Coronavirus. Abbiamo testato per voi la app Immuni: ecco le prime impressioni

La partenza è buona. L’app è come ci si aspettava e i bug segnalati, almeno nelle prime ore, non sono molti. Qualche dubbio arriva però sul sistema di notifica

Semplice, chiara, molto attenta alla grafica e alla trasparenza con l’utente. La prima impressione che lascia Immuni è quella di un prodotto pensato per lasciare pochi dubbi a chi dovrà usarlo. Una risposta forse alle tante domande che hanno accompagnato il rilascio di questa applicazione, avvenuto solo nel tardo pomeriggio di ieri, 1 giugno, dopo l’approvazione del Garante della privacy. Dubbi legittimi, per uno strumento che ci dovrebbe accompagnare in questa Fase 2 dell’epidemia di Coronavirus.


L’app ora è disponibile. Si può scaricare direttamente dal sito immuni.italia.it. Qui sono disponibili le versioni per Android e iOS, i sistemi operativi di Google e Apple. È ancora in lavorazione quella per AppGallery, lo store di Huawei su Android che raccoglie applicazioni ottimizzate per i dispositivi prodotti dal marchio cinese. Sempre sul sito di Immuni è possibile trovare anche il codice sorgente, già pubblicato nei giorni scorsi su GitHub. C’è poi un pacchetto di grafiche per i media da cui arrivano le immagini che vedete in questo articolo, anche perchè l’app almeno su Android non permette di fare screenshot.


Cosa si può fare con l’app Immuni

Immuni | Home page e stato dell’app

Le sorprese sono poche. Sembra che Immuni sia esattamente come ci si aspettava. Dalla schermata iniziale si può accedere a due sezioni: Cosa puoi fare per proteggerti e Come funziona l’app. Nella prima sezione troviamo un riepilogo di tutte quelle norme che abbiamo imparato a conoscere in questi giorni, nella seconda invece una spiegazione più dettagliata di come funziona la tecnologia alla base del sistema di contact tracing di Immuni.

Entrando nelle Impostazioni si capisce meglio anche come funziona la parte legata al Sistema sanitario nazionale. Ogni volta che si apre la sezione Gestione dati viene generato un codice: è proprio questa la sequenza di numeri e lettere che il personale sanitario userà per segnalare sul registro pubblico di Immuni un paziente positivo al Covid-19. In questo modo tutte le persone entrate in contatto con lui potranno ricevere una notifica sulle loro app.

Immuni | La sezione Impostazione dell’app

Sempre nelle Impostazioni troviamo anche una sezione dedicata all’Informativa della privacy. Prima si approda su un recap con tutti i punti principali, come il tracciamento senza usare il Gps o cancellazione dei dati entro il 31 dicembre del 2020. E poi si può anche arrivare al documento integrale che contiene tutta l’informativa.

C’è solo un dubbio per la schermata principale: il messaggio sullo stato del servizio. Visto che Immuni non usa la geolocalizzazione, si deve impostare sia la provincia che la regione in cui ci si trova per permettere all’app di accedere al sistema sanitario. Digitando sia regioni che cominceranno i test l’8 giugno (Liguria, Puglia, Marche e Abruzzo) sia regioni che al momento sono escluse, il messaggio nella schermata iniziale indica sempre “Servizio Attivo”.

La notifica per il contatto avvenuto con un utente positivo

Immuni | La notifica di “esposizione a rischio”

Immuni funziona solo attraverso le notifiche dell’app. Non invierà sms, mail o altre forme di comunicazione digitale quando dovrà informare i suoi utenti di aver avuto un contatto con un paziente positivo. Una volta ricevuta questa notifica poi non ci sarà alcun obbligo. Starà alla responsabilità dell’utente mettersi in quarantena per evitare altri contagi e chiedere di fare un tampone al centro di riferimento più vicino al luogo in cui si trova.

I bug che sono stati segnalati nelle ultime ore su GitHub da chi sta provando l’applicazione sono pochi e riguardano soprattutto l’attività in background, cosa che però dovrebbe essere di competenza di Google e Apple. Uno però è interessante. Secondo la segnalazione dell’utente mirkocazzolla infatti nel codice della notifica ci sarebbe anche la data di quando sarebbe avvenuto il possibile contagio. Un’informazione che, in alcuni casi, potrebbe rivelare l’identità del paziente risultato positivo.

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