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Scostamento di bilancio, via libera da Senato e Camera. A Palazzo Madama il governo arriva a quota 170 «sì» (ne servivano 160)

29 Luglio 2020 - 20:16 Redazione
Con 169 voti favorevoli e 137 voti contrari, il Senato ha approvato anche la risoluzione di maggioranza sul Programma nazionale di riforma 2020

Con 170 «sì», 4 contrari e 133 astenuti, il Senato ha dato il via libera al terzo scostamento di bilancio per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Venticinque miliardi di euro indispensabili per prorogare la cassa integrazione e per i sussidi che il governo Conte vuole erogare nella seconda metà dell’anno. La cifra si aggiunge ai 20 e ai 55 miliardi di scostamento già autorizzati dal parlamento nei mesi di marzo e aprile.

In base all’articolo 81 della Costituzione, per ottenere uno scostamento di bilancio è necessaria la maggioranza assoluta in un voto di entrambe le Camere. Se alla Camera, i deputati di Movimento 5 stelle, Partito democratico, Liberi e uguali e Italia Viva sono più che sufficienti per raggiungere i 316 voti necessari, al Senato erano necessari 160 voti per il via libera al nuovo scostamento di bilancio. Ne sono entrati 10 di più. Anche l’Aula della Camera ha dato l’okay alla risoluzione di maggioranza che autorizza lo scostamento dal pareggio di bilancio. I voti a favore sono stati 326, un voto contrario, 222 gli astenuti. Era richiesta la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea.

Il Senato ha poi dato il via libera anche al Pnr. Con 169 voti favorevoli e 137 voti contrari, è stata approvata la risoluzione di maggioranza sul Programma nazionale di riforma 2020. Nelle dichiarazioni di voto, i partiti di centrodestra avevano annunciato il loro «no», zero gli astenuti. Come aveva detto Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, nelle dichiarazioni di voto sul nuovo deficit e sul Pnr: «Sullo scostamento il nostro sarà un voto di astensione mentre sul Pnr il voto sarà contrario». E così è stato.

Fratelli d’Italia: «Sullo scostamento ci asteniamo»

Nella notte era andata in crescendo l’opzione dell’astensione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, confermata poi da quest’ultimo partito durante le dichiarazioni di voto a Palazzo Madama: «Noi dovremmo votare contro il provvedimento, ma per senso dello Stato e di responsabilità nei confronti del Paese non lo faremo. Per questo il voto di FdI sarà di astensione sullo scostamento e contrario al Pnr», ha detto il senatore di FdI, Nicola Calandrini. «Quale fiducia possiamo avere – ha proseguito – se avete dilapidato gran parte dei 75 miliardi di scostamento già ottenuti? Se il governo facesse tutto quello che ha anticipato noi saremmo al suo fianco, ma l’esperienza del recente passato ci fa temere che non farete nulla di tutto ciò che ci ha appena elencato. Sono solo roboanti annunci».

La stampella dal gruppo Misto

Giuseppe Conte poteva contare su 153 senatori dei partiti di maggioranza. A questi, si dovrebbero sommare i voti di sei onorevoli del gruppo per le Autonomie, tra cui Gianclaudio Bressa, Pier Ferdinando Casini e gli eletti dell’Svp, più i componenti del gruppo Misto, tra cui l’indipendente di sinistra Sandro Ruotolo, i due senatori del Movimento associativo italiani all’estero e alcuni ex grillini. Se nei due precedenti scostamenti di bilancio il tema della maggioranza assoluta non si era posto perché le opposizioni avevano votato con la maggioranza, adesso i numeri sono più incerti.

La lettera aperta al governo

«Non consentiremo che il denaro dei nostri figli sia sperperato in operazioni assistenziali o addirittura clientelari mentre il Paese soffre». Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni prima del voto hanno inviato una lettera aperta a Conte attraverso le pagine del Sole 24 Ore. I leader del centrodestra, sempre riguardo allo scostamento di bilancio, hanno chiesto che venissero accolte le loro proposte su fisco, lavoro e giustizia sociale, rimarcando che incidere sul deficit è un’operazione grave. Per questo, la terza volta in meno di un anno in cui si interviene sul bilancio, l’opposizione ha deciso di non garantire aprioristicamente il proprio appoggio.

Fisco

«Lei, Presidente Conte – prosegue la lettera -, finora non si è espresso su come l’esecutivo intenda impiegare queste nuove ingenti risorse. Ci aspettiamo che il governo lo faccia in aula e sulla base di questo l’opposizione unita deciderà come comportarsi. Lo decideremo in base alla disponibilità ad accogliere alcune proposte che consideriamo imprescindibili, per restituire una speranza alle categorie economiche in difficoltà».

Sul fisco, il centrodestra chiede l’esenzione, per gli esercenti di attività di impresa, arte o professione soggetti agli Indici sintetici di affidabilità, dal versamento del secondo acconto Irpef/Ires per l’anno 2020. La riduzione del 30% dei coefficienti di calcolo Imu, l’esenzione dall’imposta municipale per i comuni con una popolazione inferiore ai 3.000 abitanti e per gli immobili commerciali e produttivi sfitti rientranti nella categoria C.

Lavoro

«Riconosciuta l’esigenza di prorogare la cassa integrazione ordinaria e in deroga, le cui scadenze vanno allineate con quelle del blocco dei licenziamenti, consideriamo indispensabile che a tutela del lavoro si intervenga anche con misure che premino gli imprenditori che mantengono i livelli occupazionali», hanno scritto i tre leader dell’opposizione.

La loro proposta prevede la riduzione del 50% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per le aziende colpite dalla crisi e che non riducono il numero di occupati. Inoltre, l’opposizione chiede la sospensione del decreto Dignità e la reintroduzione dei voucher per tutti i settori, compresi i voucher familiari, almeno per l’anno solare in corso.

Giustizia sociale

L’ultimo punto della lettera di Salvini, Berlusconi e Meloni si concentra sulla giustizia sociale. I tre chiedono «l’immediata attuazione della sentenza della Corte Costituzionale che chiede l’adeguamento delle pensioni di invalidità».

E concludono mettendo in guardia il governo sul voto di oggi: «Se dalla risposta che verrà data alle Camere ci renderemo conto che il voto che ci viene chiesto è destinato ad avere effetti costosi e improduttivi, funzionali soltanto alla ricerca del consenso per i partiti della maggioranza, in questa caso sarà proprio l’interesse nazionale ad impedirci di votare lo scostamento».

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