Coronavirus, il sindaco di Vo’: «Dal rischio default possono salvarci solo gli italiani: venite qui, siamo il paese più sicuro d’Italia» – L’intervista

Il primo cittadino di Vo’ si dice «preoccupato» per il suo comune, per le «fatture che sono già arrivate» e che andranno pagate presto: «Il governo ci aiuti, abbiamo evitato 30 morti»

«Ci siamo arrangiati con le nostre piccole risorse, abbiamo speso decine di migliaia di euro durante l’emergenza sanitaria del Coronavirus perché Vo’ Euganeo è stato chiuso due settimane in più degli altri. Abbiamo assicurato acqua e cibo a tutti i volontari che stavano da noi giorno e notte, abbiamo organizzato tre sedi per i tamponi che ci sono costate come tre tornate elettorali. Abbiamo rischiato 30 morti e, invece, con il nostro lavoro, siamo riusciti a limitare i decessi a 3. E adesso il governo non ci inserisce, nel decreto Rilancio, tra le “zone rosse” che beneficeranno di alcune risorse economiche».


ANSA/NIC OLA FOSSELLA Il sindaco di Vo’ Euganeo, Padova, Giuliano Martini

A parlare a Open è Giuliano Martini, farmacista e sindaco di Vo’ Euganeo – 3mila abitanti non lontano da Padova – «preoccupato» per il suo comune e per le «fatture che sono già arrivate» e che andranno pagate presto. Anche se le casse comunali di Vo’ sono state, in parte, svuotate dall’emergenza. Ora l’ultima carta, l’unico modo per sopravvivere, per far ripartire l’economia, in ginocchio, resta il turismo, e non quello “da virus” per farsi un selfie davanti alla facciata del Comune.


L’invito, infatti, è quello di andare in questo piccolo comune per una gita fuori porta, «per una cena, un gelato, una serata in agriturismo, per assaporare un vino (per ogni bottiglia venduta verrà devoluto un euro alla ricerca portata avanti dall’università di Padova, ndr). Ma, me lo lasci dire, venite ad abitare a Vo’, nel paese più sicuro d’Italia».

Prima zona rossa d’Italia, primo paese ad avere un morto per Covid

Vo’ Euganeo – che «non è menzionato nel decreto Rilancio dove invece sono previsti fondi per i comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza» e non, dunque, per la provincia di Padova – ha vissuto momenti drammatici. Prima zona rossa in Italia il 22 febbraio, primo paese ad avere un morto per Covid-19, un 77enne di Monselice. Settimane difficilissime (non si poteva né uscire né entrare dal comune) nell’attesa, poi, del dpcm che sarebbe arrivato circa due settimane dopo e che, di fatto, ha “blindato” tutta l’Italia.

«Ci aspetta un autunno difficile, sono preoccupato»

Senza l’aiuto del governo, però, ripartire non sarà facile. «Non potrò dare il via libera alle agevolazioni sulla Tari o su altri tributi comunali ai miei concittadini – dice Martini – Non posso venire incontro alle loro esigenze, a quelle delle attività commerciali, degli artigiani chiusi per mesi. Avremo un autunno difficile, sono preoccupato, gli introiti ovviamente diminuiranno e se i miei cittadini non hanno i soldi per pagare le tasse… Insomma, hanno sofferto più degli altri in un comune dove erano aperti solo tre piccoli supermercati, il municipio e due farmacie (di cui una di sua proprietà, ndr). Pensi che non abbiamo avuto nemmeno farmacisti di supporto, abbiamo lavorato giorno e notte per la nostra comunità» spiega il primo cittadino di Vo’.

«Nessun riconoscimento ai nostri medici»

ANSA/NICOLA FOSSELLA | Vo’ è un comune di 3mila abitanti

«Noi abbiamo fatto la nostra parte. Tre dei nostri medici di base sono finiti in quarantena fiduciaria, uno di loro in ospedale per Covid-19. E a loro nessun riconoscimento, nessun senso di gratitudine» ha aggiunto. Il riconoscimento, invece, è arrivato per i tre giovani medici in trincea, Mariateresa Gallea, Paolo Simonato e Luca Sostini che, senza pensarci un attimo, hanno sostituito i tre colleghi di medicina generale di Vo’, rimasti a casa. Loro, poi, sono stati nominati Cavalieri al merito della Repubblica dal Capo dello Stato Sergio Mattarella.

I costi eccessivi per il piccolo comune di Vo’

ANSA/NICOLA FOSSELLA | Screening sanitario a Vo’

Ma perché costi così elevati chiedono dalle fila dell’opposizione, da dove, tra l’altro qualcuno dice che le spese dovevano essere discusse prima? Martini non si scompone e, anzi ci spiega che a costare di più sono stati «i 12 posti di blocco con tanto di fornitura di blocchi in cemento armato, i bagni chimici per i militari, il gasolio per il gruppo elettrogeno, le tre sedi dove effettuare i tamponi, con oltre 70 persone che garantivano il servizio. Volontari che ovviamente andavano rifocillati con cibo e acqua. Un costo paragonabile a tre tornate elettorali per un comune piccolo come il nostro. O forse volevamo farli morire di fame? Non potevamo di certo mandarli a casa con la gola secca».

Foto in copertina: ANSA/NICOLA FOSSELLA Vo’ nei giorni del posto di blocco

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