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Definì Salvini «str***, cattivo e pericoloso»: ex sindaco di Sori condannato per diffamazione

01 Ottobre 2019 - 17:51 Redazione
«Non lo stavo offendendo come persona, ma esprimevo in modo forte e deciso il mio giudizio politico sulle inaccettabili dichiarazioni», dice Pezzana

Definì Matteo Salvini «str***, cattivo e pericoloso»: oggi l’ex sindaco di Sori, in provincia di Genova, Paolo Pezzana, è stato condannato per diffamazione. Questa mattina il Tribunale di Genova lo ha condannato in primo grado per il reato di diffamazione nei confronti dell’ex ministro dell’Interno, a 200 euro di multa, 3mila di risarcimento del danno morale e al pagamento delle spese legali. Il procedimento era stato promosso dallo stesso leader della Lega, che si era sentito offeso da un post pubblicato da Pezzana su Facebook il 18 febbraio 2017.

L’ex sindaco e responsabile regionale Anci Liguria per l’Immigrazione faceva riferimento in quel post alle parole di Salvini pronunciate il 16 febbraio in un comizio a Recco. «Ci vuole una pulizia di massa anche in Italia», aveva detto Salvini a Recco riferendosi ai migranti. Occorre, aveva aggiunto, effettuare una pulizia «via per via, quartiere per quartiere e con le maniere forti se serve, perché ci sono interi pezzi d’Italia fuori controllo».

Pezzana aveva quindi reagito definendo il leader del Carroccio «S…..o, cattivo e pericoloso» su Facebook. Oggi, difeso dall’avvocato Raffaele Caruso, si dice colpito dal provvedimento: «Rispetto questo provvedimento come qualsiasi altro ma non posso che definirmi stupito per l’interpretazione che il giudice ha dato di una giurisprudenza ormai costante e di principi fondamentali del diritto che affermano come il diritto di critica sia costituzionalmente protetto e, soprattutto in politica, possa essere esercitato in maniera anche molto forte senza per questo costituire un reato», dice. Le motivazioni della sentenza sono attese tra 45 giorni.

Le parole pronunciate da Salvini a Recco, continua Pezzana, «costituiscono un chiaro tentativo di eversione dell’ordine costituzionale, e sono ancora più gravi se si considera che le pronunciava una persona che ambiva a farne, come ha fatto, un programma di Governo, per fortuna oggi miseramente naufragato», dice l’ex sindaco. «La mia difesa ha chiaramente rappresentato questi elementi e spiegato senza possibilità di fraintendimento che chiamando Salvini «s…..o» non lo stavo offendendo come persona, ma esprimevo in modo forte e deciso il mio giudizio politico sulle inaccettabili dichiarazioni che aveva reso a Recco».

In molti altri casi simili, conclude, la magistratura «si è pronunciata in senso diametralmente opposto a quello del giudice odierno, ed è per questo che non ci possiamo rassegnare a questa pronuncia e, quando saranno rese note le motivazioni, proporremo appello».

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