Mimmo Lucano non torna a Riace: «Reclamo giustizia, non commiserazione». L’ultimo incontro con suo padre malato

«Io non ho mai chiesto, ne mai chiederò, alcuna deroga al divieto di dimora», dice il sindaco sospeso di Riace. A causa del divieto, non può far visita al padre gravemente malato

Va avanti la campagna per chiedere che Mimmo Lucano, ancora destinatario di un provvedimento di divieto di dimora nella sua Riace, possa tornarci per assistere il padre 93enne gravemente malato di leucemia. La petizione registra, nel momento in cui si scrive, 56mila adesioni.


Lo stesso Mauro Palma, Garante nazionale dei detenuti, ha stigmatizzato pubblicamente la situazione: «ha un sapore punitivo, non corrisponde al modo in cui i provvedimenti sono stati pensati e istituiti, come il confinamento», dice Palma. «Sono preoccupato di questa distorsione».


«Quando alcuni provvedimenti raggiungono dei livelli così forti da toccare uno dei principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ambito del diritto al mantenimento dei rapporti affettivi, acquistano una fisionomia e un significato diversi rispetto a quello che dovrebbero avere», aggiunge il Garante.

La posizione del sindaco sospeso

«Una precisazione è d’obbligo. Io non ho mai chiesto, ne mai chiederò, alcuna deroga al divieto di dimora», dice Mimmo Lucano in una intervista a Il manifesto. «Non utilizzo strumentalmente il sentimento della pietà. Considero profondamente ingiusta la misura specie alla luce di ciò che sui fatti di reato che mi vengono addebitati ha scritto la Cassazione. Per il resto vado avanti a testa alta».

Lucano racconta di aver visto il padre all’ospedale di Catanzaro, dove era ricoverato, e poi in quello di Locri. «Quando l’hanno dimesso ci siamo guardati negli occhi, ci siamo abbracciati e abbiamo capito che forse sarebbe potuta essere l’ultima volta che ci vedevamo», dice. «E sia chiaro, io non andrò a Riace neanche nella malaugurata ipotesi dei suoi funerali. Io reclamo giustizia non commiserazione».

La vicenda giudiziaria di cui è protagonista «riguarda la dimensione dello stare insieme in una comunità piccola, l’antropologia dei luoghi, la dimensione dell’abitare, il rapporto tra sindaco e cittadini», dice il diretto interessato. «La mia amministrazione era improntata all’informalità dei rapporti umani, alla cordialità delle relazioni. Per cui tutto ciò che gli inquirenti mi addebitano va letto con queste lenti della mia particolare e personale governance del territorio, legata a un’idea di comunità globale e fondata sul “prima gli umani”».

Il sindaco sospeso di Riace si dice comunque «fiducioso» che i giudici «sapranno leggere e interpretare i fatti così come realmente accaduti, fuori dall’odiosa campagna denigratoria che alcuni media hanno imbastito contro di me».

A domanda, sui destini politici – in questi giorni di crisi di governo – del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che spesso ha duramente attaccato Lucano, l’ex sindaco risponde: «Seguendo la seduta al senato ho pensato e mi sono chiesto se un giorno Salvini risponderà di tutto ciò che ha fatto di fronte a un giudice. Io l’ho fatto e mi sento oggi una persona sconfitta, lui voglio vedere se risponderà per le sue politiche odiose, per le persone innocenti che ha sequestrato sulle navi».

E se a succedergli fosse Marco Minniti? «Spero che non sia lui», dice Lucano. «Quando era ministro ha contribuito a distruggere Riace con il blocco dei fondi. E ancora non so spiegarmi il perché».

In copertina l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, in una immagine del 13 maggio 2019. ANSA/Maurizio Brambatti

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