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La battaglia sulla prescrizione che scuote il governo. Di che cosa si discute (in tre minuti)

06 Dicembre 2019 - 06:27 Alessandro Parodi
Cosa prevede il provvedimento e quali sono le posizioni in campo?

Dopo, e parallelamente, al Mes, la riforma della prescrizione è tornato ad essere terreno aperto di scontro all’interno del governo. Nella giornata di ieri 5 dicembre è stato il Pd a porre il suo ultimatum con Graziano Delrio che ha minacciato di far saltare il tavolo gettando ombre sul futuro dell’esecutivo giallorosso.

In serata erano arrivate però le aperture dal fronte pentastellato, con il capo politico del Movimento Luigi Di Maio che aveva gettato acqua sul fuoco: «Ogni buona proposta che punti a far pagare chi deve pagare e vada dunque nella direzione auspicata dal M5S è ben accetta». A fargli eco era stato il ministro della Giustizia Bonafede che si è detto convinto che in questa maggioranza «ci siano praterie per lavorare insieme sulla giustizia».

Se la pace, o la tregua armata, sembrava essere scoppiata fra gli azionisti di maggioranza dell’esecutivo (anche dopo le parole dell’ex Guardasigilli dem Orlando che aveva ammesso che sul tema si era «aperta un’interlocuzione») Italia Viva, attraverso le parole di Maria Elena Boschi, era tornata all’attacco dichiarandosi intenzionata a votare con Forza Italia il disegno di Legge dell’azzurro Costa.

Ma cosa prevede la riforma della prescrizione e quali sono ad oggi le posizioni in campo?

Cosa prevede la riforma

La riforma dell’istituto della prescrizione è contenuta nel Ddl Anticorruzione, ribattezzato Spazzacorrotti dal Movimento 5 Stelle, che è stato approvato definitivamente dalla Camera a fine dicembre 2018, con 304 voti a favore, 106 contrari e 19 astenuti: in questa legislatura, quindi, con la medesima rappresentanza parlamentare, ma durante il governo gialloverde.

Il decreto blocca in sostanza la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, sia in caso di assoluzione che in caso di condanna. Il terreno di scontro di questi giorni però riguarda soprattutto l’entrata in vigore del provvedimento, prevista per il 1° gennaio 2020, cioè fra poche settimane: troppo poche per una revisione che accontenti tutte le sensibilità all’interno dell’esecutivo.

Lo scarto fra l’approvazione della norma e la sua effettiva applicazione era stato dettato dalla necessità di trovare il tempo per approvare la riforma del processo penale nel suo complesso, il punto su cui oggi ancora discutono i partner del governo giallorosso, allo stesso modo in cui le posizioni rimasero distanti nell’esecutivo M5S-Lega fono agli ultimissimi giorni della sua vita.

Le posizioni in campo

Per i detrattori della riforma abolire la prescrizione dopo il primo grado di giudizio significherebbe di fatto rendere i processi potenzialmente a vita. Per i promotori del provvedimento, da sempre una bandiera dei 5 Stelle, servirebbe invece ad evitare che la lunga durata dei processi stessi favorisca molti colpevoli che finiscono così per rimanere impuniti.

Le correzioni proposte da Bonafede

Il Movimento 5 Stelle, come chiarito anche da Luigi Di Maio, è disposto a venire incontro agli alleati per trovare la quadra sul tema. Il ministro Bonafede ha quindi avanzato due proposte di correzione della norma. La prima riguarda una «corsia preferenziale per chi è stato assolto in primo grado: se lo richiede, il suo processo avrà una trattazione urgente in appello, per cui durerà solo alcuni mesi». La seconda invece prevede «un accesso agevolato e un indennizzo per chi ha subito un processo che ha sforato i termini previsti».

La controproposta del Pd

Per il Partito Democratico però, anche con questi correttivi, mancherebbero ugualmente le garanzie processuali per gli imputati che dovrebbero affrontare «una durata illimitata dei processi». La controproposta dei dem – che però non piace al Guardasigilli – consiste nel stabilire un tempo limito per la prescrizione “processuale” sia nel primo appello – di due anni – sia in Cassazione dove il tempo limite è previsto di un anno.

La proposta di legge del forzista Costa sposata da Italia Viva

Il terzo fronte è quello rappresentato da Forza Italia, che con il deputato Enrico Costa, già viceministro alla Giustizia del governo Gentiloni quando era in forze a Ncd, ha presentato una proposta di legge che di fatto blocca l’entrata in vigore della riforma della prescrizione il prossimo 1° gennaio. Il Pd nei giorni scorsi aveva minacciato di votare insieme agli azzurri se non si fosse rimesso in discussione il provvedimento.

Poi, come segnale distensivo, i dem, solo due giorni fa, avevano deciso di fare fronte comune e di votare insieme ai 5 Stelle contro la richiesta di esame d’urgenza del Costa. Italia Viva, che in quell’occasione si era astenuta, attraverso le parole dell’ex ministra Boschi, che fa eco a quelle di Matteo Renzi, aveva solo ieri, nel pieno della bagarre fra i dem e i pentastellati, sposato la proposta del forzista come via maestra, di fatto chiudendo al dialogo con i 5 Stelle, ma, soprattutto, alla possibilità di far fronte comune con il Pd per una soluzione di compromesso.

La mediazione di Conte

Anche sul tema prescrizione, come su altre agende in questo governo come nel precedente, il premier Conte prova a giocare il ruolo del pontiere fra le forze politiche che sostengono il suo esecutivo. Nella conferenza stampa al termine del vertice Nato di Londra del 4 dicembre Conte aveva chiarito: «Sul tema prescrizione, ci sono posizioni politiche diverse, ma c’è un tavolo dove stiamo lavorando a una soluzione».

Per Conte sono due gli obiettivi della riforma: «Se da una parte deve essere chiaro il principio per cui, dopo il primo grado di giudizio, il processo deve concludersi con una sentenza di condanna o assoluzione. Dall’altra bisogna garantire la ragionevole durata dei procedimenti». In sostanza cercando di tenere insieme le diverse sensibilità all’interno del governo.

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