Dai banchi triangolari al trasporto in bicicletta, le idee delle scuole per il rientro fai da te

Dal piccolo centro sardo di Villasor che disporrà le aule “a isola”, passando per Giulianova dove si sperimenta il trasporto alternativo, passando per il piano B del Friuli, storie di insegnanti, presidi, genitori e studenti che hanno scelto di organizzarsi da soli

Si stanno preparando come possono le scuole italiane alle prese con l’emergenza Coronavirus. Propongono idee, vagliano ipotesi, trovano soluzioni. Lavorano al rientro col fiato corto di chi spera che la corsa alla messa in sicurezza sortisca gli effetti desiderati, accettando di vivere il momento da sempre positivo della ripartenza come quello più temuto. Un momento, quello del rientro, che fino a qualche tempo fa si auspicava potesse essere anche uno dei sintomi del ritorno alla vita normale, ma che oggi continua a presentarsi come uno dei punti più critici di una fase pandemica pericolosamente in ripresa. E così, gli istituti dei piccoli e grandi centri italiani lavorano alla riapertura, con esperimenti e progetti differenti, a seconda delle esigenze di territori, famiglie e ragazzi anche senza aspettare gli interventi del ministero. Il tutto seguendo le linee guida non poco impegnative che il Cts (Comitato tecnico scientifico) ha stabilito, per far sì che la scuola possa scongiurare la temuta nomea di futuro focolaio.


Banchi come isole

Negli istituti primari e secondari di Villasor, piccolo comune sardo in provincia di Cagliari, ad esempio, i banchi verranno disposti in modalità singola ma anche e soprattutto “a isola”. La particolarità sta nella forma a triangolo che, come racconta il sindaco del piccolo centro, «già da qualche tempo è stata adottata dagli istituti», con un ottimo riscontro da parte dei ragazzi. Nel post su Facebook il sindaco Massimo Pinna spiega i nuovi provvedimenti, ricevendo qualche commento perplesso sui banchi triangolari «alla Start Trek», come qualcuno ha scritto. Di tutta risposta le testimonianze dei genitori confermano di sentirsi più tranquilli, soprattutto nella modalità di disposizione a isola. Distanziamento rispettato, insieme ad una socialità che in questo modo non scompare del tutto.


«A Villasor abbiamo sposato il progetto “Scuola senza zaino”, un approccio allo stare in classe che ripensa gli spazi e quindi anche la possibilità di stare in aula in sicurezza» spiega il sindaco, che racconta di aver ampliato la presenza dei banchi a isola, finora nelle scuole dell’infanzia e in più piccola parte nella scuola primaria, ora anche per le medie, e in maniera ampliata per le elementari.

Dalla pagina Facebook del sindaco Pinna esempio di banco triangolare o “a spicchio”

Sugli orari il plesso di più istituti del centro di Villasor sembra convinto di una gestione a scaglioni. «Per le scuole medie, il primo gruppo, composto da 9 classi più o meno di una ventina di ragazzi, entrerà alle 8 in punto», spiega il sindaco, «a questi succederanno gli altri ingressi con una distanza di dieci minuti. Stessa cosa per le elementari». Diverso discorso per la sezione a indirizzo musicale, essendo previsto un rientro settimanale a scuola, «si è pensato ad un’ala specifica e dedicata dell’istituto». Orari a scaglioni anche per la mensa. Nonostante le cucine interne alle scuole, il sindaco si tiene pronto anche all’eventuale necessità di monoporzioni pre-confezionate, che andranno a sostituire lo sporzionamento fatto al momento. «Anche per il servizio mensa» spiega Pinna, «abbiamo pensato ad orari scaglionati, almeno due». Il pranzo prima vissuto tutti assieme, ora sarà suddiviso in più turni per la necessità di posti distanziati, «i nostri tavoli da otto bambini ora ne ospiteranno quattro» spiega il sindaco.

Bicibus e Pedibus, i trasporti alternativi che rispettano le prescrizioni

Il bus a due ruote dei bambini che aderiscono al Bicibus

L’Istituto Comprensivo 2 di Giulianova, in Abruzzo, alla questione rompicapo dei trasporti, cercherà di ovviare con strumenti alternativi e, in uno dei due casi, del tutto sperimentali. Il Bicibus sarà uno dei piani adottati per i bambini di scuola dell’infanzia e scuola primaria. Un autobus a due ruote formato da un gruppo di studenti in bicicletta che vanno e tornano da scuola accompagnati generalmente da genitori volontari, lungo percorsi prestabiliti e messi in sicurezza. Come per le linee dei veri autobus, i percorsi del Bicibus hanno un capolinea e delle fermate intermedie, individuate con cartelli che riportano gli orari di partenza e passaggio nell’andata e nel ritorno da scuola. Un seme piantato anni fa sul territorio costiero e che oggi sta fiorendo come una delle soluzioni anti Covid su cui fare affidamento. «Siamo contenti di aver trovato una soluzione che, se potenziata insieme all’aiuto dell’amministrazione, può sicuramente fornirci una maggiore tranquillità sul fronte dei trasporti», racconta la preside Angela Pallini. Insieme a un gruppo di genitori volontari che si occuperanno della gestione del trasporto alternativo, tra cui il presidente della stessa Fiab, Alessandro Tursi, ci saranno, dal rientro, anche gli operatori comunali.

Esempio di Pedibus

«Stiamo mettendo in sicurezza cinque linee di percorso», spiega l’assessore all’Istruzione di Giulianova Katia Verdecchia, «questo varrà anche per il sevizio Pedibus, che nel nostro territorio sarà in via del tutto sperimentale». Stessa modalità del bus di biciclette, solo che a piedi. Le due tipologie di trasporto alternativo nate prevalentemente in regioni del nord Italia per incentivare il rispetto dell’ambiente, ora assume connotazioni di forte impatto per la sicurezza del tragitto casa – scuola e viceversa. Pedibus e Bicibus verranno previsti non oltre una certa area, quella non troppo lontana dagli istituti. «Il trasporto con i mezzi scolastici verrà garantito oltre i 500 metri in linea d’aria per la scuola primaria e oltre i 700 per la scuola secondaria di primo grado» spiega l’assessore.

«Il trasporto su bici e a piedi facilita non poco il nostro impegno per salvaguardare bambini e ragazzi», continua la preside Pallini, «oltre che a favorire ulteriori aspetti, come quello del movimento, del rispetto dell’ambiente e della socialità». La sfida più grande rispetto ai trasporti alternativi è da un lato quella di garantirsi il rispetto delle norme anti Covid e dall’altro anche quella di poter agire sulle strade in piena sicurezza. Creare una collaborazione tra piste riservate ai bambini e traffico stradale è uno dei primi obiettivi. «Dovremo impegnarci a liberare il più possibile le strade dalle auto» spiega la dirigente scolastica, «la comunità intera dovrà venirci incontro anche rispetto alla possibile chiusura di alcune strade, almeno negli orari di entrata e uscita interessati» conclude.

Tendoni di distanziamento

Dalla pagina Facebook dell’Istituto Ungaretti, due dei tendoni installati nel cortile della scuola

Se a nord si sono potenziati progetti del passato, magari legati all’ambiente, anche a sud le idee non mancano. L’Istituto Comprensivo “G. Ungaretti” di Teverola, in provincia di Caserta, ha acquistato degli stand per poter programmare attività all’aperto che siano il più possibile controllate. Adesivi a terra guideranno i bambini all’interno dei perimetri degli stand «e favoriranno dei momenti all’esterno il più possibile in sicurezza», spiega la preside Adele Caputo. Le strutture a disposizione non sono sufficienti «per poter preservare in tutto e per tutto la modalità di insegnamento pre -pandemia» e questi stand sono un aiuto in più. «Viviamo in una realtà in cui non ci sono chissà quanti spazi adatti. Stiamo cercando di arginare come possiamo, favorendo un’attività didattica che sia piacevole e allo stesso tempo sicura». Un aiuto, quello degli stand, utile, secondo la preside, anche per l’accoglienza ai genitori. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo l’entrata delle famiglie nelle strutture. «Situazioni che normalmente avvengono molto di frequente soprattutto nel caso della scuola dell’infanzia», spiega la dirigente.

In caso di focolai, un orario delle lezioni già studiato per l’e-learning

In Friuli Venezia Giulia, il Liceo Buonarroti di Monfalcone, provincia di Gorizia, sarà una delle poche scuole che riaprirà le porte il 7 settembre, una settimana prima dalla data comune alla maggior parte delle Regioni, il 14 dello stesse mese. Con gli indirizzi di liceo scientifico, linguistico, sportivo e scienze applicate, ha ricevuto per quest’anno il 30% di richieste di iscrizioni in più, con relative esigenze di spazio e docenti. Qui, al fine di creare più spazio per gli oltre 700 studenti, sono state letteralmente buttate giù intere pareti interne, tramezzi abbattuti che hanno permesso l’ampliamento e il recupero di nuove aule. «Siamo stati aiutati dall’Unione Territoriale Intercomunale» racconta la guida del Buonarroti, il preside Vincenzo Caico. «I tramezzi abbattuti erano di spogliatoi utilizzati prima per liceo sportivo e che adesso saranno nuove classi che potranno accogliere più di 35 ragazzi, distanze rispettando». Uno studio al centimetro di aule e spazi che, secondo il racconto del professore, ha costretto gli operatori scolastici a dover togliere dalle classi armadi, suppellettili e strumenti didattici diventati improvvisamente un ostacolo.

Gli spazi ci sono ma a mancare adesso sono i docenti. Il preside Caico aspetta i componenti dell’Organico aggiuntivo Covid promessi dal governo, «che potrebbero essere di grande aiuto per l’ulteriore smistamento e suddivisione delle classi». Il pericolo contagi non può non essere considerato un rischio anche a livello di continuazione didattica. L’istituto Buonarroti è riuscito a garantire, fin dal rientro, le lezioni in presenza per tutti gli studenti ma ha già studiato un calendario ad hoc per un possibile riconfinamento a casa. «La parola comune a tutti dovrà essere “flessibilità”», riflette Caico, «siamo stati una delle poche scuole del Friuli a partire con la didattica a distanza ancora prima del lockdown completo. Giorni prima avevamo già mandato a casa i ragazzi con video lezioni pronte» ricorda. Ora la sfida sarà la stessa se non più grande.

Dal profilo Facebook del Buonarroti, gli adesivi segnaposto per il distanziamento dei banchi

«Quest’anno dobbiamo essere altrettanto pronti in caso di contagio o focolaio» spiega il dirigente. «Se un ragazzo risulta positivo e tutta la classe o tutto il settore va a casa, noi già dall’indomani siamo pronti con un orario delle lezioni studiato in maniera differente da quello in presenza». Il preside ribadisce quanto 30 ore di video lezione alla settimana siano impensabili, per motivi di salute e per motivi didattici, ragioni per le quali «la didattica a distanza non potrà più essere una replica di quello che si fa in presenza», conclude il dirigente. Da qui la preparazione anche in vista del caso più scongiurato di tutti, quello di focolaio scolastico, con un sinergia continua tra lezioni video e modalità asincrona, in cui i ragazzi lavoreranno autonomamente ,«salvo poi confrontarsi e restituire il lavoro fatto agli insegnanti».

Per i docenti obbligo di entrata anticipata

Nessun ingresso scaglionato per l’istituto friulano ma una soluzione per riuscire ad evitare i pericolosi assembramenti mattutini davanti al portone della scuola, nell’attesa del suono della prima campanella. «Abbiamo dovuto abbandonare l’idea degli ingressi scaglionati perché per farlo avremmo avuto bisogno di corse differenziate dei mezzi pubblici, cosa impossibile da chiedere all’azienda dei trasporti», premette Caico. «Quindi l’idea alternativa è quella di dare 15 minuti di tempo in cui i ragazzi possono entrare “alla spicciolata” e dirigersi direttamente in classe» anche prima del suono canonico della prima campanella.

Numerosi studenti del Buonarroti vengono accompagnati dai genitori con orari di lavoro anche molto mattutini, o raggiungono l’istituto con bus e treni, soprattutto se fuori regione, come succede per molto ragazzi del liceo sportivo. «Arrivando prima dell’orario di entrata non dovranno sostare davanti l’istituto ma potranno entrare in aula dove ci sarà presente il docente di sorveglianza», spiega Caico. I professori dunque saranno chiamati in aula obbligatoriamente 20 minuti prima per poter controllare gli arrivi. «Anticiperanno il loro ingresso per poi recuperare quei minuti nell’arco di lezioni che dureranno meno, dai 60 minuti canonici si passerà ai 54» conclude il preside.

Cortili divisi per la ricreazione che preoccupa

8 accessi, 5 classi per ogni zona ma quello che più preoccupa è la ricreazione. La professoressa Nicoletta Puggioni, alla direzione dell’Istituto Devilla di Sassari, in Sardegna, lavora in questi giorni su quello che definisce «il più rischioso dei momenti per il pericolo di assembramento». L’idea è quella di dividere i mille studenti in due step ricreativi differenti. «La prima metà farà ricreazione dalle 11.05 alle 11.15», spiega la dirigente, «e quindi a fine dell’ora di lezione, e l’altra, dalle 11.15 alle 11.25, a inizio lezione successiva».

Dalla pagina Facebook del Polo Tecnico Statale di Sassari

«La preoccupazione non è in classe, quanto nei cortili tutti intorno all’istituto, dove il controllo potrebbe sfuggirci» spiega la preside, sottolineando l’impossibilità di prevedere più di due orari differenti di ricreazione. «Il docente che ha un’ora in una classe deve poi recarsi in un’altra aula per la lezione successiva, questo significa che se le lezioni cominciassero sfasate per più di due volte, i docenti sarebbero occupati in una classe quando dovrebbero essere presenti in un’altra». Un rompicapo che per ora prevede la suddivisione anche dei cortili in sezioni differenti, corrispondenti a quelle d’entrata. Il rientro per i ragazzi della preside Puggioni sarà uno dei più lontani a livello nazionale, la campanella ricomincerà a suonare il 22 settembre prossimo: «Ogni giorno in più in questo momento è prezioso, sto aspettando ancora la fornitura di altri banchi, credo che saremo tra gli ultimi a riceverli».

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