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Egitto, Bologna scende in piazza per Patrick Zaki: «La ricerca non si arresta» – Video e foto

10 Febbraio 2020 - 22:00 Cristin Cappelletti
«Stanno cercando di screditarlo come hanno fatto con Giulio Regeni», avverte la sezione bolognese di Amnesty International

Seconda giornata di mobilitazione per George Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna arrestato e torturato in Egitto. Dopo il flashmob in Piazza Maggiore studenti, docenti e rappresentanti dell’università di Bologna si sono ritrovati in Piazza Scaravilli per chiedere che venga fatta chiarezza sull’incarcerazione del dottorando. «La ricerca non si arresta» è il messaggio dell’iniziativa. L’ateneo petroniano ha creato un gruppo di crisi interno che ha avviato una collaborazione con le autorità competenti: contatti sono stati fin da subito attivati con il ministero dell’Università.

OPEN I La testimonianza di una compagna di corso di Zaki a Bologna

«Stanno cercando di screditarlo come hanno fatto con Giulio Regeni», avverte la sezione bolognese di Amnesty International. «Ai tempi dell’omicidio di Regeni i giornali egiziani avevano fatto passare la sua morte come un omicidio passionale».

La mobilitazione

L’università di Bologna «deve mettere fine a tutti gli accordi accademici con le università egiziane, doveva essere fatto con la morte di Regeni»: è questo l’appello lanciato dagli studenti riuniti al sit-in per chiedere la liberazione di Zaki. «Patrick è egiziano ed è stato arrestato dalle autorità egiziane ma allo stesso tempo è un membro dell’Alma Mater e della comunità internazionale degli studenti europei .

È naturale» – ha spiegato il prorettore dell’Alma Mater Mirko Degli Esposti – «che la comunità accademica chieda il rispetto dei diritti delle persone oltre ad un’informazione corretta e trasparente. Auspichiamo che tutto si possa risolvere in fretta e nel rispetto dei diritti delle persone». «Patrick ha dimostrato grande passione per la materia, nonostante la sua provenienza non fosse quella di lingue, letterature e culture», rivela a Open la coordinatrice del master Rita Monticelli, presente alla manifestazione. «Ci siamo messi all’opera fin sa subito, abbiamo cercato di avvisare la comunità. Siamo partiti per questa campagna di sostegno a Patrick», dice Monticelli.

Lo studente 27enne era tornato in Egitto per qualche giorno per visitare la famiglia e sarebbe dovuto rientrare in Italia per frequentare il secondo semestre del master. Poi aveva scelto un’università in Polonia per completare il corso nel prossimo autunno. Frequentando il master universitario, Patrick ha dimostrato «capacità, competenza ed entusiasmo», ha spiegato Degli Esposti, aggiungendo che tutte le testimonianze raccolte da docenti e colleghi studenti fanno emergere il profilo di una persona «non violenta che professa la non violenza». Un ritratto «molto diverso da quanto sembrano indicare le autorità egiziane», ha concluso il prorettore dell’Alma Mater.

Foto e video di Cristin Cappelletti per Open.

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