Politraumi sul torace, addome e collo. Calci e pugni e infine l’arresto cardiaco. L’autopsia ha confermato la brutalità degli attimi che hanno portato alla morte di Willy Monteiro Duarte, avvenuta nella notte tra il 5 e il 6 settembre a Colleferro. Dal documento del Gip sono emersi altri dettagli su quelle ore. Soprattutto, il patto di silenzio che i quattro membri della comitiva coinvolti nel pestaggio avrebbero stretto in auto.
A raccontarlo al Gip è stato Francesco Belleggia, uno degli indagati nella morte del 21enne. Belleggia ha riferito che i due fratelli Bianchi prima dell’arresto gli avevano consigliato sul Suv di mantenere il silenzio sulle loro condotte.
Fatto sta che il ragazzo è stato l’unico a fornire dei dettagli sull’accaduto agli investigatori, assumendosi la responsabilità della prima lite con Federico Zurma (quella davanti al locale di Colleferro che Willy aveva provato a sedare) ma non dell’aggressione nei confronti di Willy che, dice sempre Belleggia, «non c’entrava nulla».
Nel racconto, una volta in macchina, i fratelli Bianchi avrebbero anche scaricato la responsabilità su Mario Pincarelli, l’unico che non viaggiava con loro. Ma Belleggia, che resta comunque indagato per l’omicidio preterintenzionale in concorso, dice di non aver visto «i colpi di Mario».
Ancora oggi Marco e Gabriele negano: «Noi non l’abbiamo toccato». Ma a smentire la loro versione c’è proprio Belleggia che al Gip riferisce che: «Marco Bianchi si è avvicinato a Willy e gli ha tirato un calcio, lui è caduto all’indietro. Mentre Gabriele Bianchi ha picchiato l’amico di Willy».
Mentre era per terra, il gruppo ha proseguito a sferrare calci e pugni tanto che «questi non è più riuscito a rialzarsi». È la testimonianza di Matteo Larocca, un ragazzo presente vicino al pestaggio. Il quale ha confermato che tra gli aggressori «c’erano anche i fratelli Bianchi».
Foto copertina: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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