Corsi anche il sabato e aule al 50%: ecco come ripartirà l’università in autunno

Ad anticipare le misure è il ministro Gaetano Manfredi in un’intervista al Quotidiano nazionale

Difficilmente l’università sarebbe potuta ripartire a settembre completamente in presenza, come di consueto. Se la Fase 1 e la Fase 2 dell’epidemia da Coronavirus sono state all’insegna della didattica a distanza e perfino gli esami e le cerimonie di laurea online, la Fase 3 vedrà un ritorno a un sistema misto. A dirlo è il ministro per l’università Gaetano Manfredi in un’intervista al Quotidiano Nazionale.


Lezioni anche di sabato

«Ci sarà una ripresa della didattica in presenza, con un’occupazione delle aule al 50% – spiega il ministro -. Questo ci obbligherà a creare dei turni e a un allungamento del periodo didattico al sabato». La didattica a distanza, però, non va archiviata come un’esperienza fallimentare, argomenta Manfredi: «L’esperienza, considerata l’emergenza, va giudicata positiva, ma certo stare in aula e interagire è cosa molto diversa. Questo è il motivo per cui ho sollecitato gli atenei a tornare alle lezioni in presenza».


Riduzione iscritti: pronti 300 milioni

Preoccupa il calo nella riduzione degli iscritti. Per fronteggiarla il ministero è pronto è investire più di 300 milioni. In precedenza, Manfredi aveva anche ipotizzato che una quota del Recovery fund europeo – pari a circa una decina di miliardi di euro – potesse essere utilizzata per questo fine. Investire per abbassare le tasse «con la conseguenza – continua il ministro – che la metà degli iscritti non paghi o abbia forti sconti rispetto all’anno precedente. E poi borse di studio e sostegno per colmare il digital divide».

Capitolo ricerca

Cosa fare invece per incentivare la ricerca, visto anche che il numero di borse di specializzazione contenute nel Decreto Rilancio è inferiore rispetto alle aspettative? «Quest’anno saranno 13.400, vale a dire 5.400 in più rispetto all’anno scorso», dichiara Manfredi. Sul fronte dei dottorati il ministero pensa anche a un «investimento grande», da finanziare usando le risorse del Recovery fund. «Dobbiamo portare il numero dei dottorandi alla media europea – conclude il ministro – l’Italia spende meno rispetto ai Paesi Ocse».

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