Ilaria Cucchi: «Salvini? Sì, lo querelerò, mio fratello non è morto di droga». E sulle sentenze: «Ho paura, è solo il primo grado»

«Siamo solo all’inizio, è il primo grado. Confesso che ho paura». La sorella di Stefano Cucchi sente che l’iter verso le condanne definitive è ancora lungo e pieno di incognite

«Sì, probabilmente sì». È con poche parole che Ilaria Cucchi, ospite a Mezz’ora in più di Lucia Annunziata, ha ribadito l’intenzione di querelare Matteo Salvini


Il leader del Carroccio, subito dopo la lettura della sentenza di condanna dei carabinieri responsabili della morte del fratello di Ilaria, Stefano Cucchi, aveva dichiarato: «Se qualcuno ha usato violenza, ha sbagliato e pagherà. Ma questo testimonia che la droga fa male sempre e, comunque, io combatto la droga in ogni piazza». 


Una dichiarazione che aveva lasciato esterrefatta Ilaria Cucchi, che per un decennio si è battuta per ottenere giustizia e verità circa la morte del fratello Stefano. 

«Salvini a volte mi fa sorridere, è davvero imbarazzante»

Ma Ilaria Cucchi non si è lasciata sopraffare dalle dichiarazioni dell’ex ministro dell’Interno e anzi, ha commentato: «Salvini delle volte mi fa sorridere, è davvero imbarazzante».

«Nel giorno in cui, dopo dieci anni, c’erano state le condanne per omicidio preterintenzionale per la morte di mio fratello – ha raccontato Ilaria Cucchi – lui, vivendo forse in un’altra dimensione, ha minacciato una controquerela, continuando a parlare di droga».

«Mio fratello Stefano non è morto a causa della droga»

«Anche a me fa paura la droga – ha spiegato Ilaria Cucchi – ma mio fratello Stefano non è morto a causa della droga: questo lo abbiamo appurato nel processo anche se era chiaro fin dal principio. Ora è ancora più chiaro».

«In questi 10 anni io sono cambiata tantissimo, non ero mai entrata in un aula di giustizia, non conoscevo la realtà carceraria. Ho scoperto tante cose che ignoravo – ha proseguito -. Ho scoperto che questo tipo di processi ha sempre la stessa dinamica, prima ancora di arrivare nelle aule di giustizia comincia con la colpevolizzazione della vittima».

«Lottare per chiedere giustizia non ti consente di vivere il lutto»

«Lottare per chiedere giustizia non ti consente di vivere il lutto, di elaborarlo e di andare avanti con la propria vita. Ricordo bene cosa ho provato quando ho visto il cadavere di mio fratello e poco dopo l’allora ministro La Russa si affrettava a dire: “Non so nulla ma giuro sull’onorabilità dei carabinieri”», ha ricordato.

Tuttavia, Ilaria Cucchi sente che l’iter verso le condanne definitive è ancora lungo e pieno di incognite: «Siamo solo all’inizio, è il primo grado, non penso che abbiamo vinto e non mi sento di festeggiare, che oltretutto è un termine inappropriato». «Confesso che ho paura – chiosa – ma il messaggio che voglio lanciare è di speranza: bisogna battersi fino in fondo in quello che si crede».

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