Cosa è obbligata a fare FCA per avere il prestito dello Stato? Molto poco: lo stop ai dividendi vale solo per il 2020 (per ora)

L’esecutivo sta puntando a regole ancora più rigide, assicura il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Ma il rischio è che il prestito diventi una garanzia per i maxi-dividendi futuri dell’azienda

FCA Italy Spa è in pole position nella richiesta di liquidità allo Stato per rispondere alla crisi epocale causata dalla pandemia di Coronavirus. L’azienda sta trattando con Banca Intesa Sanpaolo per un prestito di 6,3 miliardi di euro garantito dallo Stato attraverso Sace, la società pubblica assicurativo-finanziaria della Cassa depositi e prestiti. Prestito monstre che però – da qui la polemica che infuria in queste ore e che vede anche la maggioranza di governo spaccata – rischia di trasformarsi in un maxi dividendo che l’anno prossimo gli azionisti di Fca (o meglio della società a guida francese che nascerà a fine anno dalla fusione con Psa) potrebbero incassare. Perché i soldi che entrerebbero oggi, a garanzia anche dell’indotto, permettono al gruppo di non intervenire con capitali propri. Ma andiamo con ordine.


I dividendi

Con il decreto liquidità approvato dal governo – misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti colpiti dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 – lo Stato pone dei paletti: che l’azienda che ne beneficia non distribuisca dividendi nel corso del 2020, e che il prestito sia vincolato «a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia». Per il 2020 è quindi già tracciato il destino degli 1,1 miliardi di euro di dividendi di Fca Italy Spa: l’azienda ne ha già annunciato il ritiro, vista la condizione posta dal Dl liquidità. E per il 2021? Il rischio è che quei 6,3 miliardi di prestito assicurato con i soldi pubblici assicuri anche, ironicamente, il pagamento dei 5,5 miliardi di euro di dividendo straordinario agli azionisti per perfezionare le nozze Fca-Psa (gruppo industriale francese a cui appartengono i marchi automobilistici Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall Motors). Il matrimonio, annunciato a dicembre, è atteso per il 2021 e su quei 5,5 miliardi al momento resta l’incognita. O meglio, al momento è una certezza: se nulla cambia, il prestito Sace potrà essere senza volerlo la garanzia anche del mega-dividendo per la famiglia Elkann in arrivo nelle casse della Exor in Olanda, holding di investimento controllata dalla famiglia Agnelli, di cui John Elkann è presidente e amministratore delegato. Dividendi, peraltro, dalla tassazione eventualmente agevolata data la sede legale ad Amsterdam e quella fiscale a Londra.


Vediamo come.

Come funziona il prestito

ANSA/ Alessandro Di Marco | Lo stabilimento FCA Mirafiori a Torino, 27 aprile 2020

Il bisogno di ossigeno è nei numeri del settore, che pesa in Italia più del 10% del Prodotto interno lordo e al quale il virus ha dato un colpo durissimo. Tra marzo e aprile le immatricolazioni sono state meno di 33 mila. Il crollo, rispetto allo stesso periodo del 2019, è pari a più del 90% (ad aprile 97,8%, dice Confcommercio). Ai sensi del decreto liquidità, le aziende che registrano più di 5 miliardi di fatturato – Fca Italy di fatturato ha 27,2 miliardi ed è la maggiore società industriale italiana non controllata dallo Stato – possono chiedere a una banca un prestito di importo fino al 25% dei suoi ricavi dell’anno scorso: da qui i 6,3 miliardi, spicciolo più, spicciolo meno, che Fca Italy può richiedere con la garanzia dei soldi pubblici. Il tasso del prestito è agevolato perché la banca che lo concede – Fca si è rivolta a Banca Intesa – è garantita dallo Stato attraverso Sace fino all’80% del credito: l’istituto di credito sa quindi, in questo caso, che, ove mai l’azienda non dovesse restituire il prestito (che durerà tre anni, quindi entro il 2023), può far valere la garanzia pubblica ed essere risarcita con soldi pubblici per circa 5 miliardi di euro. Un importo altissimo che richiede il via libera del Tesoro (e per quanto resti improbabile – al netto dei rating negativi pure registrati – il rischio di insolvenza del gruppo). Importo che dovrà essere dedicato esclusivamente al finanziamento delle attività di FCA in Italia e destinato a fornire ulteriore supporto a circa 10 mila piccole e medie imprese nella catena di fornitura automobilistica in Italia a seguito della riapertura degli stabilimenti italiani della Società a partire da fine aprile. In ballo c’è il destino dei lavoratori: il gruppo FCA , nato nel 2014 dalla fusione tra FIAT e Chrysler, è – si legge sul sito della Fim-Cisl – il principale Gruppo automotive presente in Italia, con circa 86 mila dipendenti e impianti produttivi sparsi in tutto il Paese.

L’italianità

AFP/Vincenzo PINTO | Da sinistra le bandiere di Sevel, quella francese e quella italiana allo stabilimento di auto Fiat Chrysler Automobiles (FCA) – PSA Group ad Atessa, Pescara, 27 aprile 2020

L’azienda, come noto, ha sedi legali e fiscali ad Amsterdam e Londra. E il mercato principale non è certo quello italiano, ma quello americano. Carlo Calenda – ex ministro dello Sviluppo Economico che conosce bene il dossier Fiat e che fin da subito si è messo di traverso pubblicamente al prestito annunciato – lo va ripetendo da giorni: se nulla cambia, il risultato rischia di essere quello di garantire proprio attraverso quel prestito il dividendo straordinario da 5,5 miliardi (che non verrebbe nemmeno tassato) ai soci di Fiat-Chrysler per effetto della fusione con i francesi di Psa (i negoziati per la fusione sono in corso e avanzano a un “ritmo spedito”, confermano oggi da Parigi).

Come? Il gruppo FCA avrebbe già la liquidità per sostenere il gruppo. Attraverso la controllante (FCA, multinazionale globale che nel 2014 inglobò l’americana Chrysler), che ha sede ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra e che potrebbe internamente assicurare il prestito alla controllata Fca Italy. E invece la liquidità “interna” non viene toccata, è il ragionamento di Calenda, ma tenuta dalla capogruppo. Nell’ottica di distribuire il famoso maxidividendo nel 2021. Il decreto liquidità, ad oggi, non impedisce un’operazione di questo tipo, e i 6,3 miliardi garantiti da Sace verrebbero quindi destinati così ai fornitori, mentre i 5,5 miliardi da usare il prossimo anno restano in pancia al gruppo. E nulla osta, al momento, in punta di diritto. Non è contrario al prestito, il leader di Azione. Ma mentre le possibilità di accesso alla liquidità non mancano all’interno del gruppi, FCA invece «non ha mai rispettato il piano degli investimenti previsto per l’Italia». Perché gli investimenti vincolati dal prestito Sace dovrebbero questa volta vedere un destino differente?

Il governo

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al lavoro, in un’immagine tratta dal suo profilo Twitter, 10 aprile 2020.

Scoperchiato il vaso di Pandora, per il 2021 il governo starebbe quindi correndo ai ripari. Anche perché la questione divide la maggioranza, con due anime nel Partito democratico (il vicesegretario Andrea Orlando è d’accordo con Calenda) e agitazioni anche nel Movimento 5 Stelle. Mentre Italia Viva e Matteo Renzi sposano l’ipotesi del prestito chiesto da Fiat Chrysler e il segretario del Pd Nicola Zingaretti prova a evitare lo scontro mentre non apprezza l’attacco mosso (dal suo vice Orlando) «a gruppi editoriali» (vale a dire Repubblica, ora degli Elkann) e «centri di potere». Il decreto liquidità si trova al momento alla Camera, deve essere convertito in legge entro l’8 giugno e dovrà passare anche a palazzo Madama in tempi stretti, senza quindi potersi permettere stravolgimenti che porterebbero i tempi di approvazione allo sforamento. Ma il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri assicura che l’esecutivo è al lavoro sul delicato nodo, puntando a regole ancora più rigide.

Nel passaggio parlamentare in corso il governo prevede «in modo esplicito l’esclusione (già implicita nella norma) delle imprese che hanno sedi in paradisi fiscali, e il divieto di erogare dividendi nel 2021 a chi li avesse già distribuiti prima di accedere alla garanzia», assicura il titolare del Tesoro. Condizionalità tra le «più esigenti considerate quelle introdotte in Europa». Basteranno?

Non solo FCA

In coda per prestiti in stile Fca ci sarebbero anche in queste ore il gruppo Benetton, che sta istituendo pratiche fino a 1,7 miliardi presso grandi istituti di credito in Francia e Italia, Maire Tecnimont (gruppo societario italiano attivo nel settore ingegneristico, tecnologico ed energetico), Alpitour, Unieuro, forse anche Artsana. Per un totale di altri 2,5 miliardi di prestiti Sace. «Sace in questo momento ha erogato 40 milioni di garanzia», affonda in queste ore Calenda. «Nulla». E comunque il decreto liquidità le assegna un massimo di plafond per questi prestiti di 200 miliardi di euro fino al 31 dicembre di quest’anno. «Ci sono migliaia di imprese con sede legale e fiscale in Italia che stanno aspettando da settimane. Queste imprese sono vessate con richiesta di due diligence, asseveramento di piani e persino Covid assessment. La garanzia incide sul prestito, dunque il divieto di distribuzione di dividendo per controllante e controllata dovrebbe durare quanto il prestito. In questo caso 3 anni».

In copertina EPA/Tannen Maury | Un’immagine dal drone dello stabilimento chiuso FCA Chrysler a Belvidere, Illinois, USA, 18 maggio 2020.

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