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Egitto, la mobilitazione: «L’università di Bologna sta facendo di tutto per fare rilasciare Patrick Zaki» – Il video

10 Febbraio 2020 - 22:00 Cristin Cappelletti
Rita Monticelli, coordinatrice del master frequentato dallo studente egiziano, parla a Open della mobilitazione dell'Alma mater

«L’Università si è mossa in maniera molto tempestiva». È stato un intervento corale quello organizzato dalla città e dall’università di Bologna per chiedere la liberazione di Patrick George Zaki, lo studente egiziano arrestato e torturato al Cairo.

Il dottorando dell’Alma Mater Studiorum era tornato in Egitto qualche giorno per visitare la famiglia, e sarebbe dovuto rientrare in Italia per iniziare il secondo semestre del suo master in Gender Studies. Il suo percorso di studi sarebbe poi dovuto proseguire in Polonia nel prossimo autunno. «Patrick ha dimostrato grande passione per la materia, nonostante la sua provenienza non fosse quella di lingue, letterature e culture», rivela a Open la coordinatrice del master Rita Monticelli.

Non è mancata la sua presenza al sit in organizzato davanti alla facoltà di Economia a Bologna per chiedere la scarcerazione del 27enne arrivato lo scorso settembre dopo aver vinto una borsa di studio.

«Ci siamo messi all’opera fin sa subito, abbiamo cercato di avvisare la comunità. Siamo partiti per questa campagna di sostegno a Patrick», dice Monticelli. «L’università si è immediatamente messa al lavoro creando un gruppo di crisi, ha immediatamente attivato le istituzioni nazionali, il ministero degli Interni e l’ambasciata italiana al Cairo. L’ateneo ha fornito tutte le informazioni utili attraverso le quali le attività competenti possono seguire la vicenda», chiarisce Matteo Benni, addetto stampa Uni Bo.

L’ateneo scende in campo

«Stiamo collaborando tra di noi, anche con gli altri dipartimenti. Con le istituzioni esterne, continuiamo a mantenere i rapporti con il ministero e anche un coordinamento con l’università di Granada che è il luogo da cui è partito il master», chiarisce Monticelli in merito agli sforzi intrapresi fin da subito per riportare lo studente egiziano in Italia.

Un’occasione in cui diversi collettivi studenteschi hanno chiesto che l’università di Bologna interrompa qualsiasi rapporto di collaborazione accademica con gli istituti egiziani: «L’università in questo momento si sta attivando perché siano le istituzioni a monitorare la situazione per capire quali possono essere i prossimi passi», continua Benni.

L’arresto

A dare la notizia dell’arresto era stato l’Egyptian Initiative for Personal Rights, una ong con cui Zaki lavorava, impegnata nella difesa dei diritti umani in Egitto. Secondo le informazioni arrivate da Eipr e poi diffuse anche da Amnesty International, Zaki sarebbe stato sottoposto a torture con cavi elettrici e i capi di accusa mossi contro di lui sono pubblicazione di notizie false, incitazione contro l’autorità pubblica, supporto al rovesciamento dello stato egiziano, uso dei social network per minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, istigazione alla violenza e al terrorismo.

Nel pomeriggio era arrivata anche la risposta del sindaco di Bologna, Virginio Merola: «Non riteniamo possibile, noi che siamo uno Stato di diritto, che delle persone siano detenute e torturate perché hanno idee diverse dal regime attualmente al potere. È una battaglia di civiltà – prosegue il primo cittadino – e poi è un nostro studente. Giù le mani da Bologna, qui siamo per la dignità delle persone e cerchiamo di farla rispettare ovunque. Non possiamo assistere passivamente al fatto che i diritti umani vengano sistematicamente calpestati».

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