La denuncia del writer Geco. Parla il suo avvocato: «La street art ha un dna illegale. Va preservato»

di Valerio Berra

Oltre a essere un legale, Domenico Melillo è uno street artist. Sui muri di Milano è conosciuto con il nome “Frode”

Non esiste una regola per scegliere il proprio norme d’arte nella street art. Non sappiamo da dove arriva Taki 183, il primo nome a comparire sui muri di New York, o Banksy, quello diventato più famoso. Per Frode invece l’origine è un po’ più chiara. Domenico Mellilo oltre a essere uno street artist è un avvocato, specializzato nel diritto dei writer. Negli anni ha difeso molti artisti della scena italiana e ha contribuito a creare la giurisprudenza che esiste in questo ambito. L’ultimo è Geco, indagato dalla Procura di Roma per aver scritto il suo nome sui posti più improbabili della Capitale e di altre città europee.


Ieri il sequestro del suo materiale, soprattutto bombolette e adesivi, è stato celebrato dalla sindaca Virginia Raggi come fosse il ritrovo dell’arsenale della Banda della Magliana. «Era considerato imprendibile, ma ora Geco è stato identificato e denunciato», ha scritto la sindaca su Facebook. Insieme all’annuncio trionfale è tornato sulle pagine dei social un dibattito che da tempo accompagna il movimento street art. È reato o dovrebbe essere legalizzata? È solo vandalismo o è una forma di creatività? Ne abbiamo parlato con Frode che, da quando ha scelto il suo nome, vive esattamente in bilico fra questi due mondi.


Ha letto il post pubblicato dalla sindaca Raggi?

«Io sono rimasto stupito. La notizia pubblicata dalla sindaca Raggi e poi ripresa dalla stampa risale ad almeno un mese fa. Certe informazioni sarebbero anche coperte da segreto, visto che il procedimento attualmente è in fase di indagini preliminari. Purtroppo ho già visto altre volte questa dinamica. Quando si avvicinano le elezioni colpire i writer diventa un modo per far vedere che l’amministrazione tiene al decoro della città. Era già successo con Milano, quando la città si preparava ad ospitare l’Expo del 2015».

Cosa
rischia ora Geco?

«Guardi, non è nemmeno arrivato l’avviso di conclusione delle indagini. Una volta che avremo capito i capi di accusa sarà più facile inquadrare quello che sta succedendo».

Al
di là del caso Geco, quali sono i reati di cui può essere accusato
chi scrive con una bomboletta su un muro?

«C’è una legge che è stata ribattezzata proprio norma anti-writer. Prevede la possibilità di punire queste condotte. È l’articolo 639 del codice penale. Spesso chi accusa cerca di spostarsi su un altro articolo, il 635. In questo caso viene punito il reato di danneggiamento, che si distingue dal semplice imbrattamento per gli effetti permanenti sul bene. Con la recidiva, si possono scontare fino a due anni di reclusione per il 639 e fino a tre anni per il 635».

Esiste una differenza, a livello di legge, fra una banale scritta e un’opera più complessa?

«Ogni norma è generale e astratta. Non c’è nessun distinguo tra tipologie di imbrattamento. Quello che sto cercando di fare negli ultimi anni e delineare delle divisioni in questa giurisprudenza a favore del diritto di espressione delle culture urbane. Nei casi in cui il disegno viene fatto su un muro già rovinato ed emerge chiaramente una ricerca estetica, come si può parlare di imbrattamento? Spesso chi sceglie questo tipo di muri per disegnare non ha alcuna intenzione di compiere un atto vandalico. Anzi».

C’è una contraddizione chiara fra amministrazioni e street artist. Spesso il comune denuncia questi artisti ma altrettanto spesso li chiama per riqualificare aree della città

«Esatto. È successo anche a me. Poco prima di iniziare Giurisprudenza, il nucleo Decoro Urbano della Polizia Locale mi ha denunciato per imbrattamento. Anni dopo mi hanno chiamato, sempre dal comune, per dipingere una piazza. Se ci fosse un compromesso storico tra città e artisti, la street art sarebbe morta. Il writing, da cui nasce la street art, ha dentro di sé un Dna illegale. Deve essere esercitato fuori dalla spazio consentito. Altrimenti è un’altra cosa, diventa muralismo. Semplice pittura sui muri che prende in prestito tecniche del writing».

Foto di copertina: FRODESTYLE.COM | Un’opera di Domenico “Frode” Melillo

Continua a leggere su Open

Leggi anche: