Una vita di inchieste, con molto amore (e poco tempo) per i libri. Chi è il nuovo capo della procura di Roma, Michele Prestipino

Perché la storia del nuovo procuratore di Roma è la sintesi di come sono cambiate le indagini romane negli ultimi 7 anni

Se c’è una persona che rappresenta quasi fisicamente la procura di Roma degli ultimi anni, questo è Michele Prestipino Giarritta, nominato oggi, 4 marzo, procuratore della capitale con una scelta che tutti hanno definito di “continuità”. Non solo perché è arrivato nella capitale affianco all’ex procuratore di Roma, col quale collaborava già – sempre come aggiunto – a Reggio Calabria.


Forse neppure solo perché ha coordinato l’inchiesta Mafia capitale che, tra successi e ridimensionamenti, ha in ogni caso identificato la procura di Roma come la capofila di una nuova (e contestata) visione di come funziona la criminalità organizzata di oggi: non solo patti di sangue, ma pressione sulla pubblica amministrazione.


Perché allora? Il primo motivo è che Michele Prestipino in procura c’è sempre: tra i primi ad arrivare e tra gli ultimi ad andare via. Tutti i giorni. Natale, Pasqua, agosto quasi tutto. Quando ha avuto un figlio, con la mamma che non risiede a Roma, gli uffici giudiziari quasi non se ne sono accorti. Dopo poco era di nuovo al suo posto: “Dove sei stato?” “In Sicilia” “Vacanza?” “In effetti, non solo…” gli si sentiva dire ai colleghi con molta, moltissima, discrezione.

Il legame con la Sicilia

E qui viene anche l’altro motivo di questo suo legame con l’immagine della procura degli ultimi sei anni: il rapporto tra la Sicilia e Roma. Anche se non si direbbe, visti i tanti fili che lo legano al Sud, Michele Prestipino è nato nella Capitale. Ma, appunto, dalla parlata alle preferenze, passando per i modi di dire, sembra siciliano: è in Sicilia del resto e più precisamente a Palermo, dove arriva nel 1996 come sostituto procuratore, che la sua carriera di magistrato (in servizio dal 1984) che la sua carriera cambia.

Perché conosce Giuseppe Pignatone, allora aggiunto, e perché assieme a lui e alla pm Marzia Sabella nel 2006 riesce a catturare Bernardo Provenzano, latitante da più di 40 anni. La vita di Michele Prestipino Giarritta è già cambiata e lo spazio di vita personale si è ridotto: gli assegnano una scorta di massima sicurezza, la stessa che lo segue notte e giorno fin dentro l’ufficio e l’appartamento, anche ora.

Dopo Provenzano

Da quel momento in avanti, comunque, le sue indagini accelerano rapidamente. A Palermo indaga sullo scandalo delle talpe in procura, poi va a Reggio Calabria, sempre con Pignatone. Stavolta lui è l’aggiunto e Pignatone il capo. Indagano sulla ndrangheta e sulle sue ramificazioni nel nord Italia e nel nord Europa e dimostrano soprattutto una cosa che molti, nei decenni, avevano ritenuto falsa o indimostrabile: anche la ndrangheta ha una struttura verticistica con un capo, come avviene (o di certo avveniva prima dell’arresto di Provenzano) in Cosa Nostra.

E’ per questo che l’inchiesta Crimine, confermata dalla Cassazione, tra gli addetti ai lavori fa il giro del mondo. Con lui ci lavorano parecchi pm che poi hanno fatto carriera e, soprattutto, entra nella squadra dei magistrati più vicini a Pignatone anche Giovanni Musarò che poi infatti andrà a Roma con loro e lo affiancherà in più di una indagine sui clan romani.

Mafia non capitale

A Roma, dove arriva nel 2013, oltre a guidare insieme a Pignatone l’indagine su Mafia capitale (che poi, dice la Cassazione, non era mafia) si concentra molto sul tema delle altre mafie romane, fino a quel momento mai considerate clan veri e propri: quasi 150 anni di condanne per gli Spada, quello del litorale di Ostia.

Condanne per i Fasciani, anche qui con la matrice mafiosa; l’inchiesta Gramigna, con il processo ancora in corso – 40 imputati per mafia, traffico di droga, usura e spaccio – ai Casamonica. Più recentemente, Grande Raccordo Criminale, l’inchiesta sui trafficanti che avevano a capo Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, ucciso il 7 agosto al parco degli Acquedotti.

Come ha e hanno fatto a cambiare lo scenario, il modo in cui si leggono i fenomeni criminali, in tanti casi diversi? “Conoscendo bene la criminalità organizzata e studiando, studiando molto. Per l’inchiesta Crimine lui e gli altri pm lessero tutti i processi dei precedenti vent’anni. A Roma hanno fatto lo stesso. E questo gli permette di riconoscere cosa è mafia e cosa è semplice criminalità”.

Un bacino di inchieste che, al di là delle valutazioni sul peso delle correnti nel Csm (lui è indipendente ma è stato sostenuto da Area e da Ai, la corrente di Davigo) ha bilanciato le polemiche seguite alla decisione in Cassazione su Mafia capitale.

Una vita riempita quasi tutta dal lavoro, quella di Michele Prestipino Giarritta, in cui resta qualche spazio per la famiglia e due passioni: la corsa (anche quella praticata sotto l’osservanza della scorta) e i libri. Non gialli e neppure di Mafia, quando si parla di lettura i gusti di Prestipino spaziano verso la filosofia e si capisce che sì, l’interesse per cose più astratte ci sarebbe. Ma il senso del dovere gli dice che non si può, non si deve.

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