Brescia, dopo laborto spontaneo danno il nome Celeste al feto e lo seppelliscono con il cognome della donna
Si è aperto il vaso di pandora. Dopo “il giardino degli angeli” di Roma, ecco “il giardino dei bambini mai nati” di Brescia. In un ampio spazio del Cimitero Vantiniano della città, c’è una zona riservata alla sepoltura dei feti: su ognuna delle tombe c’è esposto un nome – quasi sempre Celeste, dato dagli operatori – seguito dal cognome della donna che ha interrotto (volontariamente o meno) la gravidanza.
A lasciare una testimonianza è una donna di Brescia, che nel 2015 ha fatto esperienza di un aborto spontaneo. Insospettita dal caso di Marta a Roma (che ha fatto aprire un’istruttoria al Garante per la privacy) la donna è andata sui registri online del cimitero: lì ha scoperto che «esiste una piccola lapide con il nome di Celeste e il mio cognome, che risale al 2015». «Quello che hanno fatto – racconta al Corriere della Sera – non è decoroso e non è rispettoso».
Più che di vere e proprie tombe, nel “giardino dei bambini mai nati” ci sono una serie di piccole vaschette di plastica disposte in fila una accanto all’altra, contenenti feti o «prodotti del concepimento» di aborti avvenuti prima della 20esima settimana. Tanti “Celeste”, distinguibili solo dal cognome – quello della madre – che in molti casi non è stata messa al corrente della scelta (e dell’esposizione).
La storia
«Dopo l’aborto spontaneo alla 12esima settimana – dice la donna – non avevo acconsentito a nessuna sepoltura. E invece qui c’è la tomba del feto con un cognome, il mio». «Mi ricordo che all’epoca – racconta – mi chiesero se volevo dare un nome al feto per la sepoltura. Io dissi di no e l’operatore scrisse “Celeste”. Dissi di no anche al funerale e poi non ho più pensato a questa vicenda. Fino al giorno in cui ho letto il caso della donna di Roma». Quando la donna ha scoperto della tomba con il suo nome, ha inviato una mail a Cathy La Torre, l’avvocato che – dopo il caso di Roma – ha aperto un indirizzo per la consulenza.
Chi si fa carico delle sepolture?
A farsi carico del “compito” del recupero dei feti o dei «prodotti del concepimento» e della sepoltura – e di esporre i nomi delle donne nello spazio dei cimiteri – è l’associazione cattolica del Movimento per la Vita. Una volta al mese, l’associazione fa un funerale a cui segue una sepoltura collettiva, data che comparirà poi sulla tomba. Tutto questo, inoltre, nonostante in Italia non esista alcun obbligo di sepoltura dei «prodotti abortivi» entro la 20esima settimana.
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