Il vaccino Sputnik V non è affatto pronto. Propaganda di Putin? La comunità scientifica parla chiaro

La Russia vuole sottoporre il suo popolo a un esperimento non dichiarato? Tutte le ipotesi sullo Sputinik V, dalla propaganda ai sospetti di spionaggio

Come potevamo aspettarci, la Comunità scientifica non è rimasta piacevolmente impressionata dall’annuncio in pompa magna da parte di Vladimir Putin del vaccino Sputnik V (Gamaleya Institute), sbaragliando tutti gli osservatori internazionali, compresi i gruppi NoVax, che secondo alcuni analisti informatici sarebbero stati aizzati da anni da Mosca sui Social network allo scopo di esacerbare le divisioni politiche nei Paesi occidentali.

Il vaccino utilizza un vettore virale (adenovirus) per trasportare un frammento di codice genetico contenente le informazioni per produrre l’antigene del nuovo Coronavirus. Si tratta di una tecnica usata anche da altre case farmaceutiche occidentali, alcune giunte alle fasi più avanzate della sperimentazione. 

È possibile che Putin possa affermare di avere già un vaccino sicuro – nonostante non sia ancora andato oltre la prima fase di sperimentazione – perché avrebbe a disposizione informazioni riguardo ad altri vaccini, che intanto sono passati alle fasi più avanzate di sperimentazione? Oppure si tratta solo di una mossa di propaganda? Difficile rispondere a queste domande oggi, anche se la seconda ipotesi appare più plausibile; ma sarebbero del resto superflue: oggi nessuno sa quale potrebbe essere il vaccino anti-Covid definitivo.

È vero che tutte le case farmaceutiche impegnate centellinano le informazioni riguardo ai risultati dei loro trial, ma non siamo nemmeno tenuti del tutto all’oscuro. Intanto anche i ricercatori russi manifestano seri dubbi sulla sicurezza di Sputnik V, e lo fanno usando il megafono della prestigiosa rivista Nature. Tutte le perplessità in seno alla comunità scientifica vengono riportate anche dalla altrettanto autorevole Science.

Perché non si può essere sicuri di un vaccino alla prima fase di sperimentazione

Annunciare di avere il primo vaccino anti-covid, chiamandolo come un satellite che rappresentò una delle più importanti vittorie sovietiche nella corsa allo Spazio, non lo rende necessariamente efficace e sicuro. Il problema non è solo quello di dare alla popolazione un rimedio fasullo, esponendola a una seconda ondata pandemica (oltre a farne mere cavie di un esperimento non dichiarato in larga scala); ma di evitare i potenziali eventi avversi, come il famigerato ADE (Antibody Dependent Enhancement), ovvero l’eventualità che un «potenziamento anticorpale» aiuti il virus nella sua infettività, trasformando le cellule del sistema immunitario in ospiti preferenziali del patogeno.

Per questo motivo, dopo la fase delle analisi nelle colture a seguito dell’isolamento del virus, si passa alla sperimentazione su animali vicini a noi per il loro organismo, come i macachi utilizzati da Oxford e AstraZeneca. Infine si deve arrivare alla sperimentazione umana.

Questa deve essere compartimentata almeno in tre tappe, chiamate «fasi». Inizialmente, nella fase 1, i volontari sottoposti al vaccino sono qualche decina di persone, generalmente del personale medico; se tutto va bene allora si passa alle fasi 2 e 3, coinvolgendo sempre più persone; confrontando i risultati con gruppi di controllo, a cui viene somministrato in doppio cieco un placebo. 

Per questo, anche se abbiamo notizie di vaccini considerati promettenti, necessitiamo di molto tempo prima di essere certi di poterne somministrare uno a tutti. Così i dubbi degli esperti sugli annunci di Mosca non si sono fatti attendere. Se Putin intende mantenere la parola, significherebbe che vuole esporre un’intera popolazione a un esperimento non dichiarato, senza essere in grado di escludere potenziali eventi avversi. Davvero sarebbe disposto a farlo?

Le critiche della comunità scientifica

Svetlana Zavidova, a capo dell‘Associazione russa delle organizzazioni di sperimentazione clinica, spiega su Nature che «è ridicolo, ovviamente, ottenere l’autorizzazione sulla base di questi dati». Vista la mancanza del superamento di una sperimentazione di fase 3, che coinvolgerebbe migliaia di volontari, risulta piuttosto avventato presentare Sputinik V come il vaccino definitivo, che ci salverebbe dalla pandemia. «Non credo che il nostro sistema di monitoraggio della sicurezza sia il migliore», aggiunge la scienziata.

Detto dalla maggiore autorità russa in materia di sperimentazione clinica in una rivista piuttosto selettiva come Nature, fa il suo effetto. Zavidova non dev’essere certo l’unica nella sua Associazione a pensarla in questo modo, ed è in buona compagnia anche all’estero. Nature nell’articolo firmato da Ewen Callaway (autore assieme a David Chyranoski di diverse importanti analisi sul SARS-CoV2), raccoglie le critiche di diversi esperti internazionali. 

Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’articolo di Jon Cohen su Science. L’unica sperimentazione clinica nota (si fa per dire, non essendoci ancora uno studio) è quella riguardante 76 persone, reclutare in maniera non randomizzata. Erano stati selezionati infatti, appositamente da «un piccolo gruppo di cittadini appartenenti a gruppi vulnerabili», spiega Cohen, «compreso il personale medico e gli anziani».

Stando però alle poche informazioni a nostra disposizione, al netto degli annunci propagandistici, il vaccino non dovrebbe essere utilizzato prima del gennaio 2021. Questo come vedremo, sembra contraddire le iniziali affermazioni rilasciate dallo stesso Ministro della salute russo. 

«Scienziati di tutto il mondo hanno immediatamente denunciato la certificazione come prematura e inappropriata – continua l’autore – poiché il vaccino Gamaleya deve ancora completare una sperimentazione che dimostra in modo convincente che è sicuro ed efficace in un ampio gruppo di persone».

Cohen cita anche Zavidova e il suo appello al ministero della salute, affinché rimandasse la registrazione del vaccino, fino a quando non fossero emersi dati più certi in fasi più avanzate di sperimentazione.

L’ombra dello spionaggio russo

Accennavamo all’ipotesi (non verificata), che i russi avessero a disposizione informazioni inedite riguardo ad altri vaccini sperimentati in Occidente. Effettivamente, oltre ai troll russi nei gruppi NoVax, potrebbero essere stati mobilitati anche gli hacker del gruppo APT29, allo scopo di sabotare le aziende coinvolte nella corsa al vaccino anti-Covid.

Ad affermarlo sono gli 007 del National Cyber Security Centre del Regno Unito in un report pubblicato un mese fa, assieme ad altre Agenzie occidentali, come la National Security Agency (NSA) americana. 

«Il National Cyber Security Center (NCSC) del Regno Unito e il Communications Security Establishment (CSE) canadese valutano che APT29 (noto anche come “i duchi” o “Orso accogliente”) è un gruppo di spionaggio informatico, quasi certamente parte dei Servizi di intelligence russi – recita l’introduzione del report – La National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti concorda con questa attribuzione e i dettagli forniti in questo rapporto […] Per tutto il 2020, APT29 ha preso di mira varie organizzazioni coinvolte nello sviluppo del vaccino COVID-19 in Canada, Stati Uniti e Regno Unito, molto probabilmente con l’intenzione di rubare informazioni e proprietà intellettuali relative allo sviluppo e alla sperimentazione dei vaccini COVID-19».

Gli analisti non escludono che i dati sui vaccini in fase di sperimentazione possano essere stati “sbirciati” dal governo russo, ma non ne hanno le prove.

Del resto tutti i Paesi coinvolti hanno dei Servizi di intelligence e tutti siamo perfettamente in grado di copiarci a vicenda. Al momento l’ipotesi più plausibile resta quella dell’avventata mossa di propaganda. Secondo quanto avrebbe affermato il ministro della salute Oleg Gridnev, la somministrazione massiccia alla popolazione sarebbe stata prevista per ottobre, parallelamente a ulteriori sperimentazioni, accennando a una «terza e ultima fase» non meglio chiarita.

«I test sono estremamente importanti – continua Gridnev – Dobbiamo essere certi della sicurezza del farmaco. Il vaccino verrà somministrato prima di tutto ad anziani, insegnanti e operatori sanitari. Stiamo velocizzando le ultime fase dei test per far sì che sia disponibile per la maggior parte dei cittadini in autunno».

Non ci resta che attendere – e sperare – che i russi non vengano usati inconsapevolmente come cavie, in un pericoloso quanto non necessario esperimento su larga scala, sacrificati alla campagna di propaganda del proprio Capo di stato.

Nella salute come nell’informazione, non è importante arrivare prima, quanto portare risultati concreti e aperti alla confutazione.

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