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Quelli che richiudono: Corea, Libano e Germania frenano la Fase 2. L’avvertimento per l’Italia che ha fretta di ripartire

12 Maggio 2020 - 19:01 Valerio Berra
Bastano pochi contagi per fermare le riaperture. Sarà questo il destino dell'Italia o si riuscirà a sfuggire alla seconda ondata di contagi?

«Milano è un po’ una bomba, perché in tanti sono stati chiusi in casa con la malattia. Abbiamo un numero altissimo di infettati, che ora tornano in circolazione». Pochi giorni fa il dott. Massimo Galli, una delle voci che si sono dimostrate più autorevoli sul Coronavirus, descriveva così la situazione della Lombardia e del suo capoluogo davanti alle riaperture appena scattate.

Non tutte le bombe sono destinate ad esplodere ma la paura che in Italia arrivi la «seconda ondata» c’è. E infatti i posti di terapia intensiva dell’ospedale creato in Fiera Milano sono rimasti lì. Usati poco, certo, ma non ancora smantellati. Se però l’Italia è stata, almeno in Occidente, l’esempio a cui guardare per vedere cosa poteva succedere con l’arrivo del Coronavirus, ci sono Paesi che questa ricaduta nella curva dei contagi la stanno già vivendo.

Uno dei simboli più forti di questi ritorni alla quarantena è quello della città di Wuhan in Cina. Dopo in nuovi casi registrati a distanza di settimane, alcuni media statali hanno riferito che ora il programma delle autorità è quello di condurre test a tappeto su tutta la popolazione: 11 milioni di persone.

Corea del Sud, un infetto e oltre 1.500 persone a rischio

Epa/Yonhap | Seoul, Corea del Sud

Quante persone può contagiare un solo positivo? In Lombardia il caso del paziente 1 era stato già abbastanza chiaro: un uomo dalla vita sociale abbastanza attiva aveva messo a rischio decine di persone, ovviamente in maniera involontaria. I colleghi, gli amici con cui giocare a calcetto, le persone incontrate durante il tragitto casa – lavoro.

L’ultimo esempio dalla Corea del Sud rende però ancora più chiaro questo concetto e lo riporta a una grande città, come Milano. Nella giornata di venerdì 8 maggio si sono registrati 25 nuovi casi, dopo cinque giorni in cui il numero di nuovi positivi non superava i 10. 15 dei nuovi casi sono legati a un’unica persona: un uomo di 29 anni che nell’arco della stessa sera ha visitato tre club diversi nel distretto Itaewon della capitale, Seoul. Le autorità hanno rilevato con in questi locali sono transitate, sempre quella sera, almeno 1.500 persone.

Da qui la decisione: il governo centrale ha chiesto a bar e discoteche di chiudere ancora per un mese. E potrebbe arrivare anche la decisione di posticipare la chiusura delle scuole, prevista al momento per la prossima settimana. Jeong Eun-kyeong, direttore del Korea Centers for Disease Control and Prevention ha spiegato: «In questo momento, è troppo presto per dire se dobbiamo rimandare l’apertura delle scuole, ma monitoreremo la diffusione del virus e esamineremo le informazioni».

Germania, bloccate le riaperture dove si è superata la linea rossa

Epa/Omer Messinger | Donna con mascherina davanti alla Porta di Brandeburgo, Berlino

La linea rossa. Ufficialmente in Italia non è stata definita una soglia per definire il ritorno al lockdown: quel limite entro cui è necessario tornare indietro e ricominciare a chiudere attività invece che riaprirle. In Germania governo e Laender, con competenze simili alle nostre Regioni, hanno deciso che questo limite debba essere di 50 contagi ogni 100mila abitanti in una settimana.

Un soglia che in Germania, da quando sono cominciate le riaperture, è stata superata già in tre casi: nel distretto di Coesfeld, a nord di Dortmund, nel distretto di Seinburg, nello Schleswig-Holstein, e ora anche a Greiz, in Turingia. In tutte queste è stato quindi necessario bloccare le aperture, almeno per una settimana.

Libano, l’ordine è diretto: si torna in quarantena

Afp/Ibrahim Amro | Decine di cittadini libanesi protestano per strada

Paese bloccato, fino a lunedì sera. Di nuovo. La situazione in Libano è sempre più complessa. Il 7 marzo, prima della crisi nata dal Coronavirus, il Paese aveva annunciato il default, con il premier Hassan Diab che aveva spiegato di voler avviare negoziati per ristrutturare il debito. In una situazione del genere, l’inizio dell’epidemia e il conseguente lockdown hanno portato a una serie di proteste antigovernative sempre più violente.

Per questo l’annuncio del governo di voler richiedere il Paese dopo le prime aperture iniziate il 4 maggio è stato ancora più difficile. Eppure il rialzo della curva dei contagi, che ha portato a 890 i casi ufficiali, è reso necessaria questa misura. Secondo i media locali l’aumento del numero di positivi sarebbe stato causato da una cattiva gestione nei rimpatri dei libanesi all’estero.

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