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La Polonia resiste: «È ancora possibile abortire: a domicilio e ordinando la pillola on line». Ecco come

31 Ottobre 2020 - 09:25 Angela Gennaro
È l’iniziativa di un’associazione che da 15 anni offre servizi di aborto telemedico e on line: la pillola abortiva arriva a casa. L’assistenza post-aborto, se necessaria, resta legale e anzi obbligatoria

No, la Polonia non sembra destinata ad arrendersi di fronte a quanto sta accadendo. Manifestazioni sempre più importanti e partecipate si susseguono nel paese fin dal momento in cui, il 22 ottobre scorso, una decisione della Corte Costituzionale polacca ha di fatto vietato il ricorso all’aborto anche in caso di malformazioni del feto. In un paese dalle legislazioni più restrittive d’Europa in tema di interruzione di gravidanza, un paese che da anni sta provando a cancellare questo diritto, e in cui si è sempre resistito, fino a questo momento. Un paese che alla fine sembra esserci riuscito.

Ma un modo per abortire in Polonia ancora c’è. È legale ed è a domicilio. A “offrirlo” è una ormai storica conoscenza dell’attivismo internazionale: Women on Web, un’organizzazione che dal 2005 aiuta le donne in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in cui è più difficile abortire, ad accedere a questo diritto fornendo servizi di aborto telemedico. E quindi senza dover attraversare i confini, come spesso accade: secondo quanto riportano le organizzazioni femministe, ogni anno (e prima del divieto ora imposto anche sull’aborto in caso di malformazioni genetiche) in Polonia scelgono l’interruzione di gravidanza clandestina o il viaggio all’estero – Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina – tra le 100 mila e le 200 mila donne. Mentre l’anno scorso sarebbero stati eseguiti nel Paese un migliaio di aborti (allora ancora legali) per anomalie fetali.

L’aborto a domicilio

«Ora, oltre alle persone con gravidanze indesiderate nel primo trimestre, assisteremo anche le donne che al secondo trimestre scoprono gravi malformazioni fetali e vogliono abortire», spiega a Open Rebecca Gomperts, ideatrice e fondatrice di Women on Waves e Women on Web. Come? Andando sul sito di WoW e compilando una richiesta di aborto appunto a causa di malformazioni del feto. «Noi le contatteremo chiedendo loro il certificato di diagnosi e il tempo di gestazione – in generale si tratta di donne al secondo trimestre di gravidanza», prosegue Gomperts. «A quel punto manderemo loro gratuitamente la corretta quantità di medicinale per abortire, che cambia di caso in caso e a seconda del tempo di gestazione».

Le diagnosi di gravi malformazioni fetali emergono appunto in genere nel secondo trimestre di gestazione. «Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i farmaci Mifepristone (ovvero la pillola abortiva RU486, ndr) e Misoprostol, sono sicuri da usare per interrompere le gravidanze anche nel secondo trimestre», spiega una nota dell’associazione. «Il personale medico di Women on Web fornirà una stretta supervisione a tutte le donne che necessitano di questo servizio».

Wikimedia Commons/Jarek Sawiuk | Rebecca Gomperts, head of Women on Waves

Scatta quindi il coordinamento con le altre associazioni partner in Polonia e con il loro network di medici evidentemente non obiettori che possono fornire assistenza post-aborto a queste donne, racconta ancora Rebecca Gomperts. Nata in Suriname, ex colonia olandese, Rebecca è una dottoressa specialista in aborti che fa base ad Amsterdam. Viene considerata la prima attivista per il diritto all’aborto ad attraversare i confini internazionali e quest’anno è stata inserita dal Time tra le 100 persone più influenti al mondo.

In questo metodo non c’è niente di illegale per i medici in Polonia: perché non sono loro a indurre l’aborto, non sono loro a trovare le medicine, non sono loro a fornire le procedure. «Nel momento in cui le donne hanno l’aborto, se hanno necessità di essere assistite – molto spesso non accade – a quel punto i ginecologi possono e devono fornire assistenza», dice Gomperts. Lo stesso vale per gli ospedali: quando il processo messo in atto dalla pillola abortiva parte «non si può fermare». E anche gli ospedali sono tenuti a fornire assistenza.

Come in Italia, anche in Polonia ovviamente esistono medici obiettori, dice la fondatrice di Women on Waves. «Nel paese ci sono molti aborti illegali, spesso eseguiti da ginecologi che pubblicamente si dicono obiettori e che poi realizzano questi interventi invece a pagamento. E lo stesso accade da voi in Italia».

«In 15 anni abbiamo aiutato più di 100mila donne in tutto il mondo»

Un altro metodo in cui, in giro per il mondo, vengono forniti servizi di aborto “a domicilio”, è con Women on Wavew e attraverso una nave noleggiata con a bordo una clinica per gli interventi: le donne prendono appuntamento, vengono accolte a bordo e gli aborti vengono eseguiti in acque internazionali, dove la legge vigente a bordo è quella dello Stato di cui batte bandiera l’imbarcazione, olandese. Prima di fondare la sua associazione Gomperts aveva fornito questi servizi anche sulla nave Rainbow Warriors II di Greenpeace.

Sono 15 anni che WoW fornisce servizi di aborto on line: «Abbiamo aiutato più di 100mila donne negli anni: anche in Corea del Sud, dove l’aborto non è consentito. O in Cile e molti altri paesi dell’America Latina. In Irlanda. Insomma, dove le donne hanno bisogno di noi». «Quella che la Polonia sta portando avanti è una vera e propria violazione dei diritti umani», conclude l’attivista. «Le donne, in un momento di pandemia come questo, possono tra l’altro viaggiare ancora meno. E questo è quindi l’unico modo in cui possono esercitare quello che resta un loro diritto».

In copertina ANSA/Piotr Nowak | Deputate protestano alla Camera a Varsavia, Polonia, 27 ottobre 2020.

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