La ong tedesca Sea Eye denuncia che la sua nave Alan Kurdi, impegnata in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, è stata minacciata con le armi da imbarcazioni riconducibili alla guardia costiera libica mentre era impegnata, ieri 26 ottobre, nel soccorso di un’imbarcazione in difficoltà con 90 persone a bordo. I libici avrebbero sparato colpi di avvertimento, in aria e in acqua, vicino alla nave e al gommone carico di persone. Alcuni naufraghi si sono buttati in acqua.
«Quando ho sentito le sparatorie dei libici, non ero più sicuro che saremmo stati in grado di salvare tutte le persone e temevo il peggio», dice il capitano Bärbel Beuse. Ora la Alan Kurdi spiega di essere diretta a Lampadusa: «Dopo questo drammatico soccorso, le autorità libiche ci hanno assegnato come porto di sbarco Tripoli. Abbiamo rifiutato, ricordando che la Libia non è un porto sicuro ai sensi del diritto internazionale».
La dinamica del salvataggio
È mattina quando Alarm Phone riceve – dicono su Twitter – una chiamata di aiuto da un gommone in difficoltà in acque internazionali davanti alla Libia: situazione di cui il servizio informa – dice – sia la Guardia Costiera italiana che la Alan Kurdi, presente in area.
Il primo ad arrivare sulla scena del soccorso, dice ancora Sea Eye, è Moonbird, l’aereo di ricerca di un’altra ong tedesca, la Sea Watch. Poi comincia il salvataggio, con la distribuzione dei giubbotti ai naufraghi sul gommone, stracarico e che stava cominciando a imbarcare acqua. Ma è qui che, racconta Sea Eye, accade qualcosa di impensato. «Improvvisamente si avvicinano tre barche veloci, armate e battenti bandiera libica», spiegano dall’ong.
I libici si posizionano tra la Alan Kurdi e l’imbarcazione in distress. In preda al panico, la gente inizia a saltare giù dal gommone bianco per raggiungere le imbarcazioni di soccorso della ong tedesca. Ed è qui che la milizia libica minaccia il capitano della Alan Kurdi via radio di puntare le armi contro la nave umanitaria.
La situazione, dice ancora la Sea Eye, peggiora quando i libici iniziano a sparare colpi di avvertimenti in aria e in acqua. E puntano le armi contro la gente nel frattempo finita in mare. La Alan Kurdi, spiega il capomissione Joshua Wedler, «non era in quel momento in grado di manovrare, perché le navi libiche si erano posizionate in modo tale che la nave non potesse muoversi né avanti né indietro». Non solo: una collisione tra la Alan Kurdi e il gommone fa cadere molte persone in acqua, mentre chi tra i naufraghi viene preso a bordo delle imbarcazioni libiche comincia a gettarsi in mare.
La Germania
A terra Sea-Eye chiede al ministero degli Esteri tedesco «un aiuto urgente per evitare una grave tragedia». «Abbiamo perso il contatto con la nave per quasi un’ora», spiega da terra il direttore di missione di Sea Eye Jan Ribbeck. «Eravamo molto preoccupati per la vita del nostro equipaggio».
Equipaggio che però, dicono ancora dalla Sea Eye, alla fine riesce a gestire la situazione, «portando lentamente tutte le persone cadute in acqua e ancora sul gommone in difficoltà a bordo della Alan Kurdi. I libici, alla fine, si limitano a sequestrare il gommone vuoto e ad andare via».
Ora a bordo della Alan Kurdi ci sono 90 persone soccorse, insieme ai 17 componenti dell’equipaggio, rimasto illeso. «Sono scioccato e felice che il mio equipaggio sia rimasto illeso», dice il capitano Beuse. Il team medico «teme per la vita di un bambino non ancora nato. Una donna incinta soffre di forti emorragie addominali». Jan Ribbeck ha chiesto a Malta e Italia di evacuarla. «Temiamo che la giovane madre abbia perso il bambino durante questo incidente», dice Ribbeck.
«È un fatto incredibile e scioccante che degli europei, forze di soccorso civili, siano state minacciate da queste persone, supportate nelle loro violazioni dei diritti umani nell’impedire alle persone di fuggire dalla Libia», dice Gorden Isler, portavoce di Sea Eye.
La Marina libica nega
Secondo The Libya Observer, la Marina libica nega di aver minacciato qualsiasi nave appartenente ad organizzazioni europee, coinvolta in operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, confutando le dichiarazioni della ONG tedesca Sea-Eye.
La Marina libica spiega in una nota che le sue navi di pattuglia «non hanno intercettato o minacciato nessuna nave delle ONG, sottolineando che non cederà in alcun modo i suoi diritti sovrani che esercita nelle sue acque territoriali».
In copertina Sea Eye/Twitter
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