato. «C’è un disinvestimento generale sul diritto allo studio da parte di tutti i governi negli ultimi dieci anni», sottolinea Pellas.

Cosa fanno regioni e comuni?

Un problema che coinvolge anche le regioni che, per poter garantire posti alloggio, sono «costrette a coprire di tasca proprie attingendo spesso a fondi sociali europei», attraverso un’operazione tappabuchi che «per quanto necessario non è abbastanza per coprire le carenze statali negli investimenti sul diritto allo studio. I comuni – aggiunge – hanno poca voce in capitolo». In particolare a Roma ci sono 200mila unità abitative dismesse.

«Non c’è mai stata una programmazione a medio lungo termine in programmi di conversione del patrimonio dismesso. Se si vuole investire nel futuro, bisogna investire nell’istruzione, nella ricerca e nel diritto allo studio».

Affitti alti: addio agli studi

Un fenomeno, quello della crescita degli affitti che costringe spesso gli studenti anche ad abbandonare gli studi o a fare una vita da pendolare. «Conosco studenti che fanno avanti e indietro da Caserta tutti i giorni. E se non si fa i pendolari si abbandonano gli studi o ci si sposta più vicini a casa», continua Pellas.

Ma quando una soluzione abitativa si trova, spesso gli studenti si ritrovano a vivere in strutture fatiscenti. «Gli alloggi per studenti universitari non sono storicamente i migliori sul mercato, spesso il piccolo proprietario italiano tende a riversare sugli studenti alloggi di grandi dimensioni, non super ristrutturati e a volte anche con un mobilio non perfetto», spiega Saporetti che sottolinea come, dalle ultime rilevazioni, risulta che i giovani abbiano rinunciato anche a soluzioni vicino all’università per zone più periferiche purché vicine a mezzi pubblici.

«Da un lato i proprietari temono che affittare a dei giovani comporti dover ammodernare il mobilio, e dall’altro temono di avere danni: è un cane che si morde la coda. Sul mercato finiscono gli immobili con un livello qualitativo inferiore, perché lo studente, alla fine, è più portato, e spesso costretto ad accontentarsi».

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