Coronavirus, giornalista spagnolo positivo al test dopo il match Atalanta-Valencia a San Siro

L’uomo era arrivato nel capoluogo lombardo da Pisa in macchina con la sua famiglia. Non era quindi entrato in contatto diretto con i 2.500 tifosi valenciani che avevano raggiunto Milano in pullman

Il ministro della Salute spagnolo ha confermato il secondo caso di Coronavirus nella regione di Valencia. Si tratta del giornalista Kike Mateu, 44 anni, che martedì scorsi aveva seguito allo stadio San Siro di Milano il match di Champions League Atalanta-Valencia per il giornale El Chiringuito. Le persone che sono state in contatto con Mateu, come lo stesso giornalista, sono state messe in isolamento precauzionale.


In alcuni casi, quelli in cui presentavano sintomi collegabili al virus, sono stati effettuati i tamponi di cui ora si aspetta di conoscere l’esito. Il giornalista sta bene: a Milano ha trascorso due giorni. Era arrivato nel capoluogo lombardo da Pisa in macchina con la sua famiglia. Non si è quindi mosso con i pullman organizzati dei 2.500 tifosi valenciani.


Kike Mateu davanti al Duomo di Milano lo scorso 19 febbraio – Twitter @kike_mateu

Anche il primo caso contagio da coronavirus nella stessa regione di Valencia era avvenuto a Milano. Al quotidiano Las Provincias Mateu ha confermato di essere in isolamento, di stare bene e di manifestare «niente di più che sintomi influenzali». La sua condizione non gli impedirebbe dunque di continuare a lavorare. Il giornalista ha raccontato di essere andato in ospedale «per senso di responsabilità» prima dei messaggi diffusi dalle autorità politiche e mediche.

Poco dopo, nel programma Jugones de La Sexta, con cui di solito collabora oltre a El Chiringuito, ha ironizzato sulla «noia» causata dall’isolamento e, facendo una similitudine calcistica, ha dichiarato: «il coronavirus mi ha stoppato». Da quando erano stati rilevati i casi positivi nel nord Italia, l’attenzione delle autorità sanitarie valenciane si era già concentrata sui 2.500 tifosi e gli era stato detto che avrebbero dovuto consultare un medico in caso di sintomi non solitamente associati a un’influenza comune. E così è stato.

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