Medicina, tra una settimana il test per l’accesso alle scuole di specializzazione: ma “ballano” migliaia di posti

Pubblicato il decreto con il numero delle borse a disposizione: in totale poco più di 14mila. Ma al concorso ci sono oltre 26mila iscritti. Che hanno scoperto solo ieri per quanti posti concorreranno

È un problema che si ripete ogni anno, e che lascia puntualmente migliaia di laureati e laureate in medicina in quello che viene chiamato “limbo formativo”. Un problema che, nell’era della pandemia da Coronavirus, subisce ulteriori ritardi e brucia, forse, anche di più.


A scoperchiare la questione è una lettera inviata il 15 settembre al ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi dallo Smi, il Sindacato medici italiani, con la richiesta di rendere pubblici i dati dei posti disponibili per l’ammissione dei medici alle scuole di specializzazione per il 2019/2020, all’alba del concorso che si terrà la prossima settimana.


La richiesta, in giornata, trova una sua risposta “naturale”: intorno alle 18 infatti, il decreto viene finalmente inviato dal ministero dell’Università e della Ricerca in Gazzetta ufficiale. I posti saranno 13.400, più un migliaio sul regionale. Peccato che al test di ammissione si dovrebbero essere iscritte 26mila persone. Che fine faranno i 12mila (se i numeri fossero confermati) che “ballano”?

Tempi e numeri

ANSA/GIUSEPPE LAMI | Il ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi durante l’evento ‘La ricerca per il Lazio del futuro’, Roma, 23 Luglio 2020

Sullo sfondo, i ritardi di una professione che quest’anno ha visto celebrare “eroi” e “angeli”, giovani e meno giovani, a causa dell’emergenza sanitaria. Ma il problema «si presenta tutti gli anni: viene pubblicato il bando per il concorso per l’ammissione alle scuole di specializzazione mediche», spiega Delia Epifani. Quest’anno è stato pubblicato il 24 luglio e individua nel prossimo 22 settembre la data del fatidico test. Sono date queste che, per effetto della pandemia, risultano essere in ritardo di almeno un paio di mesi rispetto a quanto avviene “storicamente”: la selezione, in genere, si fa a luglio.

L’imbuto formativo

E poi c’à la questione di quello che viene chiamato in gergo “imbuto informativo”, ovvero il fatto che ci siano molte più persone che parteciperanno al test per entrare alle scuole di specializzazione – e lo passeranno – rispetto a quelli che saranno di fatto i posti disponibili all’interno delle stesse.

Al concorso del prossimo 22 settembre si sono iscritti circa 26mila laureati e laureate. Quanti passeranno? Le borse di studio saranno 14mila. E gli altri? «Anche quest’anno non è stata affrontata, né risolta la questione», spiega Delia Epifani, responsabile nazionale formazione e prospettive dello Smi.

Quei potenziali 8, 10, 12mila «restano in quello che chiamiamo limbo formativo: si laureano ma poi non riescono ad accedere alle scuole perché vengono stanziate poche borse rispetto alle necessità». Quindi «vanno a fare i tappabuchi del sistema sanitario, dove come ben sappiamo le carenze esistono: all’interno degli ospedali, all’interno della medicina generale», dice la dottoressa. Il bivio, insomma, è tra specializzazione (criterio che dà accesso a contratti a tempo indeterminato) e precariato a vita.

C’è anche la terza via, in realtà: andare all’estero. «In Germania o in Svizzera c’è un sistema più diretto, una sorta di formazione-lavoro», dice Delia. «Tante persone preferiscono scegliere questa strada, io stessa ne conosco tanti». Lei, dal canto suo, ha 30 anni, si è laureata alla Cattolica, e a dicembre scorso ha finito il corso di medicina generale. Ora lavora nella Asl di Lecce come guardia medica, «in attesa di convenzione per la medicina generale».

Quello della forbice dell’imbuto formativo «è un problema che si amplifica ogni anno», dice ancora Epifani, «perché quelli che non sono rientrati l’anno scorso proveranno quest’anno e così via». A bussare alla porta delle scuole di specializzazione sono soprattutto i neolaureati di 25, 26 anni, ma c’è quindi anche una quota formata «da chi non entra un anno e ritenta l’anno dopo».

Delia Epifani, responsabile nazionale formazione e prospettive dello Smi.

Il ministero spiega, dal canto suo, di aver ridotto quest’anno notevolmente l’ampiezza della forbice dell’imbuto. L’anno scorso i numeri registrati erano parlavano di 18.776 partecipanti al test a fronte di 8.776 posti disponibili. Due anni fa gli iscritti erano 16mila, per un totale di 6mila borse.

Le proposte

Come risolvere la questione? «Nel corso degli anni abbiamo fatto proposte sia per le scuole di specializzazione che per il versante medicina generale», spiega ancora Epifani. «Sono due percorsi distinti: la medicina generale non è ancora universitaria, ma è un percorso che va in parallelo. Proponiamo ovviamente l’aumento delle borse, ma anche la creazione di teaching hospital, ospedali non universitari in cui si formino i medici ospedalieri».

Per la medicina generale invece, «da sempre proponiamo la creazione di un percorso universitario, per farla diventare una specializzazione al pari delle altre in termini di formazione, di uniformità sul territorio nazionale e di borsa, giacché gli specializzandi prendono 1600 euro al mese, mentre chi si forma in Medicina generale, 800 euro», conclude.

In copertina ANSA/FABIO CAMPANA | Un momento della protesta di circa 300 giovani medici e specializzandi di varie discipline sanitarie davanti a Montecitorio, Roma, 7 novembre 2013.

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