L’appello a Conte: «Senza sperimentazione animale non sarebbe stato isolato il coronavirus»

Gli accademici denunciano i violenti attacchi contro la ricerca biomedica usando «come pretesto il termine “vivisezione”»

Gli accademici (prorettori e delegati alla ricerca) di 13 università italiane hanno scritto un appello al premier Giuseppe Conte denunciando la situazione della ricerca in Italia che sarebbe in pericolo e che potrebbe peggiorare dopo il decreto Milleproroghe, in particolar modo per quanto riguarda i limiti alla sperimentazione sugli animali.


Secondi i rettori «nelle ultime settimane si è scatenato un violento attacco alla ricerca biomedica che usa come pretesto il termine “vivisezione”, una pratica fuori legge in Italia e in tutta Europa, con l’obiettivo di precludere al nostro paese la pratica legale, strettamente regolamentata e rigidamente delimitata, nota come “sperimentazione animale”».


Il nostro Paese «inoltre si trova già a dover affrontare una procedura d’infrazione in merito alla direttiva europea 63/2010, che stabilisce le misure relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi sperimentali, avendo recepito tale normativa aggiungendo ulteriori, quanto immotivate, restrizioni, di anno in anno sottoposte a moratoria (Decreto legislativo n. 26/2014)».

Questo, continuano i rettori, pone la ricerca italiana «in una condizione non solo di inferiorità, ma di manifesta inaffidabilità nei confronti dei colleghi europei e, presto, precluderà l’accesso a fondi comunitari rendendo ancora più difficile la situazione della ricerca italiana (università ed enti di ricerca, policlinici, IRCCS, imprese biotec), di tanti lavoratori e anche di alcuni dei 1600 nuovi ricercatori che si spera possano essere presto reclutati. Scoraggerà alcuni dal rientrare in Italia, ne spingerà altri fuori dal nostro Paese e la nostra ricerca biomedica ripiomberà nella preistoria».

«Abbiamo smesso di fare ricerca»

Senza mezzi termini gli accademici attaccano: «Domani dovremo render conto, come cittadini, ai nostri malati adulti e pediatrici, alle Onlus come AIRC o Telethon che finanziano la ricerca con le donazioni, e infine proprio allo Stato, del perché abbiamo smesso di fare ricerca sulle malattie comuni o rare. Non è un rischio, è una realtà. Bisogna scegliere da che parte stare».

E, riallacciandosi alla stretta attualità, spiegano: «Neanche l’ultimo grande successo della ricerca italiana, l’isolamento del Coronavirus causa della nuova sindrome polmonare cinese, sarebbe mai stato possibile senza le metodologie messe a punto anche grazie alla sperimentazione animale».

Chi sono i firmatari

A firmare l’appello Maria Pia Abbracchio (Prorettore vicario e Prorettore alla Ricerca dell’Università Statale di Milano), Marco Bindi (Prorettore alla Ricerca dell’Università degli Studi di Firenze), Guido Cavaletti (Prorettore alla Ricerca dell’Università di Milano-Bicocca), Johann Gamper (Prorettore alla Ricerca della Libera Università di-Bolzano) Eleonora Luppi (Presidente del Consiglio della Ricerca dell’Università di Ferrara), Fabio Marra (Prorettore per l’Area Medico-sanitaria dell’Università di Firenze), Claudia Martini (Prorettore alla Ricerca dell’Università di Pisa), Maria Benedetta Mattei (Prorettore alla Ricerca Università dell’Aquila), Micaela Morelli (Prorettore alla Ricerca dell’Università di Cagliari), Marina Pizzi (Delegata del Rettore alla Ricerca dell’Università di Brescia) Cristina Prandi (Prorettore alla ricerca delle scienze naturali e agrarie dell’Università di Torino) Alessandro Vercelli (Prorettore alla Ricerca Biomedica dell’Università di Torino) e Helios Vocca (Prorettore alla Ricerca dell’Università di Perugia).

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