Coronavirus, la pandemia ha avuto un «effetto devastante» sui giovani lavoratori: uno su 6 ha perso il posto

Nemmeno l’anno scorso le cose andavano bene: il tasso di disoccupazione giovanile era già più elevato rispetto alle altre fasce d’età

La pandemia di Coronavirus ha avuto un effetto «devastante e sproporzionato» sui giovani lavoratori. Quello descritto dall’analisi dell’Organizzazione mondiale del lavoro è un vero e proprio tsunami sociale: più di un ragazzo su sei ha smesso di lavorare per ragioni legate a Covid-19. E chi invece è riuscito a conservare il proprio posto, ha visto comunque ridursi l’orario di lavoro del 23%. «La crisi economica causata da Covi-19 sta colpendo i giovani, in particolare le donne, più duramente e più velocemente di qualsiasi altro gruppo», avverte Guy Ryder, direttore generale dell’Ilo. «Se non prendiamo provvedimenti significativi e immediati per migliorare la loro situazione, l’eredità del virus potrebbe restare tra noi per decenni. Se il loro talento e la loro energia vengono accompagnati da una mancanza di opportunità o abilità, tutto il nostro futuro verrà danneggiato, e la ricostruzione di una migliore economia post-COVID sarà molto più difficile».


I dati

Il Monitor aggiorna anche la stima del calo delle ore di lavoro nel primo e nel secondo trimestre del 2020, rispetto al quarto trimestre del 2019. Durante il primo trimestre 2020 si è perso circa il 4,8% delle ore di lavoro (pari a circa 135 milioni di lavori a tempo, se si pensa a una settimana lavorativa di 48 ore). In tutto il mondo, secondo l’Ilo, la perdita totale di ore lavorate è stata del 10,7% tra il secondo trimestre del 2020 e quello dell’anno precedente. Una perdita pari a 305 milioni di posti a tempo pieno. Già nel 2019, per la fascia di popolazione più giovane, le cose non andavano affatto bene: con il 13,6 per cento, il tasso di disoccupazione giovanile dell’anno scorso era già più elevato rispetto a qualsiasi altro gruppo anagrafico. In tutto il mondo, dice ancora l’organizzazione mondiale del lavoro, si registravano circa 267 milioni di giovani che non avevano un impiego, istruzione o formazione (i cosiddetti Neet). E chi, nella fascia tra i 15 e i 24 anni, aveva un impiego aveva anche maggiori probabilità di trovarsi in forme di lavoro che rendono vulnerabili, come per le occupazioni a basso reddito, il lavoro nel settore informale o nel caso di lavoratori migranti.


In Italia

In Italia i numeri diffusi dall’Inps parlano a livello generale di 144.203 domande di disoccupazione nel solo mese di marzo: +37% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La crisi e l’emergenza sanitaria stanno cambiando il mondo del lavoro anche in Italia. Secondo l’Anpal, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, in un quadro di shock economico che ha travolto «come una tempesta» il sistema nazionale e mondiale, il lockdown si è tradotto in un crollo dei contratti a tempo determinato: -200mila. E nell’aumento, anche nel nostro paese, del già profondo divario di genere. Durante la serrata e quindi prima della fase 2, solo il 49,7% dei lavoratori under 24 e il 61% dei lavoratori tra 25-34 anni è rimasto occupato nei settori ancora attivi, spiegava l’Istat a fine marzo: 3 milioni di lavoratori su un totale di 15 milioni 576 mila.

Le Americhe più colpite

Dal punto di vista regionale, le Americhe (13,1 per cento) e l’Europa e l’Asia centrale (12,9 per cento) presentano per il 2020 le maggiori perdite di ore lavorate nel secondo trimestre.

Foto di Dylan Gillis/Unsplash

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