Effetto Coronavirus: i reati diminuiscono, ma col lockdown aumentano i femminicidi

Dopo le prime settimane di serrata, sono aumentate le richieste di aiuto da parte di donne che a causa dell’emergenza sanitaria si sono trovate bloccate in casa con il proprio aggressore. Ma questo non si è tradotto automaticamente in un aumento nelle denunce

Il lockdown non è stato facile per tutti gli italiani. E non lo è stato in particolar modo per le donne. Lo confermano gli ultimi dati del Viminale presentati in occasione della tradizionale conferenza stampa di Ferragosto. Se dal 1 agosto 2018 al 31 luglio 2019 sono diminuiti i reati di ogni specie (tranne quelli informatici, aumentati del 20%) – come ha sottolineato la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – il 70% dei 149 omicidi commessi in ambito familiare ha avuto donne come vittime: un valore che è arrivato a 75,9% durante il periodo di lockdown.


Aumentano le richieste d’aiuto, ma diminuiscono le querele

Si tratta di una realtà più volete denunciata, anche nel primo mese del lockdown, da diverse associazioni, come D.i.Re, Donne in Rete (la rete dei centri antiviolenza), che proprio a marzo ha registrato una crescita esponenziale rispetto all’anno precedente (+74%). Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha voluto lanciare l’allarme – globale, perché non si tratta di un fenomeno soltanto italiano – esprimendo preoccupazione anche per il gran numero di episodi che restavano nell’ombra.


Ed è stato proprio questo il grande paradosso del periodo del lockdown: nonostante l’aumento dei casi – come certificano i dati di oggi del Viminale sui femminicidi – sono diminuite le denunce. In un primo momento, erano anche diminuite le richieste di aiuto. Secondo le statistiche di Telefono Rosa, nelle prime due settimane di marzo le telefonate sono diminuite del 55,1% rispetto al 2019, passando a 496 dalle 1.104 dell’anno precedente. Anche D.i.Re ha riportato un calo simile.

Poi, da fine marzo in poi, le richieste di aiuto sono tornate a salire: oltre il doppio ad aprile – 1.039 contro le 397 dello stesso periodo del 2019 – secondo il numero anti-violenza e anti-stalking 1522. Un aumento che l’Istat ha attribuito in parte anche alle campagne di sensibilizzazione sul tema.

Le denunce però non sono aumentate. Sempre l’Istat a maggio ha riportato un calo del 43,6% delle denunce per maltrattamenti in famiglia; del 33,5% per gli assassini di donne, e dell’83,3% delle denunce per femminicidi da parte del partner. Una tendenza a non denunciare che può essere attribuita in parte alle restrizioni di mobilità legate al Covid, la difficoltà di guadagnarsi un momento di privacy o di allontanarsi dalla propria casa.

Così ha argomentato il Consiglio superiore di magistratura, che a inizio giugno ha emanato delle linee guida per le violenze sulle donne durante l’emergenza sanitaria. Le procure avrebbero dato la priorità a questi casi, anche durante il lockdown, ma la situazione ha presentato fin da subito delle chiare difficoltà.

A partire dall’autodichiarazione: cosa avrebbero dovuto scrivere le donne che lasciavano casa perché temevano per la propria incolumità fisica a causa del proprio congiunto? Una domanda che – in un primissimo momento del lockdown – il governo non si era posto, correndo poi ai ripari in un momento successivo dopo che i centri antiviolenza e i movimenti femministi avevano sollevato il problema.

Foto di copertina: ANSA/DANIELE MASCOLO | Un momento dell’iniziativa “Muro delle bambole” in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, Milano, 25 novembre 2014.

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