Elezioni regionali 2020, il mantra del governo alla prova delle urne: «Il voto in Emilia Romagna non è un test nazionale»

A dicembre il premier aveva preannunciato un incontro con i vertici di maggioranza per dopo le elezioni regionali

Se l’opposizione ripete da tempo che qualora il centrosinistra dovesse perdere in Emilia-Romagna, il governo dovrà cadere – l’ultima a ripeterlo è stata Giorgia Meloni con al suo fianco Matteo Salvini e Silvio Berlusconi durante l’evento di chiusura della campagna elettorale per la candidata del centrodestra, la leghista in Emilia Romagna, Lucia Borgonzoni – la maggioranza e Giuseppe Conte provano a mantenere la tesi opposta: avanti fino al 2023.


Il premier, intento a tenere insieme i vari pezzi del governo, ha già blindato Luigi Di Maio dopo le sue dimissioni da capo politico del Movimento 5 Stelle, ma la sua permanenza come ministro degli Esteri nell’esecutivo.


Secondo quanto ricostruisce un retroscena oggi sul Corriere della Sera, gli equilibri con il movimento potrebbero diventare più difficili nel caso di una vittoria del Pd alle Regionali in Emilia-Romagna e il conseguente tentativo da parte della quota dem di dettare l’agenda dell’esecutivo. Sopratutto a fronte di un risultato deludente per i candidati pentastellati: ipotesi che, a questo punto, sembra quasi scontata.

Dalla sua parte Conte ha l’inevitabile reticenza dei deputati e senatori della maggioranza di tornare alle urne.

Per la verifica delle intenzioni della maggioranza, comunque, il momento è dietro l’angolo. Già a dicembre infatti il presidente del Consiglio aveva annunciato un incontro con i vertici del partito dopo le elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria per confrontarsi sui traguardi raggiunti fino a quel momento – in primis la manovra e il blocco dell’aumento dell’Iva – e quelli ancora da raggiungere.

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