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Esplosione nel porto di Beirut: il ruolo del nitrato di ammonio non trova concordi gli esperti

05 Agosto 2020 - 18:05 Juanne Pili
Sono ancora tanti gli interrogativi su come sarebbe avvenuta l'esplosione

A seguito delle esplosioni avvenute nel porto di Beirut il 4 agosto, attribuite alla presunta presenza di 2750 tonnellate di nitrato di ammonio, sono circolate voci di un possibile attentato, a stretto giro smentite da alcuni funzionari del Pentagono. Si conterebbero – secondo diverse fonti – circa 300mila persone senza casa, oltre 100 vittime e 4mila feriti, tra cui alcuni militari italiani della missione Onu Unifil.

Il sequestro di un carico sospetto nel 2013

Nel porto sarebbero stati presenti ingenti quantità di nitrato di ammonio, lì da almeno sei anni e di cui sarebbe stata chiesta da tempo la rimozione. Sono in corso accertamenti sulle effettive cause della detonazione: i materiali diffusi nell’aria potrebbero avere inoltre effetti pericolosi sulla salute della popolazione, anche a lungo termine. La presenza di questa sostanza, che mischiata ad altre può essere esplosiva, si dovrebbe al carico sequestrato a una nave nel porto di Beirut nel settembre 2013. Questo materiale, di norma utilizzato come fertilizzante, non è una novità per chi si occupa di attentati terroristici.

Quindi non dovrebbero esserci dubbi sul ruolo del nitrato d’ammonio. O forse no?

Le perplessità sul nitrato di ammonio

Nick Waters è un ex ufficiale dell’esercito britannico. Solitamente si occupa di analisi riguardanti l’attività di intelligence e la sicurezza. Il 4 agosto compare su bellingcat un suo articolo sui fatti di Beirut. Secondo l’autore il collegamento col carico di nitrato d’ammonio deriverebbe da tweet poi eliminati, che hanno ispirato i resoconti di diversi media libanesi. Altri riferimenti riportati anche su Aljazeera individuano il carico sequestrato dall’autorità doganale nel 2013. Una foto in particolare mostra dei sacchi con l’etichetta NITROPRILL, che secondo Waters potrebbero far riferimento a una società brasiliana denominata Nitro Prill Bombeamento de Explosivos.

«Il design delle finestre – continua l’ex ufficiale – dei lucernari e delle marcature delle porte del magazzino sembrano corrispondere a quelli dei magazzini nel porto di Beirut, indicando che questa foto è stata probabilmente scattata lì, anche se non è stato possibile confermare esattamente quale magazzino questa foto raffigura».

Da un lato questi riferimenti ci aiutano a escludere le ipotesi riguardo a una bomba nucleare, o all’attività di una base missilistica di Hezbollah. Dall’altro questi indizi non sembrano sufficienti a dare un contesto temporale preciso. Al momento, da parte del Governo libanese, non vi sarebbero spiegazioni ufficiali sulle cause della detonazione.

I sacchi di NITROPRILL associati al carico sequestrato nel 2013.

Pellegrino Conte è un professore di chimica dell’università degli studi di Palermo, membro dell’associazione di scienziati e debunker Patto trasversale per la scienza (Pts), da noi già consultato per l’analisi della nube di anidride solforosa registrata a Wuhan, collegata a una presunta attività di cremazione delle vittime dovute alla Covid-19. Abbiamo contattato il Professore proprio mentre era intento a svolgere una analisi basata sui dati trapelati sui media, i cui risultati sono ora disponibili sul suo blog.

«Supponendo che sia vero il collegamento col nitrato d’ammonio – spiega il Professore – sappiamo che quando si decompone ad alta temperatura, può dar luogo a diverse reazioni: porta alla formazione di protossido di azoto, incolore; l’altra prevede la formazione di azoto molecolare e ossigeno. Non sono un esperto di esplosioni. Posso solo basarmi sui dati presentati nei media e vedere se da un punto di vista chimico hanno qualche significato. È possibile vedere qualche indizio anche in un documento presente nel sito dei vigili del fuoco, su incendi ed esplosioni».

«Un chilogrammo di nitrato di ammonio – continua Conte – genera una pressione di circa 5200 Bar. Vale a dire più di cinquemila volte la pressione al livello del mare. Facendo i conti con le circa tre tonnellate di nitrato di ammonio che sarebbe stato presente nel porto di Beirut, si arriva a generare una pressione per litro di circa 1.6 x 10^10 bar/L. Questo spiegherebbe quella deflagrazione così potente. Per quanto riguarda la formazione della nube emessa, io l’ho attribuita alla pressione del vapore emesso; come succede con gli aerei supersonici, che con la loro onda d’urto comprimono le molecole d’acqua in atmosfera. Questo è quel che potrebbe essere verosimilmente accaduto».

«Non so però – non essendo un esperto di esplosivi – quanto nitrato d’ammonio occorrerebbe per ottenere questo effetto nella realtà. Perché si possa avere una deflagrazione è necessario superare certe temperature, quindi fino a 250 gradi (per esempio in caso di incendio) si produce il protossido di azoto; oltre quella temperatura si producono determinati gas».

Però come ci si arriva? «Tutto questo si potrebbe spiegare con un attentato o con un cortocircuito, che ha innescato prima un incendio e poi l’aumento di temperatura. Chiaramente, al momento non possiamo escludere che la detonazione fosse dovuta ad altri materiali. Parliamo di un deposito dove potrebbe trovarsi di tutto, tra gas e altri materiali esplosivi. Tutto un insieme di cose che, assieme al nitrato d’ammonio, potrebbero aver generato l’esplosione».

Per quanto riguarda invece i colori visibili, questi potrebbero spiegarsi con altri fenomeni. Per esempio, il rossiccio della nube visibile in alcune foto si potrebbe spiegare con la formazione di biossido di azoto? «Il rosso mattone, in particolare, è anche il colore dell’emissione alla fiamma di alcuni metalli – dice il Professore – quindi non necessariamente è dovuto a biossido di azoto. Può essere qualsiasi cosa».

(Photo by Janine HAIDAR / AFP) (Photo by JANINE HAIDAR/AFP via Getty Images) | Lebanon blast.

Danilo Coppe è un esperto di demolizioni controllate, già consulente di Paolo Attivissimo nel debunking delle tesi di complotto sull’11 Settembre, ha lavorato all’ultima perizia sulla bomba della strage di Bologna e alla demolizione del Ponte Morandi. In una intervista rilasciata a Fanpage esprime scetticismo riguardo al ruolo del nitrato di ammonio.

«No, macché nitrato di ammonio – afferma l’esperto – Quello per me era un deposito di armamenti, non c’entra il nitrato di ammonio … Il nitrato di ammonio fa del fumo giallo e lì si vede arancione e rosso, primo. Secondo: non erano 2.700 tonnellate, perchè se fossero state 2.700 tonnellate, voleva dire più di 100 container di nitrato di ammonio. E 100 container non esplodevano in simultanea così, perchè il nitrato di ammonio da solo se ne sta bravo».

Insomma, stando alle immagini, l’esplosione non dovrebbe collegarsi a 2700 tonnellate di «fertilizzante», che richiederebbero il coinvolgimento di un centinaio di container contemporaneamente. 

Foto di copertina: A picture shows the scene of a huge explosion that rocked the Lebanese capital Beirut on August 4, 2020. – A large explosion rocked the Lebanese capital Beirut on August 4, an AFP correspondent said. The blast, which rattled entire buildings and broke glass, was felt in several parts of the city. (Photo by Janine HAIDAR / AFP) (Photo by JANINE HAIDAR/AFP via Getty Images).

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