Il Coronavirus minaccia la democrazia? Il ruolo della Spagnola nell’ascesa del nazismo e lo studio della Fed che fa discutere gli storici

Si tratta di revisionismo spicciolo nato da un tentativo di “scagionare” la Banca centrale americana oppure di un valido studio sulle possibili conseguenze di una cattiva politica nel periodo post-epidemico?

Dall’inizio della pandemia di Coronavirus non sono mancati i parallelismi con altri periodi storici, alcuni azzeccati, altri meno. Quello che più recentemente sta facendo discutere è uno studio di un economista della Banca centrale americana Kristian Blickle il quale ipotizza che ci sia stato un legame tra l’ascesa del partito nazista nella Germania degli anni ‘20 e la pandemia di influenza spagnola, che fece dai 20 ai 50 milioni di morti tra il 1918 e il 1919. Correlazione, dunque, non causalità. Al di là del dato curioso che riguarda l’interesse della Fed americana per uno studio del genere, che apre ad interrogativi sui timori per la tenuta dei sistemi democratici alle prese con l’emergenza Coronavirus, sorge spontanea una domanda: si tratta di revisionismo spicciolo frutto di un pregiudizio presentista che, in linea con le preoccupazioni del momento, rimescola il passato, sporcandolo? O lo studio di Blickle ha effettivamente solide basi empiriche che ci aiutano a capire come sia cambiata la Germania in quegli anni bui, diventando terreno fertile per il nazifascismo?


La cattiva politica nel post-pandemia

Una premessa doverosa è che fenomeni complessi come l’estremismo non hanno mai una spiegazione semplice o una sola causa. L’ascesa del partito di Adolf Hitler interroga gli storici da quasi un secolo e le spiegazioni più assodate hanno solitamente in comune alcuni elementi, dall’impatto devastante dal punto di vista sociale ed economico della prima Guerra mondiale – e in particolare delle indennità di guerra imposte alla Germania con il trattato di Versailles del 1919 – ai timori per un “contagio rosso” tra le élite economiche e politiche del Paese, passando per la sublimazione dell’odio razziale e del fanatismo nazionalista, alimentate e cavalcate dalla propaganda nazista. Secondo Blickle, ciò che avrebbe “preparato il terreno” per il successo elettorale del partito di Adolf Hitler, non furono soltanto gli effetti sul tessuto sociale della mortalità pandemica – che provocarono per esempio un “invecchiamento” improvviso della popolazione, privata di molti giovani a causa della malattia – o anche solo delle misure di distanziamento sociale sulla psiche collettiva (in questo senso l’influenza spagnola era diversa da altre malattie comuni all’epoca come la tubercolosi). Ma – ed è questo l’aspetto più interessante – ciò che è stato determinante secondo Blickle fu la reazione delle istituzioni che, paradossalmente, investirono meno risorse nelle comunità più colpite dall’epidemia. Una considerazione suffragata dai dati raccolti (con alcune lacune, perché non esistono dati per tutti gli anni presi in esame) che mostrano una correlazione in questo senso.


Kristian Blickle, Pandemics Change Cities: Municipal Spending and Voter Extremism in Germany, 1918-1933

Le accuse di revisionismo nei media

Una correlazione, appunto, che, come recita la sintesi dello studio, Blickle utilizza per formulare un’ipotesi alquanto generica, ovvero che «i risultati possano essere la conseguenza di cambiamenti sociali a lungo termine causati da una pandemia». La conclusione non è certo che l’ascesa dei nazisti sia direttamente riconducibile all’influenza spagnola dunque, ma che il successo elettorale di partiti estremisti fosse collegato a una cattiva gestione dei costi sociali provocati dalla pandemia. Lo studio ha avuto molto spazio sui media internazionali, come la Cnn, e ha dato luogo a un acceso dibattito. Thomas Weber, docente di storia e affari internazionali ed autore di numerosi libri sul nazismo, come riporta il quotidiano israeliano Haaretz, sostiene con forza che non ci sia stato alcun legame tra la spagnola e l’ascesa dei nazisti, citando a suo favore il fatto che la Prima Guerra Mondiale produsse un tasso di mortalità molto più alto rispetto alla pandemia – parliamo di circa 1,7 milioni di tedeschi contro circa 287mila vittime della spagnola – ed ebbe quindi un effetto molto più significativo dal punto di vista demografico sulle città tedesche. Per Helen Buyniski, giornalista della testata Russia Today si tratta semplicemente di un tentativo di auto-assoluzione da parte della Fed americana, «preoccupata che le sue politiche inflazionistiche possano portare all’ascesa di un nuovo Hitler». L’impressione è che più che la Fed siano i media a voler attribuire allo studio di Blickle una valenza storica e politica diversa da quella che ha. Così facendo il rischio è di perdere di vista la riflessione di fondo che in mancanza di una politica attiva di tutela e di sostentamento delle popolazioni locali, provate anche – ma non solo – da un’epidemia, possa accendersi la miccia del fanatismo ideologico.

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