Il tempo delle dichiarazioni è finito. Ora i ragazzi di Fridays for Future chiedono alla politica un passo in più

Fridays for Future non è più un movimento nuovo in Italia. Comincia ad avere una sua storia, una sua struttura e – ormai da tempo – un suo seguito. Ecco cosa è riuscito a cambiare secondo i suoi attivisti

Oltre 300mila, in tutta Italia. Segni verdi disegnati sul volto e cartelli con slogan ecologisti. In piazza venerdì 29 novembre per il quarto Global Strike, la manifestazione contro il cambiamento climatico partita da Greta Thunberg.


Fridays for Future non è più un movimento nuovo in Italia. Comincia ad avere una sua storia, una sua struttura e – ormai da tempo – un suo seguito. Così come nel resto dell’Occidente, come testimoniato anche dall’avanzata dei Verdi alle ultime elezioni europee.


Dopo un anno di vita è il momento quindi di cominciare a capire quale è stato l’impatto che questi giovani sono riusciti a produrre combattendo una lotta che sembra molto più grande di loro. Lo abbiamo fatto noi di Open, cercando di comprendere quali passi fatti ha fatto la politica. Poi lo abbiamo chiesto direttamente a loro, proprio mentre manifestavano a Roma e Milano.

La consapevolezza di aver cambiato qualcosa c’è, come spiega Marianna, 24 anni, originaria di Bari: «In un anno il movimento ha ottenuto delle dichiarazioni. Certo, anche riportare al centro del dibattito il tema dell’emergenza climatica è stato un risultato enorme, ma mancano ancora azioni politiche concrete».

E in effetti le prese di posizione, le dichiarazioni sull’emergenza climatica ci sono. Ma quello che hanno chiesto questi ragazzi nella loro ultima piazza è fare un passo avanti. Andare oltre a quanto fatto fino a questo momento.

Lo dice Dario, 18 anni, di Roma: «Oggi le istituzioni si stanno attivando, nei giorni scorsi Roma ha dichiarato l’emergenza climatica così come ha fatto l’Europa. Vogliamo di più: per esempio l’eliminazione dei contributi ai combustibili fossili. Vogliamo un’iniziativa politica complessiva, non risposte spot».

Foto di copertina: Ansa | Carlo Cozzoli

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