Aldo, il prof che dice «no» alla maturità in classe: «Per la prima volta non farò il presidente, ho paura di contagiare i miei ragazzi»

È lui che ha fondato il gruppo Facebook “Maturità 2020 online” in cui 7.000 persone stanno chiedendo a gran voce che gli esami di Stato si facciano da casa. Ecco quali rischi si corrono ai tempi del Coronavirus

«Cara ministra Lucia Azzolina, per portare avanti questa tesi, ovvero quella della maturità in classe, bisogna avere coraggio perché far spostare migliaia di docenti e attuare questo protocollo di sicurezza aumenta i rischi per tutti. Sembra quasi che abbiamo preso un accordo con il Coronavirus, proprio ora che la situazione stava migliorando».


«Per questo motivo, per la prima volta dopo anni, ho deciso che non farò il presidente di commissione (quest’anno è stata segnalata una carenza di queste figure fondamentali per gli esami di Stato, ndr). Lo faccio a malincuore ma non voglio essere strumento di contagio. Non avendo fatto né tamponi né test sierologici ho paura di infettare i miei studenti».


A parlare a Open è Aldo Domenico Ficara, professore di Elettrotecnica a Messina. È lui l’amministratore del gruppo Facebook “Maturità 2020 online” che può contare su oltre 7.000 iscritti. Si tratta di docenti ma anche di mamme preoccupate per la decisione della ministra Lucia Azzolina di autorizzare gli esami di maturità in classe, nonostante la pandemia.

«Davvero pensiamo che i ragazzi si “controllino” meglio di presenza? Noi docenti non siamo giudici, non valutiamo gli allievi con un punto in più o in meno. Noi guardiamo la loro maturità e in video-chiamata avremmo potuto farlo senza problemi», spiega il prof Ficara. «Bisognava lasciare la possibilità di scegliere agli studenti: o in aula o a casa. Sarebbe stato meglio che decidessero le loro famiglie, sono loro che sanno se nel proprio nucleo familiare ci sono soggetti a rischio».

Cosa non funziona nella maturità 2020 in aula

Aldo è un professore all’antica, “vecchio stampo” insomma. Uno che non direbbe mai a un ragazzo di trasgredire le regole ma che ora ha deciso di dire no all’esame di maturità in aula. Troppo rischioso. «Sa in quanti giovani ci stanno scrivendo dicendo che vorrebbero fare gli esami di maturità a casa? Tantissimi. E la mia risposta è sempre la stessa: rispettate le regole, le decisioni della ministra. Anche se non le condivido».

A preoccupare è il protocollo di sicurezza che, così com’è stato concepito, sarebbe «fallace»: «Non dimentichiamoci dei docenti che si trovano al Sud e che, adesso, dovranno spostarsi al Nord Italia in quanto membri di commissioni d’esame. Prendere un treno o un aereo rischia di essere pericoloso in questa fase. Insomma ne partono 1.000 e 10 magari potrebbero arrivare infetti rischiando di contagiare i ragazzi. Perché dobbiamo arrivare a questo? Come faremo, in tal caso, a guardare negli occhi le mamme dei ragazzi infettati durante la maturità?».

Il mistero del ricorso al Tar

Aldo Ficara, diversamente da quanto riportato sui giornali, non ha mai presentato ricorso al Tar. Uno degli studi legali che offre questo servizio è quello che fa capo a Sirio Solidoro, con sede a Lecce e Bologna, così come segnalato sul gruppo (ma non c’è alcun legame né convenzione con l’avvocato). Sulla homepage del sito ufficiale dello studio legale si legge: «Ricorso contro gli esami di maturità in presenza e per lo svolgimento in modalità telematica». Si tratta di «un ricorso d’urgenza» al Tar a cui era possibile aderire fino al 25 maggio.

Dal sito web dello studio legale Solidoro

Contattato da Open, l’avvocato ha detto: «È una questione che stiamo seguendo» ma non ha voluto fornire i dati sul numero di docenti che avrebbero aderito all’iniziativa. L’altro avvocato nominato sul gruppo è Paolo Caserta che, al momento, non ha risposto alla nostra richiesta di contatto.

In che consiste il ricorso al Tar secondo lo studio legale Solidoro

«Vogliono risparmiare sulla nostra pelle?»

Al momento nessun ricorso al Tar nemmeno dalla Gilda Campania. Antonietta Toraldo, che è la coordinatrice regionale, ha confermato a Open che, proprio in questi giorni, «stanno valutando un ricorso con l’ufficio legale» ma che è più probabile che si proceda con una «contro-certificazione in cui i docenti dichiarano, nero su bianco, che non sono in grado di certificare quanto richiesto», ovvero che non abbiano il Covid-19.

La prof Toraldo, che insegna inglese a Napoli, fa sapere che molti docenti «presenteranno una certificazione in cui sosterranno di essere “lavoratori fragili”, con un’età superiore ai 55 anni e con patologie pregresse, come quelle respiratorie o il diabete». «Non misureranno né la febbre né verremo sottoposti ai test. Devo pensare forse che vogliano risparmiare sulla nostra pelle? Su quella di noi insegnanti e dei nostri studenti?».

Foto in copertina di repertorio: Tobias Schwarz per Afp | Ansa

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