Roberto Spada, la Cassazione conferma la condanna: «Usato metodo mafioso»

Spada, il 24 settembre scorso, è stato condannato all’ergastolo in un altro processo con due omicidi

Sei anni di reclusione per Roberto Spada, l’esponente del clan che il 7 novembre 2017 aggredì la troupe della trasmissione ‘Nemo’ a Ostia: il giornalista Daniele Piervincenzi venne colpito con una testata, mentre il suo operatore Edoardo Anselmi fu aggredito e inseguito in mezzo alla strada.


Lo ha deciso la corte di Cassazione che ha confermato la sentenza di appello e quindi la condanna a sei anni di reclusione per Roberto Spada accusato di lesioni aggravate dal metodo mafioso per aver aggredito la troupe. Roberto Spada, il 24 settembre scorso, è stato condannato all’ergastolo in un altro processo con due omicidi. Alla lettura del verdetto era presente la sindaca di Roma Virginia Raggi. Per il procuratore generale è stato «usato metodo mafioso».


Roberto Spada era stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione. Questa mattina il procuratore generale presso la corte di Cassazione Pasquale Fimiani aveva chiesto la conferma della sentenza.

A rendere le lesioni particolarmente gravi (appesantendo la condanna) la presunta mafiosità del gesto: quello di Spada sarebbe stato infatti un atto intimidatorio ai danni del giornalista. Una minaccia accompagnata dal clima di omertà: «Nessuna delle persone presenti nella palestra gestita da Spada, davanti alla quale si è svolta l’aggressione ai giornalisti, è intervenuta in favore delle vittime», ha ricordato il procuratore.

L’avvocato Antonio Marino, legale di Piervincenzi e del cameraman Edoardo Anselmi, ha commentato: «È importante che questa sentenza venga confermata per i segnali che possono derivarne sia in termini di ordine pubblico che di riaffermazione della presenza dello Stato anche nei quartieri periferici di Roma».

La reazione dell’Fnsi

La sentenza della Suprema Corte «riconosce dunque che a Roma la mafia esiste. Ancora una volta, a portare allo scoperto i loschi affari dei clan sono stati coraggiosi giornalisti che hanno pagato cara la loro passione per il diritto-dovere di informare e ad essere informati», affermano in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.

La Fnsi «accoglie con favore questa sentenza, che va in controtendenza rispetto ai pronunciamenti che in altri processi hanno respinto il riconoscimento dell’aggravante mafiosa. Ora attendiamo da governo e Parlamento norme utili a contrastare il fenomeno delle minacce ai cronisti e, più in generale, delle molestie all’articolo 21 della Costituzione, a cominciare dall’approvazione di una proposta di legge di contrasto alle cosiddette ‘querele bavaglio’».

La sindaca Raggi

«È una vittoria dei cittadini onesti contro la criminalità», dice la sindaca di Roma Virginia ai cronisti (e twitta). «A Roma non c’è spazio per la mafia. Un abbraccio a Daniele Piervincenzi ed Edoardo Anselmi».

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