Sondaggi, Supermedia Youtrend: l’unico partito che continua a crescere è Fratelli d’Italia

La Supermedia di questa settimana mostra come il partito di Giorgia Meloni sia l’unico tra quelli principali a non arrestare la sua corsa. E per la prima volta supera la quota del 10%. Ma c’è anche l’esordio di “Azione”, la creatura di Carlo Calenda

Il clima – ormai permanente – di tensione che permea l’attualità politica italiana non sembra far bene alla salute delle principali forze politiche. Le polemiche trasversali (tra maggioranza e opposizione, tra membri della maggioranza di governo e tra le diverse anime dell’opposizione) sono ormai una costante che colpisce tutti i principali attori politici e istituzionali, generando una situazione in cui tutti ne risultano e nessuno sembra rafforzarsi.


Con un’eccezione significativa, costituita da Fratelli d’Italia: nella nostra Supermedia dei sondaggi di questa settimana, infatti, il partito di Giorgia Meloni continua a crescere (+0,7 in due settimane) e per la prima volta supera la soglia del 10%.


Perdono terreno tutti gli altri partiti, dalla Lega (-0,5%) che conserva comunque la prima posizione, a Pd, M5s e Italia Viva, passando per Forza Italia. L’unico soggetto politico a guadagnare terreno, oltre a FdI, è la sinistra (indicata con modalità diverse a seconda degli istituti di sondaggio) che sale al 2,5%.

Questa settimana fa il suo debutto nella nostra Supermedia un nuovo soggetto: si tratta di Azione, il partito fondato e lanciato ufficialmente lo scorso 21 novembre da Carlo Calenda, europarlamentare ed ex ministro dei governi Gentiloni e Renzi. Ad oggi la nostra Supermedia assegna ad Azione un prudente 1,5%. Perché “prudente”? Innanzitutto perché – come tutti i nuovi partiti “freschi di lancio” – anche Azione avrà bisogno di qualche settimana per farsi conoscere (e riconoscere) dagli elettori interrogati dai sondaggisti.

E poi perché, almeno per il momento, non tutti gli istituti demoscopici hanno pubblicato delle stime su questo nuovo soggetto. Questa settimana le stime provengono da 6 differenti istituti di sondaggio. Come si può notare dal grafico, sono stime piuttosto variabili: si va dallo 0,7% di Ixè al 3,3% di SWG. Di certo il lancio ufficiale del movimento ha incrementato (anche se di poco) il potenziale elettorale di un movimento di Calenda: lo si evince dal confronto con il dato di alcuni istituti (tra cui EMG e Tecnè, qui riportati) che in precedenza quantificavano tale potenziale con un dato intorno all’1%.

Come per Italia Viva, partito di diretta “emanazione” di un leader carismatico (Renzi), anche Azione potrà avere tanta più fortuna elettorale quanto maggiore sarà il gradimento del suo leader, ossia Carlo Calenda. L’ultima rilevazione in proposito è quella dell’istituto Demos, che a settembre rilevava una percentuale di gradimento verso Calenda pari a circa un terzo (il 32%) degli italiani.

Un dato inferiore a quello di altri leader avversari di Calenda (come Conte, Salvini e Meloni), ma anche ad altri decisamente meno ostili (Zingaretti o Emma Bonino). Il confronto forse più interessante è però quello con Renzi, che molti vedono come il competitor più diretto del nuovo soggetto “azionista”: in quello stesso sondaggio, il gradimento di Renzi era inferiore (25%) a quello di Calenda, ma con l’aggravante di una notorietà molto superiore: solo 1 intervistato su 100, secondo Demos, non conosceva Renzi, mentre erano il 18% a non esprimersi su Calenda. Un bacino che le prime settimane di vita di Azione, con relativa campagna di comunicazione, potrebbero aver cominciato ad aggredire.

Per Matteo Renzi, invece, l’attuale momento è piuttosto difficile: l’inchiesta che ha coinvolto la fondazione Open, oggi non più esistente, e le polemiche sulle presunte opacità nell’acquisto di una casa, hanno costretto l’ex premier a reagire, annunciando querele e avanzando dubbi sull’opportunità di questa azione da parte della magistratura. Un dubbio, quest’ultimo, condiviso solo dal 22% degli italiani, secondo i dati dell’istituto Ixè.

Per lo stesso sondaggio, a condividere le affermazioni di Renzi sui magistrati sono il 33% degli elettori della Lega, ma solo il 22% di quelli del PD (partito di cui Renzi è stato a lungo segretario) e il 18% di quelli del M5S, insieme al quale Italia Viva è al governo.

Secondo l’istituto Ipsos il gradimento di Renzi è ulteriormente calato nelle ultime settimane, scendendo dal 18% al 10% nel giro di un mese (da fine ottobre a fine novembre). Lo stesso istituto di Nando Pagnoncelli ha chiesto agli italiani se l’inchiesta su Open potrà significare la fine della carriera politica di Renzi: la pensa così il 50% degli intervistati, mentre il 33% ritiene invece che il senatore di Rignano abbia ancora qualcosa da dire.

Tutte queste evoluzioni non mutano però i rapporti di forza tra governo e opposizione: il divario tra la maggioranza giallo-rossa e il centrodestra, misurato in base a come si posizionano i vari partiti presenti in Parlamento verso l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, rimane drammaticamente elevato, intorno agli 8 punti percentuali. Nei prossimi giorni, quando ci saranno le prime votazioni importanti sulla legge di Bilancio, i comportamenti dei parlamentari potrebbero risentire di questi rapporti di forza, virtuali quanto si vuole ma comunque sostanzialmente stabili da diverse settimane.

Non c’è solo la legge di Bilancio, ovviamente: l’attualità politica è turbata da due “mine vaganti” ossia la questione del Mes – il Meccanismo Europeo di Stabilità e la riforma della giustizia con il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, approvata dal governo precedente e che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2020.

Per quanto riguarda il Meccanismo Europeo di Stabilità, si tratta di una materia tecnica in cui gli italiani sembrano faticare ad esprimere giudizi: secondo Demopolis, ad esempio, 2 italiani su 3 non hanno compreso in cosa consista esattamente questo MES (o ESM). Dopo la relazione di Conte al Senato, però, Ipsos ha rilevato come sulla vicenda il 41% degli italiani dia ragione al Presidente del Consiglio e solo il 24% a Matteo Salvini.

Sulla prescrizione, invece, i partiti sembrano in balìa di un dilemma non da poco: a livello parlamentare, solo il M5S è schierato nettamente a favore della riforma così com’è, mentre tutti gli altri partiti vorrebbero ammorbidirla o ritardarla, se non addirittura abolirla. Un sondaggio di Antonio Noto per Il Fatto Quotidiano, però, ha rilevato come gli elettori siano in maggioranza favorevoli alla riforma in modo trasversale, a prescindere dal loro orientamento politico: se in generale il 57% è favorevole a interrompere la prescrizione dopo il primo grado e (i contrari sono solo il 23%), tale quota tocca l’80% tra gli elettori del M5S e il 68% tra quelli di FDI, ma anche il 58% tra quelli del PD e persino il 51% tra quelli di Lega e Italia Viva.

Solo tra gli elettori di Forza Italia le due posizioni sono più equilibrate, ma anche qui i favorevoli (41%) sono in misura lievemente maggiore ai contrari (39%). Se si costituirà un’alleanza trasversale in Parlamento per modificare, o addirittura bloccare, questo meccanismo previsto dalla riforma Bonafede, i partiti dovranno lavorare molto sulla comunicazione per spiegarlo in primo luogo ai propri elettori.

Articolo pubblicato da Agi

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