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Coronavirus, da Londra a Parigi gli errori delle riaperture. The Lancet: «Non hanno rispettato i criteri della scienza» – Lo studio

26 Settembre 2020 - 15:57 Giada Giorgi
Controlli alle frontiere, conoscenza dell’infezione, strategie di arginamento domestico. La rivista elenca i criteri a cui molti dei paesi europei che hanno riaperto non si avvicinerebbero neanche. A cominciare dall’Inghilterra

Lo studio della rivista scientifica The Lancet le chiama «lezioni». Le considerazioni scientifiche su quello che l’allentamento delle restrizioni sta sta significando per molti paesi del mondo, sono difatti una vera e propria lezione su quanto il tentativo prematuro di tornare alla normalità stia in realtà portando all’ennesima impennata di contagi da Covid-19.

Secondo l’analisi degli scienziati nessun Paese dovrebbe allentare le restrizioni di blocco fino a quando non sarà in grado di soddisfare cinque precisi criteri. Al momento la maggior parte delle nazioni prese in esame, non si avvicina neanche ai punti elencati dallo studio, che evidenzia così gli enormi errori fatti finora sulla gestione delle misure anti-Covid.

Gli errori di Francia, Spagna, Germania e Regno Unito

«Le prove sono chiare. Se stiamo assistendo a una recrudescenza della malattia, del numero di casi, allora hanno aperto troppo presto, è una specie di assioma». Il coautore dello studio Martin McKee, professore di sanità pubblica europea presso la London School of Hygiene e Tropical Medicine, ha spiegato così alla Cnn gli errori principali di alcune nazioni del mondo, a partire dalle europee.

Per Spagna, Germania, Francia e Regno Unito il commento è piuttosto chiaro: «Sulle fondamentali attività di rilevamento, tracciamento, isolamento e supporto alle persone potenzialmente infettive, c’è carenza, nessun di questi Paesi lo fa nel modo giusto» ha detto, sottolineando come l’Inghilterra agisca «particolarmente male».

In buona sostanza le nazioni avrebbero aperto troppo presto e con misure troppo allentate rispetto ai criteri scientifici individuati per l’efficace controllo della trasmissione. Nessuno dei governi oggetto dello studio avrebbe rispettato uno o più dei cinque punti elencati come indispensabili dallo studio prima di allentare le maglie, con la conseguente perdita di controllo dei contagi.

Gli autori di Lezioni apprese dall’allentamento delle restrizioni COVID-19, hanno esaminato nove paesi e territori ad alto reddito che hanno iniziato ad allentare le restrizioni. Oltre agli europei già citati, anche Hong Kong, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore e Corea del Sud. La scoperta, anche per il resto del mondo, è stata quella di una non corrispondenza tra le decisioni governative e le tappe graduali da seguire per evitare nuove ondate di infezione.

I cinque criteri

I criteri considerati indispensabili per monitorare il virus e, quindi, riaprire in sicurezza sono i seguenti:

  • «I paesi possono andare avanti principalmente sulla base dell’epidemiologia». La conoscenza dello stadio di infezione è uno dei criteri fondamentali per poter attuare un programma di allentamento. Un piano necessario che indichi esplicitamente i livelli e le fasi dell’alleggerimento delle misure. Tutto sulla base di precisi obiettivi epidemiologici che attraverso i numeri hanno il potere di dare il via libera all’eventuale passaggio ad una fase successiva.
  • «Nessun allentamento senza sistemi robusti per monitorare da vicino l’infezione». L’indice R, a cui attualmente si fa riferimento, può essere certamente considerato come uno degli indicatori massimi del processo decisionale. «Come si fa ad Hong Kong», spiega lo studio. Tuttavia l’indice deve essere necessariamente interpretato nel contesto più generale dell’andamento dell’epidemia. «Ad esempio, un piccolo focolaio localizzato può aumentare il valore R per l’intero paese, ma non richiede un blocco a livello nazionale», cerca di chiarire il documento.
  • «Misure continue per ridurre la trasmissione». Terzo criterio è quello di ridurre le interazioni a pochi contatti in modo ripetuto, per creare delle specie di «bolle sociali». Lo studio porta in esempio la Nuova Zelanda. Invece di elaborare le misure formulando ipotesi «su ciò che le comunità possono o non possono accettare», secondo i ricercatori, il criterio per alleggerirle deve prevedere un coinvolgimento diretto dei cittadini. «Un processo di coproduzione di soluzioni su misura appropriate per il contesto locale».
  • «Efficace sistema di tracciamento». Per poter allentare le restrizioni, ogni Paese deve arrivare a un sistema di «ricerca, verifica, isolamento e supporto» funzionate al massimo delle sue possibilità. Particolare caso portato in esempio è quello del tracciamento digitale dei contatti tramite app. Un buon metodo per interrompere la trasmissione solo se il tasso di assorbimento da parte della popolazione «raggiunge almeno il 56%», specificano gli scienziati.
  • «Investimenti sanitari per attuare una strategia ZERO-COVID mirata all’eliminazione della trasmissione domestica». Un modello impegnativo, come spiega lo studio, ma che è fondamentale in un contesto di riapertura progressiva dei confini. Le operazioni di screening sono al centro di tale criterio e con esse una spesa sanitaria che vada di pari passo.

«Non è troppo tardi»

Sebbene le prospettive di trasmissione di Covid-19 non siano purtroppo ancora chiare e soprattutto delle più rosee, i ricercatori tengono a ribadire quanto molto si possa ancora fare. «Non è troppo tardi per apprendere e applicare le seguenti lezioni» dicono, augurandosi che le direttive spiegate possano guidare in maniera più consapevole le politiche di gestione future. In ogni caso, gli autori spiegano su Lancet che anche questa fotografia va considerata «provvisoria», e che serviranno ulteriori valutazioni per una lettura «definitiva».

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