Proteste a Hong Kong, la governatrice Lam cede: ritirata la legge sull’estradizione in Cina

Dopo mesi di ininterrotte e violente proteste, la governatrice dell’ex colonia britannica ha deciso di revocare la misura

La governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha annunciato il ritiro formale completo degli emendamenti alla controversa legge sull’estradizione. In un messaggio televisivo a reti unificate, Lam ha spiegato che l’atto formale avverrà alla ripresa dei lavori del Consiglio legislativo, il governo di Hong Kong.


La concessione alla prima delle richieste dei manifestanti rimane, però, anche l’unica. Per questo Lam non è riuscita a convincere i manifestanti secondo i quali il gesto non è abbastanza, poiché le richieste del fronte pro-democrazia sono molte di più. «Troppo poco, troppo tardi», ha scritto su Twitter l’attivista Joshua Wong, volto delle proteste dal 2014.


Nel messaggio, Lam ha definito «inaccettabile» la richiesta di amnistia per i manifestanti arrestati dall’inizio delle proteste, 1.183 all’ultimo calcolo, e ha ribadito il «pieno sostegno» all’organo di supervisione della polizia, nel giudicare l’operato delle forze dell’ordine, escludendo l’istituzione di una commissione indipendente come invece richiesto dai manifestanti.

Il disegno di legge prevede l’estradizione di alcuni cittadini di Hong Kong verso verso Macao, Taiwan e Cina per essere sottoposti a processo, cosa che ha sollevato violentissime proteste poiché potrebbe trasformarsi in uno strumento nelle mani di Pechino per estradare gli avversari politici e rafforzare il controllo cinese sugli hongkonghesi.

Le minacce di Pechino di schierare l’esercito, unitamente all’arresto di numerose figure democratiche e alle violente forme di repressione messe in atto dalla polizia hanno suscitato numerose condanne da parte della comunità internazionale (sia dall’Unione Europea, sia dagli Stati Uniti, tra gli altri), sollevando timori sulla libertà politica e sull’autonomia di Hong Kong rispetto alla Cina.

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