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Regionali, la disfatta di Italia Viva parte da Arezzo. Nella terra del Renzismo non c’è nemmeno la lista

23 Settembre 2020 - 00:02 Valerio Berra
Nella provincia di Arezzo il partito fondato da Matteo Renzi ha segnato una percentuale più bassa della media nazionale. E alle comunali del capoluogo non ha presentato il simbolo

In Italia alle elezioni vincono sempre tutti. Non c’è bisogno nemmeno di virgolettarla questa frase perchè ormai è entrata nella nostra storia politica, tanto che gli attori Lelio Luttazio e Luciano Salce ne avevano fatto uno sketch comico già nel 1966. Anche in queste elezioni regionali. Vince Giorgia Meloni, che in effetti alza le percentuali di Fratelli d’Italia. Vince Nicola Zingaretti che rafforza la sua leadership tenendo in Toscana e in Puglia.

Vince Luigi Di Maio, con il sì al referendum. E vince anche Matteo Salvini, che su Instagram celebra il passaggio dei consiglieri regionali della Lega da 46 a 70. Tutti tranne uno. Perché, al netto delle letture, chi ha perso queste elezioni è Matteo Renzi. Sempre su Instagram Matteo Renzi celebra il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto, tesserato di Italia Viva rieletto sfiorando l’80% del consenso. Ma è un altro il territorio che bisogna guardare per capire come la scomessa dell’ex premier, al momento, non stia portando grandi risultati.

In Toscana, Italia Viva ha il 4,48%, con due seggi conquistati al consiglio regionale. Appena sopra Forza Italia. E peggio ancora ha fatto nella provincia di Arezzo, patria ideale del primo renzismo e patria effettiva di Maria Elena Boschi. Qui le elezioni le vince Susanna Ceccardi con il 46% e Italia Viva è sotto la media della regione: 3,64%.

Ma non basta. Insieme a regionali e referendum i cittadini di Arezzo sono andati alle urne anche per votare il loro sindaco. Nessuno dei candidati ha raggiunto la soglia per diventare sindaco al primo turno: ad urne chiuse Alessandro Ghinelli, sindaco uscente della coalizione del centrodestra, ha ottenuto il 47% dei voti mentre Luciano Ralli, candidato del centrosinistra il 35%.

Sfida rimandata al ballottaggio. Il dato però è un altro: Italia Viva non ha presentato il simbolo. Niente candidato sindaco e niente lista, anche se alcuni esponenti fanno parte della coalizione che appoggia il candidato di centrosinistra.

«Sostenevamo Renzi quando eravamo minoranza»

Matteo Bracciali è stato il candidato sindaco di Arezzo per il centro sinistra alle ultime amministrative, nel 2015. A quelle elezioni era riuscito a vincere e il tonfo della sconfitta era arrivato persino dentro i quotidiani nazionali, che titolavano Pd sconfitto ad Arezzo: da roccaforte del renzismo a emblema dell’insuccesso alle amministrative.

Bracciali infatti rappresenta quei giovani politici toscani che hanno individuato subito una corrente da seguire in un quel Renzi ancora sindaco di Firenze: «Eravamo un gruppo di ragazzi, consiglieri comunali e forse un assessore. Avevamo deciso di sostenere la candidatura di Renzi nel Pd quando ancora voleva dire essere controcorrente».

Certo da quella prima candidatura a leader nelle primarie del 2012 contro Luigi Bersani di tempo, cariche e «Stai sereno» ne sono passati, tanto da lasciar invecchiare tutto quel tessuto politico che si definiva renziano ma che poi non ha fatto il passaggio sperato a Italia Viva: «Dai dati che vedo Italia Viva mi sembra soprattutto un progetto regionale. Si sono concentrati sul risultato in Toscana. Forse le amminsitrative sono state un po’ lasciate da parte». Anche se, per Bracciani, il futuro di Italia Viva non offre molte speranza: «Le dico, io sono rimasto nel Pd».

Scaramelli, uno dei due eletti di Italia Viva: «Risultato positivo»

Stando ai conteggi, Italia Viva dovrebbe aver conquistato due seggi al consiglio regionale della Toscana. Uno di questi è quello di Stefano Scaramelli. Classe ’76, ex membro della Direzione nazionale del Partito Democratico, il suo territorio di appartenenza è quello di Siena, dove Italia Viva ha sfiorato il 7%, ottenendo il risultato migliore di tutta la Toscana: «Io sono soddisfatto. È stato positivo aver portato 4,5% nella colazione di centrosinistra. Tra averli e darli agli avversari passa una differenza non da poco. Bisogna contare che questi voti sono stati presi in una coalizione in cui c’erano tante altre liste del centrosinistra».

Per
Scaramelli il problema nei territori è stata l’inesperienza dei
candidati e la struttura del partito, ancora embrionale: «Dobbiamo
costruire una classe dirigente del partito. Italia Viva è nata a
settembre del 2019, poi è arrivato il Covid. E comunque siamo
riusciti a prendere solo in Toscana 70mila voti». Nessun problema
nemmeno per il poco gradimento del leader, a maggio dato al 3%: «Io
credo fermamente in Matteo Renzi. E Maria Elena Boschi è una
dirigente di partito di altissimo livello. Sono i nostri leader
nazionali. Credo a quello che faremo».

E
Banca Etruria?

Nel
pomeriggio del 22 settembre ad Arezzo il comitato di Ghinelli sta
controllando lo spoglio, parecchio lento, dei voti. Si parla di
Italia Viva, e del renzismo: «Sa, qui pesa parecchio anche Banca
Entruria». La sede della banca che ha travolto la carriera politica
di Maria Elena Boschi è proprio ad Arezzo. Uno scandalo mediatico
certo, che però nel corso dei processi è stato ridemensionato,
soprattutto nel ruolo della ex ministra delle Riforme.

Secondo Gianni Ulivelli, coordinatore di Itaia Viva nella provincia di Arezzo, non è questo che ha inciso davvero sul voto: «Tutto il gruppo parlamentare dei giovani, quelli che avevano partecipato alla prima Leopolda, è andato a perdersi. Non ci siamo presentati ad Arezzo perchè il candidato su cui puntavamo all’ultimo si è presentato con la sua lista civica e ha superato il 9%. Banca Etruria? Ormai siamo alla settima archiviazione. Anzi. Con quel decreto hanno salvato le 1500 famiglie aretine dei dipendenti che lavorano in banca».

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