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Chiudere le scuole per fermare i contagi? Uno studio tedesco smentisce l’efficacia della misura: «Con la riapertura i casi sono diminuiti»

«Scrivere 200 bambini sono in quarantena è sicuramente un ottimo titolo per un giornale, ma questo dimostra solo che il nostro sistema di contenimento del virus funziona», ha detto uno degli autori della ricerca

A dieci mesi dal primo caso confermato di Coronavirus in Cina, una delle misure più utilizzate per arginare la diffusione dei contagi è stata quella delle chiusura delle scuole. Un tema che in Italia continua a dividere il governo e le amministrazioni locali. L’ultimo scontro è arrivato dopo la decisione del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, di interrompere la didattica in presenza a causa dell’impennata nella curva dei contagi (ieri il record di 1.127 casi).

Il dibattito, comprese le critiche di sindacati e presidi, dopo il tira e molla dei mesi estivi sui banchi monoposto, è sempre lo stesso: quanto si rischia con il ritorno in classe? Una ricerca condotta dall’istituto tedesco of Labor Economics (IZA) mostra come la riapertura delle scuole abbia in realtà un effetto contrario alla diffusione del contagio. Il gruppo di ricercatori ha analizzato il caso della Germania prendendo in considerazione l’andamento dei contagi nei 401 distretti tedeschi prima e dopo la pausa estiva.

Dal 3 agosto al 14 settembre i ricercatori «non hanno osservato alcuna evidenza di un effetto diretto sull’aumento dei casi rispetto alla riapertura delle scuole». Anzi, fa notare uno degli autori dello studio, Ingo Isphording, «i nostri risultati indicano un effetto contrario». La curva dei contagi è rallentata. L’indice di media su 100 mila abitanti ha mostrato 0,55 casi in meno al giorno. Lo studio si è concentrato in particolare sulla fascia d’età fino ai 34 anni. Per gli over 60 il tasso di infezione è rimasto inalterato.

Complessivamente – riporta lo studio – le riaperture scolastiche sono avvenute in un periodo in cui il tasso di infezione era relativamente basso. Tuttavia, i numeri, secondo i ricercatori, sono da ricondurre anche alle rigide misure igieniche applicate dagli istituti. L’uso obbligatorio delle mascherine, le lezioni tenute in piccoli gruppi, i test rapidi e la quarantena immediata della classe nel caso in cui uno studente o un insegnante fosse risultato positivo. Tutto ciò ha permesso di avere tassi di crescita inferiori.

«Scrivere 200 bambini sono in quarantena è sicuramente un ottimo titolo per un giornale, ma questo dimostra solo che il nostro sistema di contenimento della diffusione del virus nelle scuole funziona», ha detto Isphording. Le riaperture – sottolineano gli autori – sono avvenute in modo scaglionato, dimostrando quindi come in date e periodi diversi l’effetto sia stato lo stesso. Secondo i ricercatori, inoltre, le famiglie hanno aumentato le precauzioni contribuendo a proteggere maggiormente i loro figli.

Nello studio si mettono in evidenza anche le eventuali criticità. La ricerca è stata condotta in un periodo in cui il tasso di infezione era generalmente basso. E la riapertura è avvenuta in un momento in cui le condizioni meteorologiche erano favorevoli per attività all’aperto e la ventilazione delle aule, insieme alle temperature più calde.

Foto copertina: EPA/SASCHA STEINBACH

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