Un altro attore si aggiunge al conflitto libico. Il parlamento egiziano ha dato il via libera – su richiesta del presidente Abedl Fattah al-Sisi – all’invio di truppe in Libia. Da tempo il presidente egiziano minacciava un intervento in Libia per arginare le perdite di Khalifa Haftar, alleato del Cairo nel conflitto libico, e respingere la presenza turca nel Paese a supporto del rivale Fayez al-Sarraj. Al-Sisi sembra intenzionato a riprendere Sirte, ora in mano al Governo di unità nazionale guidato da Sarraj e riconosciuto – oltre che dall’Onu e dall’Italia – anche da Ankara.
Il via libera del parlamento ad al-Sisi arriva a pochi giorni dall’incontro tra il presidente egiziano e i leader tribali libici al Cairo. Durante il meeting, spiega il quotidiano egiziano al Ahram, le forze armate egiziane sono state invitate «a intervenire per proteggere la sicurezza nazionale della Libia e dell’Egitto». Il presidente egiziano ha ribadito che il suo Paese non «sarebbe rimasto inattivo rispetto al superamento del fronte di Sirte e Jufra».
La città di Sirte e la base aerea militare di Jufra sono attualmente controllate dalle milizie di Khalifa Haftar, sostenuto dal Cairo. Ma il generale della Cirenaica il mese scorso è stato costretto a una progressiva ritirata verso est, spinto dalle forze armate fedeli al governo di Tripoli e sostenute dalla Turchia.
Solo lunedì Stephanie Williams, a capo della missione Onu di sostegno in Libia, ha chiesto un «cessate il fuoco immediato per risparmiare 125mila civili che rimangono in pericolo e per porre fine alle palesi violazioni dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite». E mentre qualche settimane fa il premier Giuseppe Conte ribadiva l’importanza del Cairo come partner strategico nel dossier libico, ora al-Sisi, dopo aver negato risposte sulla morte di Giulio Regeni, è pronto a portare le sue istanze anche in Libia. Un’altra scelta che alza la tensione tra Egitto e Italia.
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