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Non sarà troppo tardi per Immuni? I dubbi sull’app che per funzionare «dovrebbe essere scaricata da un italiano su due»

01 Giugno 2020 - 07:32 Valerio Berra
L'app doveva uscire a metà maggio, poi è stata rimandata a fine mese. Le ultime indiscrezioni parlano di un'uscita in giornata. Il vero ruolo di Immuni però potrebbe non emergere ora ma nella seconda ondata di contagi

Nel luglio del 2008 Steve Jobs ha aperto per la prima volta l’App Store. Tre mesi dopo è arrivata per gli utenti Android la prima versione del Google Play Store. È da quasi 12 anni che conviviamo con le app e chissà quante ne abbiamo scaricate, fra aggiornamenti, mode passeggere e cambiamenti di smartphone. È difficile però ricordarne una che abbia generato attorno a sé tanto rumore come sta facendo l’app Immuni, il progetto guidato dal ministero dell’Innovazione per il tracciamento dei contagi e il monitoraggio dell’epidemia di Coronavirus in Italia.

Per mesi le informazioni su quesa app si sono rincorse senza trovare (troppe) spiegazioni, soprattutto sulla data di uscita. All’inizio doveva essere a metà maggio, poi è stata spostata a fine maggio, poi a inizio giugno ma solo per tre regioni. Poi per sei, ma il Friuli ha deciso di sfilarsi. Nella serata di ieri l’indiscrezione di Ansa: il grande giorno dovrebbe essere oggi. Secondo l’agenzia di stampa, l’app si potrà trovare – a livello nazionale – negli store di Apple e Google in giornata, probabilmente dal pomeriggio. Ma, ricordiamolo, non c’è nessuna conferma ufficiale.

Il sistema vero e proprio che allerta chi è entrato in contatto con persone positive al Coronavirus non sarà disponibile ovunque, ma solo nelle regioni che sono incluse nella prima fase della sperimentazione. Non è del tutto chiaro quali regioni siano incluse in questo campione. Le prime tre coinvolte nella sperimentazione erano Liguria, Puglia e Abruzzo. In un secondo momento è stato deciso di estenderlo ad altre tre senza specificare quali. Sappiamo però che il Friuli-Venezia Giulia si è sfilato mentre le Marche hanno confermato la presenza.

Al netto delle aree geografiche, resta però una domanda. Ora che la Fase 2 è ampiamente iniziata, che fase più dura del lockdown è finita, che le persone hanno ricominciato a muoversi, uscire la sera e andare in vacanza, non sarà troppo tardi per l’app Immuni? Lo abbiamo chiesto agli esperti che nelle ultime settimane ci hanno accompagnato con Numeri in chiaro nell’analisi dei dati dell’epidemia.

In questa fase serve un’app per tracciare i contagi?

I dati delle ultime settimane parlano di un’epidemia in ritirata. Ieri, 31 maggio, i nuovi contagi in tutta Italia sono scesi sotto quota 400. Certo, come non citare il caso della Lombardia che sempre ieri ha registrato oltre la metà di tutti i nuovi contagi. Eppure in tante regioni non si contano più decessi da giorni e il numero di pazienti Covid-19 nelle terapie intensive sta arrivando allo zero.

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Ministero dell’Innovazione | Cosa succede se l’app Immuni rileva un contatto a rischio

L’epidemiologo Fabrizio Pregliasco spiega che con questi numeri il ruolo dell’app non sarà fondamentale ma testarla ora potrebbe essere importante per il futuro: «Se fosse arrivata prima, sarebbe stato meglio. L’app ora non sarà determinante ma contribuirà a tenere sotto controllo un problema che ci terrà compagnia a lungo. Nei prossimi mesi ci potrebbe aiutare a passare una buona estate, segnalando subito i contatti potenzialmente pericolosi».

L’importanza di Immuni però potrebbe cambiare con l’arrivo dell’autunno: «L’app potrebbe diventare fondamentale in caso di ricaduta. Da settembre potremmo avere una nuova fase di contagi, complice anche la diffusione dei virus stagionali. Avere un’app di tracciamento già testata e bene funzionante potrebbe essere così molto utile».

Quante persone devono scaricare Immuni affinché serva davvero?

Dopo le tempistiche, l’altro problema, quello più spinoso, riguarda invece il numero di persone che dovrebbero scaricare Immuni. Il matematico Giovanni Sebastiani ogni giorno dall’inizio dell’epidemia in Italia ha studiato la curva dei contagi. E partendo da questi dati ha valutato la soglia di persone che dovrebbero scaricare l’app su una quota parecchio alta.

Ansa | Il team di Bending Spoons, la software house milanese che si è occupata dello sviluppo di Immuni

Sebastiani cita uno studio condotto dall’università di Oxford a cui ha lavorato un altro italiano, l’esperto di big data Luca Ferretti: «Dagli studi pubblicati dall’università di Oxford si legge un valore fondamentale: l’app deve essere scaricata almeno dal 50% della popolazione per essere efficace».

Ma questo non basta. La notifica che avvisa l’utente di essere venuto a contatto con un contagiato deve arrivare entro 24 perchè ci sia un’incidenza reale sull’andamento dell’epidemia. Se infatti non viene fatta una verifica immediata con il tampone e non ci si mette in quarantena il rischio è quello di contagiare altre persone. Proprio per questo una notifica inviata due o tre giorni dopo renderebbe inconsistente il ruolo dell’app.

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