Roberta, poliziotta di Trieste scrive alla madre: «Non sono io l’eroina, sei tu che aspetti il mio messaggio a fine turno»

«Mamma, due miei colleghi non hanno finito il turno, sono morti. Domani potrei essere io. Questo lavoro mi gratifica, anche se spesso é pericoloso»

Lei si chiama Roberta, ha origini catanesi e da pochi mesi è in servizio alla Polizia di frontiera a Trieste. Subito dopo la sparatoria che ha portato alla morte di due agenti, suoi colleghi, la giovane poliziotta ha deciso di scrivere una lettera aperta indirizzata alla madre. «Ciao mamma, che strano scriverti, non lo faccio quasi mai. Sono molto orgogliosa, lo sai. Perdonami se ho scelto un lavoro che mi porta a 1440 km da te. Perdonami se spesso lavoro di notte e non finisco in orario, é il mio lavoro, lo sai. Perdonami se spesso dormo invece di chiamarti e chiederti come stai, devo recuperare il sonno perso, lo sai. Perdonami se qualche volta per le feste non ci sarò, ma non ho sempre le ferie, lo sai».


Fare la poliziotta – e dunque servire lo Stato – è sempre stato il sogno di Roberta che lo ha raggiunto, dopo anni, con grande determinazione e spirito di abnegazione. «Due miei colleghi, due miei coetanei in servizio nella mia stessa sede, Trieste, non hanno finito il turno, sono morti, lo sai – continua la poliziotta in un post su Facebook – Mamma non ero io, lo sai. Mamma, domani potrei essere io, lo sai. Questo lavoro mi gratifica, anche se spesso è pericoloso. Da quando avevo 6 anni lo sognavo, lo sai. Quanti sacrifici ho fatto per passare questo concorso, lo sai. Mamma quante cose che sai. Non sono io l’eroina. Sei tu, lo sai? Con coraggio e un po’ di timore aspetti il messaggio di fine turno».


E, invece, quel messaggio alle mamme di Matteo e Pierluigi non è mai arrivato. I due giovani poliziotti sono stati uccisi all’interno della Questura di Trieste mentre svolgevano con grande spirito di servizio il loro lavoro: «Le mamme di Matteo e di Pierluigi non hanno ricevuto quel messaggio. Hanno ricevuto la chiamata più brutta della loro vita, una chiamata che la mamma di un poliziotto si augura di non dover mai ricevere. Per loro è cominciato un dolore lungo tutto una vita. Ci auguriamo tutti che la giustizia riesca un po’ ad alleviare il grandissimo dolore di queste due famiglie. Che la terra vi sia lieve grandi colleghi».

Foto in copertina da Facebook

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