Che cosa è il drone Predator-B, il pattugliatore senza pilota da 10 milioni di dollari abbattuto in Libia

L’aereo ha un’apertura alare di oltre 20 metri e una velocità superiore ai 400 km orari oltre a una capacità di volo a media ed alta quota

Sarebbe un MQ-9 “Predator B”, appartenente al Gruppo velivoli teleguidati del 32/o Stormo dell’Aeronautica militare, il drone italiano caduto in Libia in circostanze ancora da chiarire. Il Gruppo ha sede presso l’aeroporto di Amendola in provincia di Foggia. Il Predator-B è un velivolo a pilotaggio remoto costruito dalla General Atomics il cui costo unitario è di circa 10 milioni di dollari, completo di sensori.


L’aereo ha un’apertura alare di oltre 20 metri e una velocità superiore ai 400 km orari oltre a una capacità di volo a media ed alta quota. Il velivolo inoltre garantisce una grande autonomia di volo, permettendo di ottenere elevate prestazioni, in ambito marittimo e terrestre, sia nelle operazioni di pattugliamento, ricerca e soccorso, sia nelle missioni cosiddette “Istar”, vale a dire di intelligence, sorveglianza, “acquisizione di bersagli” e ricognizione.


Il Predator B appartenente allo Stormo dell’Aeronautica militare è operativo da circa dieci anni in Italia ed è utilizzato ad esempio per la sicurezza dei Grandi eventi, come il Giubileo della Misericordia, ma anche nelle missioni internazionali: dall’Afghanistan al Kosovo, dalla Libia all’Iraq, svolgendo un’ampia gamma di compiti.

Con questo tipo di drone è, in particolare, possibile rilevare la presenza di ordigni esplosivi improvvisati, oppure effettuare missioni in ambienti operativi ostili, in presenza di contaminazione nucleare, biologica, chimica e radiologica, o ancora acquisire dati e informazioni relativi ad obiettivi di piccole e grandi dimensioni.

L’Aeronautica specifica che «le caratteristiche di autonomia, velocità, persistenza e raggio d’azione, unite ai bassi costi di esercizio, rendono il Sistema Predator uno degli strumenti migliori per il controllo dei confini, il monitoraggio ambientale, il supporto alle forze di polizia e l’intervento in caso di calamità naturali».

Oltre al velivolo il sistema Predator è composto da altri due elementi: la stazione di controllo a terra, una vera e propria cabina di pilotaggio che grazie ad un collegamento satellitare può guidare l’aereo durante le operazioni anche a centinaia di chilometri di distanza e una stazione di raccolta dati, dove vengono analizzate in tempo reale le immagini ricevute dal velivolo e, attraverso un nodo di telecomunicazioni, ritrasmesse alle unità operative.

Per quanto riguarda il drone, possiede sensori elettro-ottici, infrarossi e radar posti sotto la fusoliera, che consentono capacità di osservazione e di rilevamento uniche, in grado di operare anche di notte e in ogni condizione di tempo, trasmettendo a terra filmati e immagini ad alta definizione. Le telecamere poste sul muso dell’aeroplano rappresentano, invece, il punto di vista del pilota, e sono gli strumenti utilizzati durante le fasi di decollo ed atterraggio.

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